iv ed. biografilm festival
international celebration of lives

Bologna, 11 - 15 Giugno 2008

 

di Valentina VELLUCCI

Collegamenti rapidi:

 

- Focus on Hunter Stockton Thompson

- Focus on Syd Barrett

- Focus on Peter Whitehead

- Street Thief, di Malik Bader

- Scott Walker: 30 Century Man, di S.Kijak

 

Giunto alla sua quarta edizione, il Biografilm Festival si riconferma una manifestazione culturale a 360 gradi. Il Biografilm non è, infatti, solo un festival di cinema biografico,  un festival che  si limita a raccontare la vita di alcuni personaggi, o famosi registi, che sono divenuti popolari nel tempo..

Definire questa manifestazione solo relativamente all’ambito cine-biografico, significa  non coglierne la portata culturale che il Biografilm “impatta” sulla città di Bologna.

La città diviene infatti un immenso palcoscenico per  la realtà poliedrica messa  in scena ogni anno  dal Biografilm Festival: mostre fotografiche, proiezioni, presentazioni, eventi a tema. La città viene attraversata per  intero dal Biografilm, ritrovando il cuore pulsante della manifestazione al Biografilm Village, alla Manifattura delle Arti, sede del cinema Lumiere  e di alcuni corsi del Dams di Bologna. In questi giorni però in via Azzo Gardino è rimasto ben poco dei locali giallo ocra adibiti alle lezioni universitarie. Il Biografilm-style ha totalmente assorbito e “ri-arredato” la Manifattura delle  Arti.

Tutto si è colorato del rosso del Biografilm,  un rosso che se da un lato fa molto “red carpet”, come si addice  a  un festival di cinema, d’altro canto crea anche una rima cromatica con il rosso della zuppa Campbell’s di Andy Warhol, uno dei protagonisti dei focus del festival. La sensazione visiva trasmessa dal Biografilm, una volta varcata la soglia di via Azzo Gardino 65,  è quella di trovarsi in una sorta di villaggio di “plastica” squisitamente pop: da un lato il palco rosso sgargiante, dall’altra piccoli bar brulicanti di persone di ogni età e l’iper-tecnologico stand di Wikipedia.

Il Biografilm è una sorta di vestizione della città che non si limita solo al centro di Bologna:  "New York Figurines 1978/82" (All the world around Warhol), è la mostra urbana che ha contaminato la Dotta sin nella periferia. Gigantografie dei personaggi della Factory di Andy Warhol, immortalati dagli scatti suggestivi di Edo Bertoglio, sorprendono l’occhio disattento di automobilisti e passanti nei punti più diversi della città.

Arrivando al focus vero e proprio del festival, quest’anno il Biografilm si è concentrato sulle biografie di cinque personaggi che hanno lasciato un segno profondo nell’universo immaginativo popolare: Jean Seberg, Hunter Thompson, Andy Warhol, Monty Python e Syd Barrett.

 

La vicenda di Jean Seberg, musa di Goddard, viene ripercorsa  in maniera eclettica dalla pellicola di Mark Rapport, From the Journals of Jean Seberg: ipotizzando che l’icona della “Nouvelle Vague” francese  non fosse morta suicida, il regista le ridà vita attraverso l’interpretazione di Mary Beth Hurt. L’intento vero è quello di guardare con un occhio critico e quasi decadente alle convenzioni cinematografiche dell’epoca: la figura di Jean Seberg  è lo strumento migliore per passare attraverso quella che fu una delle più grandi rivoluzioni nel campo del linguaggio cinematografico.
  

Ad Hunter Thompson viene dedicato un focus più ampio (Where the Buffalo roam, Fear and Loathing  in Las Vegas e Gonzo: the life and work of Dr. Hunter S. Thompson) che costruisce  uno sfaccettato quadro dell’inventore della Gonzo-vision. Di Andy Warhol si dice tutto e  il contrario di tutto: almeno sette fra documentari, lungometraggi e corti  dedicati alla Factory più stravolgente degli ultimi anni. >l'articolo

 

Al nonsense esilarante e criticamente lucido del Flying Circus dei Monty Phyton verrà dedicata  una intera giornata, con tanto di incontro  e commento degli sketch più divertenti con lo storico gruppo comico dei Broncovitz (i mitici autori di “Hollywood Party”)  e con la redazione del settimanale di resistenza umana Cuore. Il nonsense  è ancora  più accentuato se  si pensa che a commentare la brillante (ma ahimè) ormai estinta genialità dei Monty Phyton sarà proprio un gruppo artistico come i Broncovitz  e la redazione Cuore: emblemi di una satira critica volta allo stimolo dell’attività celebrale, ovvero un simbolo di satira intelligente ormai estinta. Speriamo che a commentare  gli sketch dei Monty Phyton intervenga anche  il preparatissimo e brillantissimo Prof. Steve Imparato…

 

Focus a sorpresa quello su Syd Barrett, che ha  in programma la proiezione di filmati rari e documenti riguardanti la meteora di Roger Keith e la discesa all’inferno di Syd. Per cercare di far luce su una delle più controverse figure dell’universo musicale e artistico interverrà  anche il nipote Ian.

Cinque percorsi biografici apparentemente molto diversi fra loro, quasi estranei…che invece sono legati fra loro dal sottile ma indissolubile filo conduttore che attraversa  il festival. Un  filo che fa da termine complesso ai due poli d’attrazione dell’ambito tematico del Biografilm Festival: a  un capo la  “visionarietà”, intesa come archetipo creativo insito nella natura stessa dell’essere  umano; all’altro il “limite”, dato come zona di frontiera della volontà, necessariamente da attraversare per percorrere  il proprio cammino personale.

La visionarietà, da non confondere con la visione, intesa come processo percettivo tramite il quale il nostro corpo e  i nostri sensi si mettono in rapporto col mondo, è ciò che davvero accomuna gli artisti del Biografilm. Con loro è stata costruita  una sorta di nuova categoria creativa capace di superare  il rapporto percettivo mente-corpo-mondo, al fine di innescare  il mondo nel corpo e il corpo del mondo grazie alla travalicazione dei limiti personali. Non  è stata forse una musa per Godard Jean Seberg, proprio per quella sua recitazione al limite del personaggio, al limite della bellezza che fino a quel momento aveva castrato i canoni comunicativi? L’impatto sul cinema di Jean Seberg è stato quello di Louise Brooke nel cinema muto: il suo modo di recitare, nonché la sua bellezza così nuova, hanno contribuito alla costruzione di una nuova categoria della visione. Una categoria quasi post-moderna: la “visionarietà”. Dando al termine visionarietà una accezione di alterazione del senso della vista, della percezione e del rapporto col mondo e coi suoi metodi comunicativi, una sfumatura post-moderna che cavalca  il limite del rapporto occhio-mondo per travalicarlo e restituirlo al mondo stesso secondo canoni comunicativi totalmente innovativi, tutti i personaggi del Biografilm fanno parte della visionarietà.

Il Gonzo journalism di Thompson, l’ossessione di far arte con tutto ciò che era popular di Warhol, la passionalità instabile di Jean Seberg, la rivoluzione comica dell’impetuoso flusso di coscienza del “Circo volante” più assurdo del mondo, la rivoluzione tecnica e musicale affrontata da Syd Barrett, col suo orientamento a una musica che non passa per  uno solo dei cinque sensi, l’udito, ma  li attraversa  e  li trapassa sconvolgendoli nel crescendo dei light show tipici dei Pink Floyd.

Tutto questo è la visionarietà. Sicuramente questi cinque personaggi ne sono stati gli artefici: se il “limite” dei sensi  non fosse stato forzato (il “limite”  è l’altro capo del filo rosso che percorre il Biografilm 2008), la visionarietà oggi sarebbe ancora, solo visione. Un linguaggio vecchio di rapportarsi al mondo che non riesce a coinvolgere artisticamente e profondamente  il corpo e l’occhio nella relazione con il mondo.

A testimonianza che questo è il focus che percorre  il Festival, eventi speciali in questa edizione sono stata dedicati a Peter Whitehead (regista della visionarietà per eccellenza con il sovraumano Wholly comunion) e Charlie Kauffman (un nome su tutti, Eternal sunshine of the Spotless Mind), due fra i più grandi “visionari” della nostra epoca. >l'articolo >la recensione

 

La scelta dei focus, delle tematiche degli eventi speciali, dei film in concorso  e di quelli della Selezione Ufficiale (da segnalare senz’altro Street thief di Malik Bader), sono il risultato di una scelta di stile oculata ed estremamente ricercata, che rendono il Biografilm un evento di per sé appartenente  alla categoria della visionarietà. Andrea Romeo, direttore artistico del Biografilm (nonché collaboratore del settimanale di resistenza umana "Cuore", collaboratore e  fondatore del "Gender Bender" di Bologna e del "Telefilm Festival" di Milano) e tutti i collaboratori del festival (davvero numerosi per portare al successo un progetto del genere) sono stati capaci di condensare  in soli cinque giorni ben cinque percorsi di vita diversi e allo stesso tempo compenetrati l’uno nell’altro. Ad esempio, Jean Seberg fu la musa di Godard, uno dei maggiori esponenti della Novelle Vague che  investì il cinema francese sin dal 1957. Uno dei prodotti di maggior pregio di questa corrente fu “La Jetèe”,  un cortometraggio che ispirò Terry  Gilliam per  il suo film L’esercito delle 12 scimmie. L’eclettico regista del figurativo Terry Gilliam è l’unico membro americano dei Monty Phyton e lo sceneggiatore-regista di Paura e delirio a Las Vegas, film in cui Johnny Depp recita la parte di Raoul Duke, ovvero l’alter-ego psichedelico di Hunter Thompson. Uno dei pezzi della colonna sonora del film che secondo Terry Gilliam “doveva esserci per forza”  è “White Rabbit” dei Jefferson Airplane, protagonisti del rock della  West coast degli anni 70, in netta contrapposizione al filone musicale dei Velvet Underground, uno dei gruppi della “corte” di Andy Warhol, che li consacrò al successo affiancando a Lou Reed la voce di Nico. Andy  Warhol rese protagonisti di molti dei suoi corti le esibizioni dei Velvet Underground, feticizzandoli al ruolo di icone pop (nel senso di popular) della sua Factory.  Il rapporto fra  immagini e musica non è stato esplorato solo da Warhol, ma anche da  un altro protagonista del festival: Peter Whitehead, da  molti definito l’inventore del videoclip. Uno dei soggetti preferiti di Whitehead furono proprio i Pink Floyd, di cui Syd Barrett  era la stella maledetta.

 

Peter Whitehead, che si è trattenuto in conferenza stampa coi suoi fans, ha espresso in poche parole cos’è che rende la vita di qualcuno degna di essere raccontata  o meno: “Ci sono due tipi di persone al mondo: quelle che hanno limiti e credono di sapere quello che si può fare. E quelle che hanno il coraggio di affrontare  i propri limiti. Solo il secondo tipo di persone  può fare quello che vuole nella sua vita”. >l'articolo

 

E il Biografilm Festival racconta appunto del secondo tipo di persone.

 

 

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Bologna, 11 - 15 Giugno 2008