Venerdì e Sabato
La 23esima Edizione di
Europacinema è partita nel segno di Stefania Sandrelli. All’attrice
viareggina, che quest’anno compie 60 anni, è dedicata la retrospettiva del
festival. La Sandrelli partecipa con entusiasmo alle discussioni sulle
pellicole che vengono proiettati ed è presente alle lezioni di cinema tenute
da grandi nomi dell’ambiente cinematografico. Il fondatore (insieme a
Federico Fellini autore anche del logo del festival) e direttore artistico
Felice Laudario riesce a tenere alto lo spirito di una manifestazione che
quest’anno va in scena in versione ridotta a causa dei pesanti tagli attuati
di recente dal governo italiano al settore della cultura. Le presenze sono
minori rispetto al passato ma lo spirito del festival sembra essere quello
di sempre.
Giovedì sono stati
trasmessi due bellissimi film per quanto riguarda la retrospettiva:
Divorzio all’italiana
di Pietro Germi Io la
conoscevo bene di Antonio Pietrangeli. Stefania
Sandrelli è intervenuta parlando del suo rapporto con i grandi registi come
Scola, Monicelli e Germi, dei suoi esordi, della sua vita artistica e
privata e dei problemi che affliggono il cinema italiano di oggi.
Il primo film in
concorso è Lemarit Ain (Out of
sight) del regista israeliano Daniel Syrkin, che presenta la
vicenda di una ragazza cieca e del suicidio della cugina con cui aveva
diviso l’infanzia.
La giornata di venerdi, ha
visto, al termine della proiezione del bellissimo
Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, l’intervento di un vivacissimo
Luciano Vincenzoni che ha tenuto la sua lezione di cinema moderata moderata
dal professor Pier Marco de Santi, Docente di Storia del Cinema Italiano e
Museologia del Cinema dell’Università di Pisa. Vincenzoni ha raccontato
aneddoti della sua vita lavorativa e menzionato alcuni dei registi e
produttori con cui si è trovato a lavorare negli anni, tra cui cita con
orgoglio Billy Wilder.
Il programma è proseguito
con la presentazione di altri due film in concorso:
Dommeren (The Judge) del
danese
Gert Fredholm che
affronta i problematici rapporti padre figlio sullo sfondo dei giochi di
potere che coinvolgono le più alte sfere giudiziarie del Pase e
Slumming di Michael
Glawogger, una coproduzione svizzero/austriaca i cui protagonisti sono
due giovani annoiati che girano per Vienna cercando un modo alternativo per
divertirsi.
L’ospite d’onore di Sabato è Tinto Brass, intervenuto a tenere la sua
lezione di cinema al termine della proiezione de
La Chiave a cui assiste anche
la protagonista Stefania Sandrelli. Bello il momento in cui i due si
ritrovano sul palco e forniscono materiale sufficiente a tutti i fotografi
presenti in sala.
Il film in concorso
presentato è Nachbeben di
Stina Werenfels, un film girato nei salotti bene della Svizzera che si
concentra sui drammi personali di personaggi apparentemente ricchi e felici.
Sabato, Domenica e Lunedì
Sabato mattina, dopo la
proiezione del suo bellissimo La
Famiglia, Ettore Scola ha incontrato il pubblico del festival
presentato dal Prof. Pier Marco De Santi. Il discorso si sofferma molto
sugli inizi da sceneggiatore dell’autore, quando aveva la parte di “negro”
(la figura di scrittore di piccole battute divertenti nelle commedie, che
non appare nei titoli n.d.r.) nei film con Totò, della scrittura
della sceneggiatura de Il Sorpasso
e I Mostri di Dino Risi.
Quando interviene Stefania Sandrelli la discussione si sposta sul rapporto
con gli attori, in particolare con la Sandrelli stessa e Vittorio Gassmann,
interpreti del film presentato in precedenza.
Poi in serata accade un
imprevisto e per la prima volta in 23 anni ci deve essere un cambiamento
nel programma per motivi tecnici, visto che la copia di
The Listening arriva in
versione originale (inglese, anche se il film è italiano) e al suo posto
viene proiettato Fragile di
Laurent Negre.
La giornata di domenica,
che inizialmente prevedeva la proiezione di
L’africana di Margarethe Von
Trotta, inizia con il film Il caso
Paradine, in onore della scomparsa di Alida Valli. Sul
palco intervengono, oltre a Stefania Sandrelli, anche Lina Sastre, Monica
Scattini e Ida di Benedetto per rendere omaggio alla grande attrice morta il
22 Aprile. Dopo un sincero ricordo di Alida Valli, la regista tedesca a cui
è dedicata la mattinata inizia a parlare delle sue esperienze, anche come
attrice e di come il cinema tedesco sia riuscito a emergere da una
situazione di crisi grazie a nomi come quelli di Herzog e Fassbinder. A
questo punto inevitabilmente emergono i problemi del cinema italiano e tutti
i protagonisti cercano di dare le loro spiegazioni e proporre soluzioni per
uscirne, anche se poi della cosa si parlerà più esaurientemente nel corso
dell’ultima giornata, in cui è previsto un incontro che verterà proprio su
questo tema.
Nella tarda mattinata il
programma prosegue con la conferenza degli sceneggiatori di
Aideista Parhain (Mother of mine)
Jimmy Karlsson e Kirsi Vikman e del regista di
Fragile Laurent Negre.
In serata, l’ultimo film
in concorso, The Listening,
opera prima di Giacomo Martelli, viene preceduto da una vera e
propria arringa del direttore del festival Felice Laudario, che si
scaglia contro la scellerata politica dell’ultimo governo in ambito
culturale e non risparmia accuse anche alle istituzioni locali, ree a suo
dire di non aver sufficientemente supportato quello che fino a qualche anno
fa era uno dei Festival più importanti d’Europa e che ora rischia di
scomparire.
I Vincitori
L’ultima giornata di
questa edizione del festival si è aperta con un interessante dibattito
riguardo la crisi del nostro cinema. Al convegno sono intervenuti numerosi
esponenti del mondo cinematografico, dalla produttrice Rosanna Ferrini
ad Ugo Gregoretti, da Fabio Massimo Lozzi (membro della appena nata
FACT, un organismo che cercherà di curare gli interessi degli autori) a
Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema del ministero dei
beni culturali. Si è parlato a lungo di come superare questo momento di
crisi proponendo soluzioni che saranno presentate al futuro nuovo ministro
dei Beni culturali. Al termine, il direttore del festival, Felice Laudario,
ha espresso il suo rammarico per gli scarsi fondi (e sempre meno di anno in
anno) di cui la manifestazione ed ha pure paventato la possibilità di
terminare il sodalizio con la città di Viareggio. Ha però lasciato uno
spiraglio, sostenendo di avere in mente un’idea che potrebbe rilanciare il
festival nei prossimi anni.
Al termine, dopo le conferenze dei film
The Listening e
Grbavica, sono stati resi
noti i premi:
Miglior Film
Nachbeben (Going private)
di Stina Werenfels
Miglior Sceneggiatura
Bodham Slama autore di Stesti
Miglior Attrice
Maya Sansa (The Listening)
Miglior Attore
Peter Gantzler (Dommeren)
Menzione Speciale della Guria Int.
Avigail Harari
(Lemarit Ain)
Premio del Pubblico
Aidesta Parhain (Mother of mine)
di Kalus haro
In serata sono stati consegnati ufficialmente i premi e Laudadio, dopo aver
parlato con le autorità territoriali, ha promesso che il prossimo anno ci si
troverà di nuovo qui a Viareggio, auspicabilmente con una risonanza
mediatica maggiore che non quella di quest’anno.
Le Recensioni
Lemarit Ain (Out of sight)
Yaara è una ragazza di 24 anni che ha lasciato la sua casa in Israele
per iniziare un dottorato all’Università di Princeton.
è una ragazza bella ed
intelligente. Ed è cieca. Ora Yaara torna a casa per il funerale della
cugina Talia suicidatasi senza un apparente motivo. Le due erano sempre
state molto legate e la ragazza si troverà, cercando di scoprire i motivi
del suicidio della cugina, a compiere una vera e propria indagine. Scoprirà
qualcosa che non immaginava..
Il regista israeliano Daniel Syrkin ambienta il suo primo film nella propria
terra d’origine, cercando di evitare ogni riferimento politico esplicito,
per concentrarsi su un dramma familiare e sulle tradizioni della sua gente.
Il film presenta una costruzione molto intima sottolineata dalla prevalenza
di ambientazioni in interno. Il titolo richiama sia la condizione della
protagonista, che l’incapacità dei personaggi della vicenda, di vedere cioè
che accade intorno a loro. Syrkin dimostra di avere anche una certa cura per
l’aspetto visivo della pellicola giocando con i colori che divengono più
intensi mano a mano che il mistero viene svelato, come se la coltre di
nebbia sugli occhi dei personaggi e dello spettatore andasse diradandosi.
Forse la trama non è troppo originale ma nel complesso il film riesce a
coinvolgere. 20/30
Dommeren (The judge)
Jens Christian è un giudice molto importante nel suo Paese. Si occupa
della concessione dell’asilo ai rifugiati politici. Il suo rifiuto di
accogliere l’attivista Sergo Bliadze, porta questi a tentare il suicidio
dandosi fuoco. L’episodio ha una grossa risonanza da parte dei media che
accusano Jens di aver agito sconsideratamente. Nel bel mezzo di questa
bufera, Anders, il figlio che si era sempre rifiutato di incontrare, entra
prepotentemente nella sua vita e viene fuori il problematico modo di gestire
le relazioni interpersonali da parte del protagonista.
La pellicola parte con un ritmo incalzante per poi affievolirsi.
Dall’iniziale film di azione-politica, si passa a puntare l’occhio sul
dramma personale di un uomo apparentemente tanto sicuro di sé, quanto
fragile nella vita privata. Un film che tratta in maniera molto cinico il
rapporto padre-figlio con tutti i problemi connessi. Si ha la sensazione che
alcune soluzioni a livello narrativo siano troppo forzate. Probabilmente i
troppi piani narrativi finiscono per far perdere di vista l’obiettivo
iniziale al regista. 15/30
Slumming
Sebastian e Alex sono due giovani che dividono un appartamento a
Vienna. Per scacciar ela noia si divertono a fare Slumming, cioè passare da
un locale all’altro della città giocando scherzi, spesso di cattivo gusto,
ai clienti. I due hanno anche l’abitudine di incontrare ragazze conosciute
su internet e a scambiarsi le foto che fanno loro di nascosto col
telefonino. Quando Sebastian conosce Pia se ne invaghisce, ma il loro
rapporto si incrina quando questa scopre che i due, con il semplice scopo di
divertirsi, hanno raccolto un ubriaco da una panchina e l’hanno portato in
Repubblica Ceca mentre dormiva.
Tra tutti gli altri spicca in maniera prepotente il personaggio del poeta di
strada che non si rispecchia nella società e cerca rifugio nell’alcool,
ottimamente interpretato da Paulus Manker. In questo modo si finisce per
trascurare gli altri protagonisti, caratterizzati con una superficialità che
li porta ad apparire come figure troppo marginali. Del film si salvano le
belle e azzeccate musiche e una fotografia molto curata. Il grande numero di
location, dalla città alla neve della campagna ceca, ai caratteristici
sobborghi della metropoli indonesiana, scelta questa che è una forzatura
fine a sé stessa, rende la storia poco lineare e difficile da seguire.
10/30
Stesti (something like happiness)
Tonik e Monika vivono in una città della provincia Ceca. Nello stesso
palazzo. Si conoscono da sempre. Anche Dasha vive nello stesso stabile con i
sue due bambini. Senza un uomo. Il ragazzo di Monika è da poco andato a
lavorare negli USA. Lei sta progettando di seguirlo appena possibile. Dashà
inizia, però, a dare segni di squilibrio mentale, aggravati dalla
problematica storia con un uomo sposato. I bambini rischiano di rimanere
soli quando la madre viene ricoverata e Monika decide di prendersi cura di
loro rimandando la partenza. La cosa la porterà ad avvicinarsi ancora di più
a Tonik.
Bodham Slama, già famoso in patria, adotta lo stile tipico della tradizione
cinematografica dell’Est europeo, ricorrendo a una regia fatta di lunghi
piani sequenza e carrellate, che conferiscono al film un ritmo molto lento e
un carattere profondamente intimo. La scelta appare azzeccata visto che il
filo conduttore è proprio l’intimo, e a volte travagliato, rapporto tra i
personaggi. I dialoghi non sona mai banali e fuori luogo anche se il film è
un po’ appesantito dagli episodi tragici che si susseguono fino alla fine.
Molto bravo Boleslav Poliva nei panni del padre di Monika, un uomo dalla
vita travagliata con una stima di sé azzerata dalla condizione di
disoccupato sulle spalle di moglie e figlia e con un delicato rapporto
conflittuale con la sorella. 22/30
Fragile
Sam è un ragazzo che vive a Ginevra e si prende cura della madre
malata di Alzeimher. Sam ha una sorella, Catherine. Catherine vive a
Bruxelles per motivi di lavoro. I due non sono mai andati d’accordo. Ora si
ritrovano a dover affrontare insieme la morte della madre. Non sarà facile
per i due trovare la sintonia, ma alla fine sembra aprirsi un piccolo
spiraglio.
Il film ruota attorno alla vicenda dei due fratelli, l’uno che ha sempre
vissuto in prima persona la malattia della madre, l’altra che vive lontano
ed è all’oscuro della malattia. La madre sembra rivolgere maggiori
attenzioni alla sorella, cosa che Sam vive con profondo disagio misto a
gelosia. Il giovane regista Laurent Negre, qui alla sua opera prima, lascia
che siano gli attori, tra i quali un ottimo Felipe Castro nei panni di Sam,
a attirare l’attenzione dello spettatore e si limita a seguire la vicenda.
Se la cava meglio nel lavoro di sceneggiatura, costruendo una storia
interessante che da però l’impressione di essere trattata inadeguatamente in
fase di messa in scena. 15/30
Nachbeben
L’intera vincenda si svolge nella bellissima villa di Hans Peter,
detto HP, un investitore il cui imminente crollo finanziario è all’oscuro di
tutti. Tra i personaggi i rapporti sono ben diversi da quello che appaiono
inizialmente e sembrano chiarirsi mano a mano fino ad arrivare al
liberatorio e tragico finale.
La scelta della regista Stina Werenfels è quantomai originale a livello
stilistico: nella prima parte, quando tutto sembra circondato da un alone
idilliaco sceglie di adottare una regia fatta di scene brevissime,
particolari e primi piani, mentre nella seconda parte, quando i nodi
iniziano a venire al pettine e si respira una maggiore tensione emotiva, le
sequenze diventano più lunghe e meno ricercate. Messa in scena che fa da
contro altare alla sceneggiatura, una scelta che può allettare i più attenti
alle scelte registiche ma che toglie linearità alla pellicola e rischia di
far perdere attenzione già dalle prime battute. 15/30
Aidesta Parhain (Mother of mine)
La storia è quella di Eero, un bambino finlandese coinvolto suo
malgrado nel secondo conflitto mondiale. Quando il padre muore in battaglia
la madre lo manda in Svezia, un Paese neutrale dove una nuova famiglia potrà
prendersene cura fino alla fine della guerra. Per Eero non è facile
stringere un rapporto solido con la nuova famiglia, ma pian piano le cose
inizieranno a migliorare.
Il film affronta un tema forse poco conosciuto nel nostro Paese ma che
riguardò la Finlandia della Seconda guerra mondiale, quello dei bambini che
venivano accolti in Svezia per evitare loro di vivere in prima persona gli
orrori della guerra. Klaus Haro sceglie una rappresentazione dei colori
originale per i due piani narrativi: quello passato è a colori, mentre per
quello contemporaneo sceglie il bianco e nero. L’impianto visivo è il punto
di forza del film: i numerosi campi lunghi e le carrellate paesaggistiche
testimoniano l’influenza del cinema di Bergman sul regista. La bellissima
fotografia di Laine, capace di trasporre su video la volontà del regista di
distinguere i due momenti narrativi che rischiavano di avvicinarsi troppo
con l’uso del flashback, contribuisce al suggestivo effetto. Forse la
sceneggiatura risulta un po’ troppo retorica o male interpretata dal regista
in alcuni passaggi il cui vero significato emerge solo alla fine. 20/30
The listening
Echelon è una rete di intercettazione globale delle telecomunicazioni
basato sul controllo delle comunicazioni satellitari. Ora la
Wendell-Cranshow Technoligies ha progettato un sistema che sfrutta Echelon
per entrare nella privacy di tutta la popolazione mondiale. Quando Francesca
Savelli trova per caso una valigetta di uno degli impiegati della Wendell,
viene sospettata di spionaggio internazionale e perseguitata come una
terrorista. Wagley, un anziano ufficiale dell’NSA, decide di prendere le sue
difese finendo per diventare egli stesso un ricercato internazionale. Wagley
chiederà l’aiuto di un vecchio collega senza però metterlo al corrente del
suo intento di svelare i piani della società che collabora con l’NSA e far
saltare il progetto.
La scelta del giovane Martelli di girare una spy-story al suo primo
lungometraggio, da una parte risulta coraggiosa in un contesto come quello
italiano dove i film di genere non si vedono quasi più, e dall’altra la dice
lunga sui gusti personali del regista. Questo aspetto è confermato dalla
scelta dell’attore protagonista, ricaduta su quel Michael Parks protagonista
di numerose pellicole di un cinema considerato minore (spesso a torto
n.d.r.), ritenuto da un intenditore come Tarantino il più grande attore
vivente e che se la cava egregiamente anche qui. La messa in scena non è mai
banale e non va mai oltre le righe, non si appiattisce ma non si compiace
troppo. Le riprese in esterna sono suggestive e denotano la ricerca della
soluzione più efficace piuttosto che la più semplice. Per trattare i
particolari tecnici il regista si è fatto affiancare da alcuni esperti del
settore per evitare di cadere in inesattezze sempre dietro l’angolo quando
si affronta questo genere di argomento. La scelta di girare in inglese si
deve probabilmente alla possibilità di una più semplice e immediata
distribuzione all’estero di quello che è un prodotto, per contenuti e stile,
facilmente proponibile ad un mercato non italiano e probabilmente anche
extra europeo. Soluzione questa che la dice lunga sulle aspettative degli
autori verso il film. The Listening
è una ventata d’aria fresca nel panorama cinematografico italiano che
potrebbe riscuotere successo tra il pubblico forse stanco di commedie e
drammi familiari e rilanciare una nuova stagione del cinema di genere nel
nostro Paese. 24/30
Conferenze Stampa
FRAGILE
GRBAVICA
MOTHER OF MINE
OUT OF SIGHT
THE LISTENING
THE JUDGE
Viareggio, 25:04:2006
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