23.MO EUROPACINEMA
20-25/04/2006

VIAREGGIO

di Silvio PIOLI

Venerdì e Sabato

 

La 23esima Edizione di Europacinema è partita nel segno di Stefania Sandrelli. All’attrice viareggina, che quest’anno compie 60 anni, è dedicata la retrospettiva del festival. La Sandrelli partecipa con entusiasmo alle discussioni sulle pellicole che vengono proiettati ed è presente alle lezioni di cinema tenute da grandi nomi dell’ambiente cinematografico. Il fondatore (insieme a Federico Fellini autore anche del logo del festival) e direttore artistico Felice Laudario riesce a tenere alto lo spirito di una manifestazione che quest’anno va in scena in versione ridotta a causa dei pesanti tagli attuati di recente dal governo italiano al settore della cultura. Le presenze sono minori rispetto al passato ma lo spirito del festival sembra essere quello di sempre.

Giovedì sono stati trasmessi due bellissimi film per quanto riguarda la retrospettiva: Divorzio all’italiana di Pietro Germi Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli. Stefania Sandrelli è intervenuta parlando del suo rapporto con i grandi registi come Scola, Monicelli e Germi, dei suoi esordi, della sua vita artistica e privata e dei problemi che affliggono il cinema italiano di oggi.

 

Il primo film in concorso è Lemarit Ain (Out of sight) del regista israeliano Daniel Syrkin, che presenta la vicenda di una ragazza cieca e del suicidio della cugina con cui aveva diviso l’infanzia.

 

La giornata di venerdi, ha visto, al termine della proiezione del bellissimo Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, l’intervento di un vivacissimo Luciano Vincenzoni che ha tenuto la sua lezione di cinema moderata moderata dal professor Pier Marco de Santi, Docente di Storia del Cinema Italiano e Museologia del Cinema dell’Università di Pisa. Vincenzoni ha raccontato aneddoti della sua vita lavorativa e menzionato alcuni dei registi e produttori con cui si è trovato a lavorare negli anni, tra cui cita con orgoglio Billy Wilder.

 

Il programma è proseguito con la presentazione di altri due film in concorso: Dommeren (The Judge) del danese Gert Fredholm che affronta i problematici rapporti padre figlio sullo sfondo dei giochi di potere che coinvolgono le più alte sfere giudiziarie del Pase e Slumming di Michael Glawogger, una coproduzione svizzero/austriaca i cui protagonisti sono due giovani annoiati che girano per Vienna cercando un modo alternativo per divertirsi.

L’ospite d’onore di Sabato è Tinto Brass, intervenuto a tenere la sua lezione di cinema al termine della proiezione de La Chiave a cui assiste anche la protagonista Stefania Sandrelli. Bello il momento in cui i due si ritrovano sul palco e forniscono materiale sufficiente a tutti i fotografi presenti in sala.

Il film in concorso presentato è Nachbeben di Stina Werenfels, un film girato nei salotti bene della Svizzera che si concentra sui drammi personali di personaggi apparentemente ricchi e felici.

 

 

Sabato, Domenica e Lunedì

 

Sabato mattina, dopo la proiezione del suo bellissimo La Famiglia, Ettore Scola ha incontrato il pubblico del festival presentato dal Prof. Pier Marco De Santi. Il discorso si sofferma molto sugli inizi da sceneggiatore dell’autore, quando aveva la parte di “negro” (la figura di scrittore di piccole battute divertenti nelle commedie, che non appare nei titoli n.d.r.) nei film con Totò, della scrittura della sceneggiatura de Il Sorpasso e I Mostri di Dino Risi. Quando interviene Stefania Sandrelli la discussione si sposta sul rapporto con gli attori, in particolare con la Sandrelli stessa e Vittorio Gassmann, interpreti del film presentato in precedenza.

Poi in serata accade un imprevisto e per la prima volta in 23 anni ci deve essere un cambiamento nel programma per motivi tecnici, visto che la copia di The Listening arriva in versione originale (inglese, anche se il film è italiano) e al suo posto viene proiettato Fragile di Laurent Negre.

 

La giornata di domenica, che inizialmente prevedeva la proiezione di L’africana di Margarethe Von Trotta, inizia con il film Il caso Paradine, in onore della scomparsa di Alida Valli. Sul palco intervengono, oltre a Stefania Sandrelli, anche Lina Sastre, Monica Scattini e Ida di Benedetto per rendere omaggio alla grande attrice morta il 22 Aprile. Dopo un sincero ricordo di Alida Valli, la regista tedesca a cui è dedicata la mattinata inizia a parlare delle sue esperienze, anche come attrice e di come il cinema tedesco sia riuscito a emergere da una situazione di crisi grazie a nomi come quelli di Herzog e Fassbinder. A questo punto inevitabilmente emergono i problemi del cinema italiano e tutti i protagonisti cercano di dare le loro spiegazioni e proporre soluzioni per uscirne, anche se poi della cosa si parlerà più esaurientemente nel corso dell’ultima giornata, in cui è previsto un incontro che verterà proprio su questo tema.

 

Nella tarda mattinata il programma prosegue con la conferenza degli sceneggiatori di Aideista Parhain (Mother of mine) Jimmy Karlsson e Kirsi Vikman e del regista di Fragile Laurent Negre.

 

In serata, l’ultimo film in concorso, The Listening, opera prima di Giacomo Martelli, viene preceduto da una vera e propria arringa del direttore del festival Felice Laudario, che si scaglia contro la scellerata politica dell’ultimo governo in ambito culturale e non risparmia accuse anche alle istituzioni locali, ree a suo dire di non aver sufficientemente supportato quello che fino a qualche anno fa era uno dei Festival più importanti d’Europa e che ora rischia di scomparire.

 

 

I Vincitori

 

L’ultima giornata di questa edizione del festival si è aperta con un interessante dibattito riguardo la crisi del nostro cinema. Al convegno sono intervenuti numerosi esponenti del mondo cinematografico, dalla produttrice Rosanna Ferrini ad Ugo Gregoretti, da Fabio Massimo Lozzi (membro della appena nata FACT, un organismo che cercherà di curare gli interessi degli autori) a Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema del ministero dei beni culturali. Si è parlato a lungo di come superare questo momento di crisi proponendo soluzioni che saranno presentate al futuro nuovo ministro dei Beni culturali. Al termine, il direttore del festival, Felice Laudario, ha espresso il suo rammarico per gli scarsi fondi (e sempre meno di anno in anno) di cui la manifestazione ed ha pure paventato la possibilità di terminare il sodalizio con la città di Viareggio. Ha però lasciato uno spiraglio, sostenendo di avere in mente un’idea che potrebbe rilanciare il festival nei prossimi anni.
Al termine, dopo le conferenze dei film The Listening e Grbavica, sono stati resi noti i premi:

Miglior Film
Nachbeben (Going private)

di Stina Werenfels

Miglior Sceneggiatura
Bodham Slama autore di Stesti

Miglior Attrice
Maya Sansa (The Listening)

Miglior Attore
Peter Gantzler (Dommeren)

Menzione Speciale della Guria Int.
Avigail Harari (Lemarit Ain)

Premio del Pubblico
Aidesta Parhain (Mother of mine)

di Kalus haro

In serata sono stati consegnati ufficialmente i premi e Laudadio, dopo aver parlato con le autorità territoriali, ha promesso che il prossimo anno ci si troverà di nuovo qui a Viareggio, auspicabilmente con una risonanza mediatica maggiore che non quella di quest’anno.

 

 

Le Recensioni

 

Lemarit Ain (Out of sight)
Yaara è una ragazza di 24 anni che ha lasciato la sua casa in Israele per iniziare un dottorato all’Università di Princeton. è una ragazza bella ed intelligente. Ed è cieca. Ora Yaara torna a casa per il funerale della cugina Talia suicidatasi senza un apparente motivo. Le due erano sempre state molto legate e la ragazza si troverà, cercando di scoprire i motivi del suicidio della cugina, a compiere una vera e propria indagine. Scoprirà qualcosa che non immaginava..
Il regista israeliano Daniel Syrkin ambienta il suo primo film nella propria terra d’origine, cercando di evitare ogni riferimento politico esplicito, per concentrarsi su un dramma familiare e sulle tradizioni della sua gente. Il film presenta una costruzione molto intima sottolineata dalla prevalenza di ambientazioni in interno. Il titolo richiama sia la condizione della protagonista, che l’incapacità dei personaggi della vicenda, di vedere cioè che accade intorno a loro. Syrkin dimostra di avere anche una certa cura per l’aspetto visivo della pellicola giocando con i colori che divengono più intensi mano a mano che il mistero viene svelato, come se la coltre di nebbia sugli occhi dei personaggi e dello spettatore andasse diradandosi. Forse la trama non è troppo originale ma nel complesso il film riesce a coinvolgere. 20/30

Dommeren (The judge)
Jens Christian è un giudice molto importante nel suo Paese. Si occupa della concessione dell’asilo ai rifugiati politici. Il suo rifiuto di accogliere l’attivista Sergo Bliadze, porta questi a tentare il suicidio dandosi fuoco. L’episodio ha una grossa risonanza da parte dei media che accusano Jens di aver agito sconsideratamente. Nel bel mezzo di questa bufera, Anders, il figlio che si era sempre rifiutato di incontrare, entra prepotentemente nella sua vita e viene fuori il problematico modo di gestire le relazioni interpersonali da parte del protagonista.
La pellicola parte con un ritmo incalzante per poi affievolirsi. Dall’iniziale film di azione-politica, si passa a puntare l’occhio sul dramma personale di un uomo apparentemente tanto sicuro di sé, quanto fragile nella vita privata. Un film che tratta in maniera molto cinico il rapporto padre-figlio con tutti i problemi connessi. Si ha la sensazione che alcune soluzioni a livello narrativo siano troppo forzate. Probabilmente i troppi piani narrativi finiscono per far perdere di vista l’obiettivo iniziale al regista. 15/30

Slumming
Sebastian e Alex sono due giovani che dividono un appartamento a Vienna. Per scacciar ela noia si divertono a fare Slumming, cioè passare da un locale all’altro della città giocando scherzi, spesso di cattivo gusto, ai clienti. I due hanno anche l’abitudine di incontrare ragazze conosciute su internet e a scambiarsi le foto che fanno loro di nascosto col telefonino. Quando Sebastian conosce Pia se ne invaghisce, ma il loro rapporto si incrina quando questa scopre che i due, con il semplice scopo di divertirsi, hanno raccolto un ubriaco da una panchina e l’hanno portato in Repubblica Ceca mentre dormiva.
Tra tutti gli altri spicca in maniera prepotente il personaggio del poeta di strada che non si rispecchia nella società e cerca rifugio nell’alcool, ottimamente interpretato da Paulus Manker. In questo modo si finisce per trascurare gli altri protagonisti, caratterizzati con una superficialità che li porta ad apparire come figure troppo marginali. Del film si salvano le belle e azzeccate musiche e una fotografia molto curata. Il grande numero di location, dalla città alla neve della campagna ceca, ai caratteristici sobborghi della metropoli indonesiana, scelta questa che è una forzatura fine a sé stessa, rende la storia poco lineare e difficile da seguire. 10/30

Stesti (something like happiness)
Tonik e Monika vivono in una città della provincia Ceca. Nello stesso palazzo. Si conoscono da sempre. Anche Dasha vive nello stesso stabile con i sue due bambini. Senza un uomo. Il ragazzo di Monika è da poco andato a lavorare negli USA. Lei sta progettando di seguirlo appena possibile. Dashà inizia, però, a dare segni di squilibrio mentale, aggravati dalla problematica storia con un uomo sposato. I bambini rischiano di rimanere soli quando la madre viene ricoverata e Monika decide di prendersi cura di loro rimandando la partenza. La cosa la porterà ad avvicinarsi ancora di più a Tonik.
Bodham Slama, già famoso in patria, adotta lo stile tipico della tradizione cinematografica dell’Est europeo, ricorrendo a una regia fatta di lunghi piani sequenza e carrellate, che conferiscono al film un ritmo molto lento e un carattere profondamente intimo. La scelta appare azzeccata visto che il filo conduttore è proprio l’intimo, e a volte travagliato, rapporto tra i personaggi. I dialoghi non sona mai banali e fuori luogo anche se il film è un po’ appesantito dagli episodi tragici che si susseguono fino alla fine. Molto bravo Boleslav Poliva nei panni del padre di Monika, un uomo dalla vita travagliata con una stima di sé azzerata dalla condizione di disoccupato sulle spalle di moglie e figlia e con un delicato rapporto conflittuale con la sorella. 22/30

Fragile
Sam è un ragazzo che vive a Ginevra e si prende cura della madre malata di Alzeimher. Sam ha una sorella, Catherine. Catherine vive a Bruxelles per motivi di lavoro. I due non sono mai andati d’accordo. Ora si ritrovano a dover affrontare insieme la morte della madre. Non sarà facile per i due trovare la sintonia, ma alla fine sembra aprirsi un piccolo spiraglio.
Il film ruota attorno alla vicenda dei due fratelli, l’uno che ha sempre vissuto in prima persona la malattia della madre, l’altra che vive lontano ed è all’oscuro della malattia. La madre sembra rivolgere maggiori attenzioni alla sorella, cosa che Sam vive con profondo disagio misto a gelosia. Il giovane regista Laurent Negre, qui alla sua opera prima, lascia che siano gli attori, tra i quali un ottimo Felipe Castro nei panni di Sam, a attirare l’attenzione dello spettatore e si limita a seguire la vicenda. Se la cava meglio nel lavoro di sceneggiatura, costruendo una storia interessante che da però l’impressione di essere trattata inadeguatamente in fase di messa in scena. 15/30

Nachbeben
L’intera vincenda si svolge nella bellissima villa di Hans Peter, detto HP, un investitore il cui imminente crollo finanziario è all’oscuro di tutti. Tra i personaggi i rapporti sono ben diversi da quello che appaiono inizialmente e sembrano chiarirsi mano a mano fino ad arrivare al liberatorio e tragico finale.
La scelta della regista Stina Werenfels è quantomai originale a livello stilistico: nella prima parte, quando tutto sembra circondato da un alone idilliaco sceglie di adottare una regia fatta di scene brevissime, particolari e primi piani, mentre nella seconda parte, quando i nodi iniziano a venire al pettine e si respira una maggiore tensione emotiva, le sequenze diventano più lunghe e meno ricercate. Messa in scena che fa da contro altare alla sceneggiatura, una scelta che può allettare i più attenti alle scelte registiche ma che toglie linearità alla pellicola e rischia di far perdere attenzione già dalle prime battute. 15/30

Aidesta Parhain (Mother of mine)
La storia è quella di Eero, un bambino finlandese coinvolto suo malgrado nel secondo conflitto mondiale. Quando il padre muore in battaglia la madre lo manda in Svezia, un Paese neutrale dove una nuova famiglia potrà prendersene cura fino alla fine della guerra. Per Eero non è facile stringere un rapporto solido con la nuova famiglia, ma pian piano le cose inizieranno a migliorare.
Il film affronta un tema forse poco conosciuto nel nostro Paese ma che riguardò la Finlandia della Seconda guerra mondiale, quello dei bambini che venivano accolti in Svezia per evitare loro di vivere in prima persona gli orrori della guerra. Klaus Haro sceglie una rappresentazione dei colori originale per i due piani narrativi: quello passato è a colori, mentre per quello contemporaneo sceglie il bianco e nero. L’impianto visivo è il punto di forza del film: i numerosi campi lunghi e le carrellate paesaggistiche testimoniano l’influenza del cinema di Bergman sul regista. La bellissima fotografia di Laine, capace di trasporre su video la volontà del regista di distinguere i due momenti narrativi che rischiavano di avvicinarsi troppo con l’uso del flashback, contribuisce al suggestivo effetto. Forse la sceneggiatura risulta un po’ troppo retorica o male interpretata dal regista in alcuni passaggi il cui vero significato emerge solo alla fine. 20/30

The listening
Echelon è una rete di intercettazione globale delle telecomunicazioni basato sul controllo delle comunicazioni satellitari. Ora la Wendell-Cranshow Technoligies ha progettato un sistema che sfrutta Echelon per entrare nella privacy di tutta la popolazione mondiale. Quando Francesca Savelli trova per caso una valigetta di uno degli impiegati della Wendell, viene sospettata di spionaggio internazionale e perseguitata come una terrorista. Wagley, un anziano ufficiale dell’NSA, decide di prendere le sue difese finendo per diventare egli stesso un ricercato internazionale. Wagley chiederà l’aiuto di un vecchio collega senza però metterlo al corrente del suo intento di svelare i piani della società che collabora con l’NSA e far saltare il progetto.
La scelta del giovane Martelli di girare una spy-story al suo primo lungometraggio, da una parte risulta coraggiosa in un contesto come quello italiano dove i film di genere non si vedono quasi più, e dall’altra la dice lunga sui gusti personali del regista. Questo aspetto è confermato dalla scelta dell’attore protagonista, ricaduta su quel Michael Parks protagonista di numerose pellicole di un cinema considerato minore (spesso a torto n.d.r.), ritenuto da un intenditore come Tarantino il più grande attore vivente e che se la cava egregiamente anche qui. La messa in scena non è mai banale e non va mai oltre le righe, non si appiattisce ma non si compiace troppo. Le riprese in esterna sono suggestive e denotano la ricerca della soluzione più efficace piuttosto che la più semplice. Per trattare i particolari tecnici il regista si è fatto affiancare da alcuni esperti del settore per evitare di cadere in inesattezze sempre dietro l’angolo quando si affronta questo genere di argomento. La scelta di girare in inglese si deve probabilmente alla possibilità di una più semplice e immediata distribuzione all’estero di quello che è un prodotto, per contenuti e stile, facilmente proponibile ad un mercato non italiano e probabilmente anche extra europeo. Soluzione questa che la dice lunga sulle aspettative degli autori verso il film. The Listening è una ventata d’aria fresca nel panorama cinematografico italiano che potrebbe riscuotere successo tra il pubblico forse stanco di commedie e drammi familiari e rilanciare una nuova stagione del cinema di genere nel nostro Paese. 24/30

 

 

Conferenze Stampa

 

FRAGILE

GRBAVICA

MOTHER OF MINE

OUT OF SIGHT

THE LISTENING

THE JUDGE

 

Viareggio, 25:04:2006