Questa è per lei un’opera prima anche se ha alle spalle diversi lavori
documentaristici. Lei affronta i temi della violenza, della delinquenza e
del disagio che la guerra si porta dietro a distanza di qualche anno dalla
sua fine. Come mai questa scelta?
Zbanic: La guerra è un evento che lascia inevitabilmente uno
strascico emotivo molto forte. Nell’ex Jugoslavia, si sono fatti film sulla
seconda guerra mondiale fino agli anni ’60. Io stessa ho vissuto il dramma
delle donne vittime di violenze in prima persona e ho voluto raccontarlo al
mondo in questo modo.
è più una
volontà di denunciare questi gravi episodi o un bisogno personale di
raccontare la situazione nel suo Paese?
Zbanic: Direi che un po’ tutti e due gli aspetti mi hanno portato a
fare un film come quello che ho girato, ma è più che altro un bisogno
personale che sentivo.
Si ha l’impressione che nel film le attrici siano donne vere vittime
delle violenze, è così?
Zbanic: Sì, in parte è così. Quando ho scritto la sceneggiatura, ho
avuto modo di collaborare con molte donne che avevano subito violenze
durante la guerra e ho voluto che partecipassero al film.
I temi di fondo sembrano essere l’odio (per chi si è reso colpevole degli
stupri) e l’amore (per la figlia inizialmente non voluta). Può sembrare di
individuare lo stupratore della donna in una delle scene del film, quella
nel club in cui la protagonista viene picchiata dal padrone.
è così?
Zbanic: La nostra società sta passando in maniera molto repentina dal
socialismo al capitalismo. Io ho voluto evidenziare come in questa
situazione l’uomo rappresenti una minaccia con la sua corsa
all’arricchimento che lo rende disposto a tutto. Non intendevo identificare
il padrone del club con uno degli stupratori, solo volevo mettere in
evidenza come alcuni personaggi non si facciano scrupoli a picchiare o
uccidere una donna per pochi soldi.
Cosa pensa del fatto che il film dovrà essere doppiato per essere
distribuito in Italia?
Zbanic: Mi rendo conto che è una cosa indispensabile e permetterà una
maggiore fruibilità del mio film e in questo mi trovo d’accordo. D’altra
parte io vengo dalla Bosnia e non sono abituata al doppiaggio. Penso che
doppiare un film gli tolga parte della sua espressività. Quando ho sentito
il doppiaggio tedesco, non mi è piaciuto il fatto che la doppiatrice della
protagonista le conferisca un tono drammatico sin dall’inizio, mentre io ho
cercato di renderla in maniera tale che avesse una sorta di evoluzione in
senso drammatico nel corso del film. So però che i doppiatori italiani sono
molto bravi e sono fiduciosa
Cosa vi ha spinto a distribuire il film in Italia?
Sovena: La nostra linea politica ci ha portato inevitabilmente a
porre l’attenzione su questo film per i temi che affronta. Io ebbi
l’occasione di vederlo in lingua originale e con i sottotitoli in tedesco.
Pur senza capirne una parola, lo trovai un ottimo prodotto, capace di
comunicare con le immagini e pensai che avremmo dovuto distribuirlo.
Viareggio, 25:04:2006
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