Il tema della cecità che si ritrova nella sceneggiatura come è stato
tramutato nelle scelte registiche?
Quando ho letto
la sceneggiatura una delle cose che mi ha colpito di più è stata la cecità
della protagonista. Quando ero al liceo ho letto una storia su una ragazza
cieca e da quel momento in poi ho pensato di fare un film che parlasse di
questo argomento. Allo steso tempo è diventata una vera e propria sfida
parlare di cecità al cinema perché il cinema è un fenomeno prettamente
visivo e quindi la cecità a questo punto è diventata un’allegoria. Il non
vedere si estende alla famiglia di quanto avviene al suo interno. Assieme a
tutto il mio cast tecnico abbiamo cercato di presentarla cecità in questi
termini.
Data la sua origine israeliana si può leggere la metafora del “non
vedere” legata all’attualità del suo Paese o è una forzatura critica? Nel
film l’unico riferimento, seppur velato, al clima del luogo è quello di lei
studente a Princeton e non, per ovvie ragioni, nel proprio Paese…
All’’inizio c’era un po’ questo tema della cecità allargata anche al mio
Paese. è difficile per chi
come me viene dal mio Paese, realizzare lavori che richiamino in qualche
modo l’attualità. In verità all’inizio avevamo creato il personaggio di un
fratello soldato israeliano, però poi l’abbiamo tolto e abbiamo cercato di
rendere la sceneggiature fuori da questi discorsi rendendolo un dramma più
privato, tagliando tutti i riferimenti. Anche la famiglia della ragazza è
borghese e quindi si può permettere di mandare la ragazza a studiare fuori,
però è l’unico legame che rimane e che abbiamo lasciato, con il chiudere gli
occhi, che in un primo tempo si voleva legare al resto.
Come viene recepito il cinema internazionale in Israele?
Abbiamo molti film che provengono dall’estero e soprattutto dall’America,
non vedo purtroppo tanto cinema italiano, ma il cinema in Israele sta avendo
un successo sempre crescente, è un'industria nazionale. Ormai in ogni
festival in giro per il mondo c’è sempre almeno un film israeliano presente.
Prima di fare il regista lei ha lavorato come giornalista di cinema,
continua a portare avanti anche quel discorso.
Ormai mi occupo solamente di regia però mi piacerebbe non perdere di vista
quel modo di vedere i film che si ha quando poi bisogna scriverne.
Ha mai pensato di far interpretare il ruolo della protagonista ad
un’attrice realmente cieca?
Sì, ci ho provato e solo allora mi sono reso conto quanto sia difficile per
loro avere una vita normale. Poteva essere un film sperimentale in questo
senso, ma il tempo non era dalla nostra parte.
Mi chiedevo se lei ha visto tre film:
Paradise Now, Munich e
la Bestia nel cuore.
Nessuno dei tre. Paradise Now
mi vergogno a dirlo, non l’ho ancora visto ma cercherò di rimediare al più
presto La bestia nel cuore,
mi dicono abbia alcuni punti in comune col mio film ma non ne conoscevo
nemmeno l’esistenza prima di ieri sera, mentre
Munich pensò che ormai lo
comprerò direttamente in DVD.
Che progetti ha per il futuro?
Sono un po’ stanco di pensare che ogni film che noi israeliani dirigiamo
debba parlare di guerra e della nostra situazione politica. So che è normale
che la gente si aspetti così e non la critico, il mio prossimo film sarà una
commedia politica, ma che cercherà di far ridere sull’argomento.
Viareggio, 24:04:2006
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