64.ma mostra internazionale d'arte cinematografica

 

INTERVISTA A

Liu Ye, Lulu Li e Chan Cheng

PROTAGONISTi DI  “BLOOD BROTHERS” DI ALEXI TAN

 

di Gabriele FRANCIONI

 

KINEMATRIX: Come ti sei posto nei confronti del tuo analogo nel film cui s’ispira B.B., cioè BULLET IN THE HEAD?

LIU YE (LY): Non ho mai pensato o riflettuto più di tanto sul rapporto con il film di JohnWoo. Era la prima volta che lavoravo con questi attori e per me era più che altro un modo per conoscerli. Questo confronto con loro è avvenuto attraverso la sceneggiatura, studiata anche fra di noi, senza il regista, magari mentre eravamo in palestra a fare training e lo scopo era quello di avere sintonia e allegria sul set, in modo da rafforzare un team di lavoro che esprimesse qualcosa di personale, concepito collettivamente.

 

 

Come ti sei preparato, proprio riguardo ad Al Pacino…

LY: Beh, prima di tutto devo dire che Al Pacino è da sempre uno dei miei attori preferiti e mi sono visto tutti i suoi film del passato. Quindi mi sono ispirato a lui per il piacere che mi veniva dall’attore in questione.In più il mio personaggio doveva essere sicuramente crudele, spietato, ruvido e anche che facesse paura all’improvviso. Al Pacino mi forniva molti elementi al proposito: riusciva a generare paura, terrore soprattutto, se non esclusivamente, grazie ad azioni improvvise, ad un comportamento imprevedibile. Come generatore di paura ho preso ispirazione da lui.

 

Riguardo al rapporto tra regista e attori, cosa avete provato ad essere diretti da un esordiente…

LULU LI (LL): Per me è stato più che altro un grande piacere e un onore lavorare con attori di tale grandezza, Chan Cheng, Shu Qi, Daniel… Mi dicevo “mio Dio, cosa sta succedendo?” Nessun problema per il fatto che Alexi fosse un esordiente.

LY: Cosa vuol dire fare un film con un regista vergine…(in Cina l’espressione “agli esordi” si traduce così, N.d.R.)… Vediamo… - stanno ridendo, N.d.R. - è stata sicuramente una grande esperienza, perché ci ha dato una grandissima libertà di sperimentare e tra noi si è creata un’atmosfera di complicità e collaborazione.

 

 

Negli ultimi cinque anni circa c’è stato un innalzamento del livello qualitativo degli attori giovani cino-hongkonghesi. A cosa si deve questo? Sono nate nuove scuole di recitazione?

LY: Tutti gli attori giovani escono dall’Accademia Centrale del Cinema di Pechino, con un diploma di recitazione. Anch’io e Lulu Li veniamo da lì. Non è detto che chiunque si laurei all’Accademia sia un attore di talento, ma, almeno per quanto ci riguarda, quel percorso di formazione ci è stato assai utile. La recente vitalità del cinema cinese, poi, offre già di per sé un numero maggiore di occasioni per mettersi in mostra rispetto al passato.

 

Una domanda su DARK MATTER con Meryl Streep, cui hai preso parte anche tu…

LY:  Anche Chan Cheng doveva partecipare al film, ma non ha avuto tempo ! (risate, N.d.R.). Prima di tutto devo dire che è stata una cosa speciale, perché la Streep è un mio idolo, un’attrice incredibile e una persona molto gentile e disponibile, anche con me. è un fatto vero accaduto negli anni ’80. Io sono uno studente cinese che va a studiare negli Stati Uniti. Come esperienza non ho molto da dire, al di là del fatto che era la prima volta per me in America e io dovevo parlare in inglese. Non mi ha cambiato in termini personali, salvo che potrò dire ai miei nipoti “sapete, il nonno ha lavorato con Meryl Streep!” (anche qui grandi risate collettive, N.d.R.)

 

Shu Qi et Chang Chen in THREE TIMES

 

(A Lulu Li e Chan Cheng) Quali sono invece i vostri progetti ?

LL: Io ho intenzione di lavorare all’estero e diventare più internazionale. Sviluppando il mio percorso, devo dire che intendo lavorare in ruoli più sofisticati, in produzioni non asiatiche e con attori internazionali. Desidero collaborare con loro perché la mia ispirazione come attrice possa trarne giovamento.

CC: Io desidero concentrarmi sul mio lavoro e, nel tempo che resta, divertirmi il più possibile!

 

 

Spazio “Pagoda”, Lido di Venezia, 08/09/2007

 

 

L'intervista ad Alexi Tan

L'intervista ad Shu Qi

L'intervista a Daniel Wu

La recensione