KINEMATRIX incontra
Luca GUADAGNINO
autore di THE PROTAGONISTS
e di LUCE, il nuovo video di Elisa


intervista raccolta da Gabriele FRANCIONI
Roma, 23 marzo 2001
- leggi A SCHERMO INTERO -

_________________________

domenica 1 aprile 2001

ELISA e Luca GUADAGNINO
ospiti di ANTENNACINEMA
clicca QUI per vedere le immagini
_________________________


La settimana è stata molto intensa e ha portato gli incontri con Anita Caprioli e Laura Morante. Ma il nostro "attraversamento" delle diverse anime del cinema italiano non è ancora terminato e puntiamo sicuri verso l'appartamento dove vive uno dei talenti dell'onda nascosta, che quel cinema vuole rinnovare. Luca girerà a breve la sua opera seconda e, ne siamo certi, il "progetto" che lo vede al centro dell'azione, aprirà nuovi scenari creativi e produttivi.

LUCA GUADAGNINO è senza dubbio uno dei più coraggiosi tra questi talenti.
Palermitano, laureato alla Sapienza con una tesi su Jonathan Demme [scelta assai indicativa], gira in diversi formati con l'intento di "far agglutinare sullo schermo tutto quello che" ama "vedere e quindi mostrare", alla ricerca di una decodifica del cinema attuata in quanto "spettatore-critico-cineasta".
Guadagnino va "usato", o fruito, se preferite, in diverse forme: leggendone le spietate analisi critiche [www.close-up.it], studiandone il lavoro, allo stesso tempo rigoroso e "contaminato", dai documentari e cortometraggi ["ALGERIE" del 1995, "QUI" del 1997, presentato a Taormina, L'UOMO RISACCA del 2000, visto a Bellaria/Anteprima-annozero], al primo lungo presentato a Venezia nel 1999 [THE PROTAGONISTS, con Tilda Swinton, Michelle Hunziker, Fabrizia Sacchi e Laura Betti, da molti lodato come positiva "anomalia" sperimentale, mescolante autoreferenzialità alta del linguaggio cinematografico e materiali "sporchi", che metteva in scena la "preparazione ad un omicidio" e le "somiglianze tra questa ritualità e quella del cinema"], fino ai videoclip dell'ultimo anno [VAMOS A BAILAR di Paola e Chiara e ASILE'S WORLD e LUCE di Elisa]. Entriamo in casa di Luca mentre una luce obliqua e calda di primo pomeriggio romano e l'ultimo video dei DAFT PUNK creano la giusta "ambientazione" per la nostra intervista…..

________________________________________

"Il cinema non deve essere una punizione corporale, deve saper rendere chi guarda soggetto attivo e non passivo della visione" - Luca Guadagnino


KINEMATRIX: Cominciamo con una domanda un po' particolare: tu hai visto per caso INTIMACY, il film di Chereau che ha vinto il Festival di Berlino?

LUCA GUADAGNINO: "No, non l'ho visto. Però ne so qualcosa e sono sorpreso e molto contento che tu citi questo titolo perché, avendo letto del film e avendone parlato con diversi amici, mi sono perfettamente reso conto che INTIMACY realizza in versione lunga tutta la ricerca estetica che era contenuta in QUI, il mio corto del '97…"


INTIMACY di Patrice Chereau


KMX: …ed è esattamente per questo che ne parlo con te! Avendolo visto a Berlino, ho notato come i primi trenta minuti fossero una sorta di dilatazione del tuo lavoro presentato a Taormina…

LG: "…questo dovrebbe portarci ad un serio discorso sullo stato della percezione del cinema, nel senso che QUI è un lavoro girato nel '96 e presentato per la prima volta, appunto, l'anno dopo al festival diretto da Enrico Ghezzi, giustamente, ed è stato sostanzialmente visto come oggetto scandalistico di un giovinotto, fatto per farsi notare… cosa da me lontanissima, perché invece mi interessavano altri discorsi, come il rapporto uomo-donna e la non-giustifificazione psicologistica di "fatti" e la flagranza ana-erotica di quello che poteva essere un rapporto sessuale e soprattutto il sentimento di un luogo dove accadeva questo incontro. Poi, le dichiarazioni di Chereau, la scelta di un'attrice come Kerry Fox, che fisicamente è identica a Zita Donini [protagonista di QUI], o il fatto che ci sia una sorta di ULTIMO TANGO ribaltato in questo film, cioè l'assoluta ignoranza, l'un l'altro, di quello che i protagonisti fanno e sono, almeno fino ad un certo punto, mi ha molto stupito perche era esattamente QUI… almeno non so, io non l'ho visto, tu invece sì… ma, nel caso mio, pur con le differenze dovute al fatto che io non avevo la possibilità di fare un lungometraggio, ritengo che in QUI ci siano proprio gli estremi del discorso di Chereau, cioè un assunto molto forte rispetto a questo cinema... poi, voglio dire, dopo il mio lavoro è uscito ROMANCE, è uscito BAISE MOI, cioè il cinema ha ritrovato i corpi… non grazie al mio cortometraggio, ma sicuramente QUI ha pagato l'essere troppo avanti con i tempi. Pensavo proprio l'altro giorno di andare dai distributori di INTIMACY e proporre un "double bill", nel senso che io gli offro il mio cortometraggio da presentare prima del film di Chereau… vedremo. In ogni caso, c'è questa "sweet revenge", come direbbe Sakamoto, cioè il fatto che QUI sarà ancora potentissimo da vedere! Non cerco una distribuzione, anche perché comunque il film ha avuto una simpatica vita festivaliera….mi importa che mantenga questa forza, un po' come quando, durante il casting per THE PROTAGONISTS, diedi la cassetta ad un'attrice per farsi un'idea del mio lavoro, e lei mi ritelefonò scandalizzata, chiedendomi come avessi potuto darle quel materiale, che non capiva, eccetera eccetera!..."

KMX: Sei sicuro che Chereau non abbia avuto l'occasione di vederlo?

LG: "Magari l'ha visto… mi farebbe piacere se fosse successo! Posso dire che l'ha visto Andrès Serrano a Taormina e fu molto colpito... non so, sono in un momento un po' strano della mia vita professionale, perché è molto faticoso dover sempre fare il battistrada, ponendosi nella posizione di chi è veramente eccentrico, nel senso profondo del termine, e quindi si trova ad andare sempre "fuori" della situazione contemporanea. Ad un certo punto risulta veramente faticoso, ma non perché uno ricerchi la gloria terrena immediata, ma perché ti rendi conto che non è veramente interessante interessare certe persone…"


un'immagine da L'UOMO RISACCA


KMX: Cosa hai fatto da THE PROTAGONISTS, quindi dal 1999, ad oggi?

LG: "Dunque, ho prodotto un opera di Luisa Lambri [vedi qui], che ha vinto la Biennale Arte di Venezia nel 1999: SENZA TITOLO. Poi ho realizzato diversi videoclip, ho girato L'UOMO RISACCA, che mi ha molto divertito, ho scritto i miei prossimi lavori e ho costruito dei rapporti che mi permetteranno di fare un nuovo film, che spero sia bello!"

KMX: Come sei arrivato a girare il video di LUCE di Elisa?

LG: "Io avevo già fatto VAMOS A BAILAR, di Paola e Chiara. Lavoro per una società di Milano come regista di videoclip e di pubblicità e il mio primo videoclip inteso in senso "industriale" è stato proprio questo, realizzato perché loro videro THE PROTAGONISTS e volevano qualcosa di glamour. Loro mi attiravano, avevano queste voci belle potenti… nel video non accade quasi nulla, ma è stato il mio lavoro più duro, molto più faticoso di un film, perché devi lavorare sul millimetro dell'inquadratura con persone che sono assolutamente incapaci di fidarsi di te. Ma alla fine il lavoro è andato bene ed è stato il video più programmato, insieme al brano in radio. Per quel che riguarda Elisa, tutto è nato dai miei rapporti con alcune tra le più importanti figure in assoluto del panorama culturale e artistico italiano, come Carlo Antonelli, che è un produttore discografico e autore di libri straordinari sulla musica e che lavora con lei. Gli era piaciuto molto L'UOMO RISACCA, per cui ci siamo incontrati e abbiamo lavorato insieme. All'inizio abbiamo fatto ASILE'S WORLD, dove c'è Elisa sotto la pioggia. Bello… ci siamo divertiti, abbiamo girato un giorno, anche se comunque rimane più nei confini di un videoclip tradizionale. Io ed Elisa siamo rimasti in ottimi rapporti musicista/regista, fino a che non è arrivata questa LUCE…


dal video LUCE: Elisa e Giorgio PASOTTI


Carlo mi ha chiesto di venire a sentire la canzone… un provino a dicembre. L'ho trovata subito straordinaria e la prima idea è stata quella di fare Elisa che incontra "o fantasma", cioè proprio il personaggio di O FANTASMA, il film di Joao Pedro Rodrigues, una cosa tra le più belle degli ultimi tempi, straordinario. Pensavo proprio di chiamare l'attore del film, di vestirlo come o fantasma e buttarlo da qualche parte insieme a lei, tipo due supereroi post-moderni o post-post-post-degradati-moderni… poi uno mette un po' più a fuoco le cose e le idee… e nel frattempo sono andato a vedere un film con Giorgio Pasotti, che trovo sia bravissimo e dotato di una bellezza "hollywoodiana" e abbiamo pensato che fosse perfetto. Elisa voleva girare nei suoi luoghi, con la luce di cui parla nella canzone e abbiamo pensato che le botte fossero una metafora del rapporto amoroso, che si svolge in questo luogo astratto che è il bosco. Nel costruire questo lavoro abbiamo proceduto esattamente come per un film. E' stato molto, molto emozionante. Ci abbiamo messo un mese e mezzo per costruire il videoclip, per prepararlo: costumi realizzati ex-novo, cose che sono veramente fuori dall'ordinario rispetto alla pratica dei video. Io, alla fine, penso che il risultato sia molto buono".


da sinistra: FERNANDA PEREZ (make up artist) - ALBERTINA
LA ROCCA (prod. Groucho Film) - Luca GUADAGNINO - ELISA


KMX: E tra l'altro, pur essendo entrambi molto curati nella fase di preparazione, gli esiti, anche a prescindere dalle ovvie differenze artistiche tra Paola e Chiara ed Elisa, sono diversissimi…

LG: "Qui mi permetto di farmi un complimento! Io penso di essere molto eclettico e l'idea di esserlo per me è di fondamentale importanza. Mi sono molto divertito anche durante la preparazione di VAMOS A BAILAR: è divertente "pensare" questa cosa… è importante per me che nello stesso universo ci siano trasversalmente Tilda Swinton, Paola e Chiara, Michelle Hunziker. Nessuno può dire che Hunziker non c'entri con THE PROTAGONISTS. Non esistono categorie come alto e basso, ma esiste la trasversalità. Decidere di mettere questo in alto e questo in basso è un modo di pensare fascista, sostanzialmente. Poi ci sono grandissimi cineasti o artisti che lavorano su questa dimensione, si ammirano reciprocamente e sono molto intuitivi. Kubrick, ad esempio, con Ryan O'Neal che fa Barry Lyndon! O Michael Mann che prende Sadie Frost e poi il nostro Patrice Chereau per L'ULTIMO DEI MOHICANI, o Gina Gershon e Al Pacino per INSIDER. Questi sono gli elementi che rendono fertile il discorso dello spettacolo.


VAMOS A BAILAR di Paola e Chiara


Con Elisa è andato tutto in maniera fantastica… è stato molto intenso e molto, molto faticoso, ma non dal punto di vista fisico, quanto da quello emotivo. E' un lavoro che mi ha invecchiato di due anni, perché quello che si vede è stato vissuto, appunto, emotivamente dall'altra parte della macchina da presa. C'è una fortissima necessità amorosa in quel videoclip, che sentivamo un po' tutti: l'uno per l'altra o l'una per l'altro. E poi eravamo a Monfalcone, dove è nata Elisa, che è una terra completamente delirante… tre giorni di intensità fortissima…"
[per vedere tutte le foto del backstage di LUCE clicca QUI]



KMX: Ho notato, anche leggendo i tuoi pezzi su CLOSE UP, quante volte tornino i nomi di Demme e Ron Howard, che non a caso sono stati entrambi "allievi" di Roger Corman. Loro, ma anche i Bartel, i Dante e i Cameron, sono autori capaci di veicolare messaggi sovversivi all'interno di un sistema visivo comunque capace di arrivare a un pubblico vasto. E' possibile, in Italia, l'esistenza di una "factory" di questo tipo, dove prima s'impara il mestiere, che viene messo al servizio di produzioni low-budget, brutte, sporche e cattive, ma anche commerciali/glamour/trash, e solo dopo si entra nel mercato "mainstream" riuscendo a rimanere se stessi?

LG: "E' una questione complessissima! Questa terza via, che è il cinema più interessante che ci sia in assoluto e che non è subalterna o alternativa a Hollywood o al cinema d'Autore, ma trasversale. Bene: questa via non esisterà mai in Italia! Perché l'ambizione di Demme, Howard, Dante, Bigelow, Scorsese, Bartel, Badham, è sempre stata un'ambizione legata alla comunicazione, all'espressione e alla ricerca di una radicalità della visione delle cose e ad una radicale sovversione dei valori dai quali loro provenivano generazionalmente e nei quali loro si andavano ad inserire. In Italia, invece, il percorso è esattamente il contrario! I cineasti riflettono sempre pensando alla dannata, paurosa ricerca di un centro. Loro vogliono ammorbidire, cercando di comprendere le ragioni per piacere, anziché cercare di offrire un'utopia rivoluzionaria ad un pubblico più vasto e anziché cercare di sovvertire le attese più bieche dello spettatore e dare allo spettatore il piacere nello stesso momento! Quindi no, non credo. Credo che non ci sia nulla. Ci sono delle personalità sparse, amici, ma non un gruppo compatto di cineasti. E poi ci sono questi cineasti che cercano veramente il centro! Silvana Silvestri, non ricordo a proposito di quale film, disse che i cineasti italiani perlopiù piccolo-borghesi, quando fanno il salto e diventano registi, se la prendono con i piccolo-borghesi quasi come una vendetta nei confronti di una classe alla quale non vogliono più appartenere. Nel mio caso specifico, ti dico che se riuscissi a raggiungere la cristallinità concettuale, la straordinaria qualità narrativa e la potenza mediatica di un film minore come SWING SHIFT di Jonathan Demme, e ti parlo di un film minore, non certo de IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI, o di qualcosa di Ron Howard, oppure di LES ROSEAUX SAUVAGES di André Téchiné, io sarei felice. Certo non esiste una Corman University o una New Hollywood qui da noi! I grossi incassi sporadici non significano niente in questo senso: testimoniano semmai il totale imbarbarimento di questo paese, il suo stato di sottosviluppo e il fatto che effettivamente se tu dai al pubblico quello che si aspetta, è felice".


ancora da L'UOMO RISACCA


KMX: E le colpe della critica? Vedasi il caso di Moretti…

LG: "Critica? Quale critica? Non esiste, in Italia. Se tu apri la pagina del "Messaggero week-end" di oggi, venerdì, e che corrisponde al "Friday Entertainment" del "Guardian", cioè sette pagine sulle uscite in sala, puoi notare la differenza. Il "Guardian" spulcia tutto quello che sta per uscire, con recensioni, articoli di colore e interviste. Poi, che l'analisi fatta sia legata soprattutto all'aspetto del "crafting" del film, questo è un altro discorso. Ma tu non troverai mai, nella storia di questa testata, omologa a "Repubblica" o "Il Messaggero", film comunque assolutamente importanti per chi guarda al cinema come fatto culturale, quali ad esempio THE FACULTY, che esce oggi, trattati con articoletti di cento battute!!! Tre righe! Non è nemmeno un redazionale, non è niente. Sono estratti dal press-book del film. La recensione non esiste….
Ricordo quando uscì BRIDE OF CHUCKY [1998] di Ronnie Yu, con Jennifer Tilly e Brad Dourif, un film con la fotografia di Peter Pau, tanto per intenderci, uno dei più grandi direttori della fotografia mondiali, grandissimo hongkonghese, che ha fatto film con i più grandi, e non voglio dire Ang Lee [per CROUCHING TIGER, HIDDEN DRAGON Peter Pau vince, due giorni dopo questa intervista, l'Oscar. ndr], ma appunto Ronnie Yu, Tsui Hark, Ringo Lam, tu trovavi su tutte le riviste inglesi, saggi o recensioni sul film: magari negative, ma c'erano. In Italia: zero. Riguardo al film di Moretti: qualcuno ha scritto che "gli americani hanno FINDING FORRESTER e noi LA STANZA DEL FIGLIO: noi seppelliamo il padre, mentre loro esaltano la necessità di una figura di padre"… io non capisco: il film di Moretti è sulla figura del padre! Ma le disattenzioni più gravi sono altrove: perché non si dice che, almeno, Gus Van Sant cura un po' di più la fotografia, mentre quella de LA STANZA DEL FIGLIO sembra IL MARESCIALLO ROCCA? Perché non dicono che l'estetica del cinema contemporaneo italiano è legata all'estetica della fiction? Il cinemascope, altrove, non serve, perché non è necessariamente grande cinema! E' cinema lungo, è un'immagine lunga. Straub gira col quadrato, ma anche Scorsese, che non ha mai usato il cinemascope con l'intento di fare spettacolo, ma semmai con intenti intimistici, come ne L'ETA' DELL'INNOCENZA: più era largo e più era soffocato.
No, non ci sarà mai una factory cormaniana, anche perché non c'è Hollywood in Italia… non c'è il nemico da combattere. C'è da fare i propri film in profonda onestà…"



THE PROTAGONISTS


KMX: Parlaci un po' di THE PROTAGONISTS e delle differenze sostanziali [parola, discorso contro silenzi, ma eguale effetto di astrazione] dal precedente QUI…

LG: "Io credo di potermi definire più un regista dei silenzi, della visione, dell'estasi della visione, anche se poi con THE PROTAGONISTS ho voluto fare un film-discorso. E' l'eclettismo di cui parlavamo. Anche se oggi posso dire che un lavoro come quello, frammentato, con 2800 tagli di montaggio, quella frammentazione non mi appartiene… col prossimo tornerò a 400/450 tagli, se non ai 36 di KIPPUR! Era un lavoro di un ventisettenne, in assoluta libertà, con mezzi abbastanza importanti, che sperimenta e porta tutto al limite… pushed to the limit. Bisogna fare le cose con umiltà, mai avendo intenti demiurgici nei confronti del cinema. Tu sei il capo della tua troupe e se sei in grado di affascinare i tuoi collaboratori, puoi ottenere l'attenzione dei media, vivere l'eccitazione di un festival, ma pensare di voler essere sovraintendente al cinema in quanto tale e decidere prima dove andrà a parare il tuo film, sapere come riuscire a trovare l'alchimia dell'astrazione, ritengo che sia impossibile. E' una questione d'intuizione… Il realismo mi fa orrore e non parliamo del naturalismo! Però trovo che tutti i più grandi abbiano raggiunto la potenza visionaria attraverso una ingannevole situazione di realtà.



Prendiamo EYES WIDE SHUT: capolavoro assoluto, che non puoi definire lunare in partenza, è completamente realistico, ma completamente visionario, capace di creare un universo suo. Non esiste un altro universo così: suo. Nel suo piccolo, THE PROTAGONISTS e quella Londra, il set, realizzavano questo universo. Anche se volevo fare un film antintellettualistico. L'insulto più grande al mio film è stato quello che lo accusava di intellettualismo. Forse era già un po' cinema del futuro… E in quell'edizione della Mostra veneziana, straordinaria fu la Bignardi che disse: per fortuna che, a fronte di un film brutto come EYES WIDE SHUT, abbiamo potuto vedere COME TE NESSUNO MAI!!! Questo significa mancare completamente di capacità di capire cos'è il cinema, dove va il cinema, cos'è "percezione"… sembra proprio che una volta trovato il centro tutti siano felici, perché hanno trovato la sicurezza… Abbiamo bisogno di un risveglio del giudizio come conseguenza di una qualche forma di antagonismo fra le parti in causa!"

KMX: Spiegaci il tuo amore per SHOWGIRLS di Paul Verhoeven…


SHOWGIRLS di Paul Verhoeven


LG: "Trovo che SHOWGIRLS sia un capolavoro perché è in grado di aderire all'altezza dello sguardo dei suoi personaggi e lo fa con grandissima umiltà... Non è un film sulle go-go girls di Las Vegas, ma delle go-go girls! E' un film di Las Vegas, dentro Las Vegas, dentro l'identità femminile che si esibisce in un locale di strip-tease e quindi trovo che sia sovversivo perché ti costringe a guardare alle cose in quella maniera lì. Chi va a Las Vegas ci va o perché è un personaggio di low-life come quelli che descrive Verhoeven, o perché lo guarda come un esotismo… e allora penso che sia assolutamente geniale che lui ti faccia aderire a quello sguardo e quello sguardo ti dimostra quanto sia acuto, sensibile, intelligente e privo di pregiudizi. La protagonista è scorretta, sovversiva, sa di esserlo, fa le scarpe alla rivale, e poi nello stesso momento cerca di sedurla, ma la guerra che si fanno non è in nome del profitto, del denaro, ma in nome dell'identità femminile, quindi è un manifesto femminista straordinario che neanche tutta Camille Paglia sarebbe stata capace di esprimere in un saggio sulle politiche femministe postmoderne! Quando mangia con le unghie laccate l'hamburger sul terrazzo con davanti il fiore di neon e rimane estatica ad osservare il panorama morto della città… è Takeshi Kitano, è fantastico, perché ci dice che il sublime non è dove noi ci aspettiamo che sia normalmente… lei trova in quello spazio la possibilità del sublime! Così come in un film di Tarkovskij il sublime è dato dalla musica classica, il Tonino Guerra e il montaggio tra l'albero, il vecchio e il bambino! Trovo che sia molto più spericolato e sofisticato Verhoeven! E' un grande film dreyeriano, di grandi figure femminili: è falso che sia una baracconata, un prodotto trash".


kmx home