INTERVISTA AD ANITA CAPRIOLI
a cura di Gabriele Francioni



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REALIZZATA A NOVEMBRE DURANTE IL TORINO FILM FESTIVAL

 

KINEMATRIX: Ti è mai capitato ti trovarti in una situazione emotiva, in un momento particolare della tua vita, che ti ha spinto a cercare un ruolo che potesse esprimere al meglio la condizione in cui ti trovavi? Non è detto che si debba trattare di episodi drammatici…

ANITA CAPRIOLI: "Assolutamente! Ho avuto nella mia vita anche delle esperienze pesanti, ma non ho mai pensato, in quei momenti, di trasferire quelle sensazioni in un personaggio. Non c'era fascinazione nel crogiolarmi nel dolore. E' però vero che l'attore, per poterle raccontare, ha bisogno di vivere il maggior numero possibile di esperienze: è anche un modo per dare un senso positivo anche alle esperienze non esattamente buone".

KMX: Puoi parlarci con un po' più di calma rispetto a quanto già fatto a Torino, di VENTI? Un film di cui su internet si parla sempre di più anche se, in realtà, è come se non esistesse…

AC: "E' un film fantasma: è come se non esistesse, ma non è male questa cosa. E' stato girato senza una distribuzione sicura alle spalle; una distribuzione che non c'è stata nemmeno dopo, se non minima (circa una settimana…). Però è andato a Berlino e anche al New York Film Festival, diretto da Spike Lee, dove credo che abbia vinto anche qualcosa; è stato ad Annecy e in qualche altro festival. E' uno di quei progetti indipendenti che, come in mille altri casi di film italiani, trova spazio soprattutto nei festival".

KMX: E la storia…

AC: "La storia… credo che sia anche per "colpa" della storia se il film ha avuto una vita difficile. E' un film molto diverso rispetto al solito, anche a livello di trama: è costruito sull'accensione e lo spegnimento di venti sigarette, e ogni sigaretta racconto un momento, un episodio della vita di questi due ragazze in viaggio (siamo io e Cecilia Dazzi). Abbiamo una meta che non possiamo raggiungere perché durante il viaggio succede un po' di tutto e avviene un cambiamento, non solo di percorso, ma anche esistenziale. Era atipico anche nella costruzione: era un film onirico, molto visionario, con pochi dialoghi e con molti salti temporali".

KMX: Hai recitato in film tratti da libri di giovani scrittori italiani (Starnone, Culicchia) e hai fatto anche della fiction TV: pensi che la presenza di un buon testo alle spalle determini delle grosse differenze nella realizzazione e/o nella recitazione?

AC: "Sì, assolutamente. Si sente, perché, ad esempio, TUTTI GIU' PER TERRA, era una specie di film generazionale: raccontava quello che un ragazzo di Torino viveva in quel momento, era molto realistico. Io credo che il realismo sia proprio la linfa vitale per riuscire a costruire un film o un personaggio. Nel momento in cui allora il film è tratto da un romanzo che racconta una storia vera, il progetto è come "facilitato".

KMX: Come sei arrivata alla recitazione?

AC: "Ci sono arrivata perché mia madre era attrice: le mie serate dell'infanzia non le ho passate con la babysitter ma in teatro, ad aspettare che mia madre finisse le prove. E, a parte una noia mortale, ad un certo punto la cosa ha cominciato ad affascinarmi, così poi più o meno a dodici anni mi è venuta la recitare, di studiare recitazione. Pian piano, dopo aver fatto le scuole, ho cominciato a studiare recitazione a Milano: avevo Raul Maso, un argentino, con cui ho fatto dei laboratori e qualcos'altro, Poi mi sono trasferita a Roma, dove ho fatto degli stage. La scuola per me è comunque stato lavorare: ho fatto moltissime cose, teatro, e a Milano tanta pubblicità. Tutto mi è servito e ho cercato di capitalizzare ogni cosa".

KMX: Ci dici qualcosa su questi spot?

AC: "Ho fatto - ed è quello che ricordo di più e più volentieri - questo spot in questo teatrino di alberi e fiori. Era quello della Control, dei preservativi: era fatto con le velocizzazioni e c'era questo splendido ragazzo alla mia destra e io vestita da dottoressa… era assolutamente fuori di testa, come spot. Era molto bello, era girato un po' come un videoclip: il regista era Erik Keeferghen. Poi ho fatto qualcosa per il Colgate, il mio primo spot. Tutte cosa da cui ho cercato comunque di imparare".

KMX: Su KINEMATRIX abbiamo appena aperto una sezione dedicata ai videoclip: parlaci della tua esperienza in questo settore, dei tuoi registi preferiti…

AC: "In Italia? Luca Guadagnino (vedi intervista su KMX) è un mio carissimo amico, e il suo ultimo video di Elisa è bellissimo! Anche se ho visto solo la prima versione, ma ne esistono due… Io ho lavorato con Francesco Fei (vedi intervista su KMX) e per me è stata una grande esperienza: io poi sono una grandissima amante dei videoclip, non tanto per la musica, ma proprio per una questione di immagine. Mi affascina il modo in cui i registi riescono ad ottenere il connubio di immagini e musica. Mi affascina poi l'essere usata per raccontare un'emozione. Musica ed immagini insieme, anche nei film, creano un valore aggiunto, un'emozione in più".

KMX: Non credi che, in qualche caso, la volontà di inserire la musica provochi danni piuttosto che arricchire l'immagine?

AC: "Ecco, infatti, a volte diventa troppo! A volte, pur di mettere la musica, le emozioni e le immagini sono state offuscate. L'equilibrio, comunque, è difficilissimo… Wong Kar-wai, in questo senso, è un genio: lui, spesso, non usa la musica ma il sonoro, i rumori fisici e questio bastano. Usa la musica solo quando senza, non sarebbe la stessa cosa".

KMX: Stanno per realizzare un film da Il profumo di Peter Suskind. L'hai letto?

AC: "Sì, è bellissimo! Anche dal punto di vista cinematografico. Ci sono dei progetti che è difficile realizzare a partire da un libro: semplicemente perché il libro diventa il tuo film e nessun regista potrà mai rendere la densità di un libro in un film".

KMX: Pensi che il cinema arriverà mai a scegliere di riprodurre anche altri sensi, come l'olfatto, ecc.?

AC: "Io credo che comunque il cinema andrà avanti, qualcosa troveranno. Ho letto che ci sono film per i quali, all'entrata dello spettacolo, viene consegnato qualcosa al pubblico… tipo l'"odorama" anni 50. Tuttavia la macchina più "elaborata", da questo punto di vista, è il nostro cervello: è difficile ricreare quello che, dentro di noi, riusciamo a raccontarci. Il profumo racconta e stimola l'immaginazione: non se se sarà possibile al cinema. Io, quando recito, cerco comunque di far leva su ogni livello sensariole".

KMX: Cosa hai amato del cinema italiano di quest'anno?

AC: "Si è tanto parlato di crisi, ma mi sembra che ultimamente gli autori abbiano avuto molto più spazio e ci sia stato un grosso fermento. Alcuni film, poi, hanno anche ben funzionato: penso a I CENTO PASSI, a PANE E TULIPANI, L'ULTIMO BACIO. Non parlerei più di crisi.

KMX: A proposito di questa contrapposizione, un po' montata, tra Muccino e Moretti…

AC: "Ho una mia visione su quello che può essere il concetto di "generazione": ho la mia esperienza e non significa che il film che io vada a vedere in quel momento corrisponda al mio percorso. Ma non per questo non mi piace: ho ammirato e amato tanti film pur non sentendoli miei. Ma allora tutti "servono": è giusto che ci sia il mondo raccontato da L'ULTIMO BACIO ma anche quello di LA STANZA DEL FIGLIO. Sono comunque registi completamente diversi: io adoro Cuccino e la sua grandezza, anche se gira veramente bene, è nella scrittura dei dialoghi. Ultimamente non ho mai visto niente di simile.

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