Science + fiction

festival della fantascienza

9.na edizione

Trieste, 11 - 16 Novembre 2008

 

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Omaggio a Ray Harryhausen

Ray Harryhausen è indiscutibilmente il maestro degli effetti speciali a passo uno, colui che per decenni con le sue artigianali e ingegnose creazioni ha arricchito il cinema fantastico di fascino, idee, emozioni. A Trieste ha voluto regalarci un’ulteriore magia: non potendo essere presente per ritirare di persona il Premio alla Carriera, tributatogli nel corso di Science + Fiction, si è materializzato (neanche fosse un ologramma di STAR TREK) in videoconferenza, scortato nell’etere dall’amico e collega Tony Dalton, co-autore di testi importanti sul cinema d’animazione e sul variegato universo degli effetti speciali. Ad accoglierli festosamente presso l’Hotel Urban, luogo del virtuale incontro, un plotoncino di giornalisti, con in veste di moderatori il critico Lorenzo Codelli, in rappresentanza della Cineteca del Friuli, e Giuseppe Lippi per Urania.
Ed è proprio da parte della storica pubblicazione di Mondadori, le cui uscite hanno avvicinato alla fantascienza generazioni intere di lettori, che è arrivato per Harryhausen un riconoscimento di prestigio, l’Urania d’Argento. Giuseppe Lippi, nel presentare il premio, si è soffermato volentieri a ricordare l’impatto che ebbe la copertina di Urania con l’immagine del mostro di turno che si stagliava, una volta tanto, non sullo skyline di Tokio o di New York, ma di fronte al Colosseo nel pieno centro di Roma! L’immagine in questione, come gli appassionati avranno di certo capito, è quella di A 30 MILIONI DI KM DALLA TERRA, romanzo pubblicato nella collana a dimostrazione del successo ottenuto dall’omonimo film (20 MILLION MILES TO EARTH, 1957), un cult i cui effetti erano curati, guarda un po’, da un Harryhausen capace di infondere il soffio vitale alla memorabile, terrificante creatura.
Ma l’occasione di aver davanti (seppure in formato bidimensionale) il vispo ottantenne non è stata sfruttata soltanto per tributargli i premi e gli applausi che indubbiamente merita; a partire dallo stesso Codelli, coinvolgendo poi i più interessati tra gli addetti ai lavori assiepati nel pubblico, si è dato il via alle domande e ad altri interventi, per rispondere ai quali Ray Harryausen e Tony Dalton non sono stati certo avari di commenti, aneddoti, ricordi, riflessioni inerenti al cinema fantastico di ieri e di oggi.
In nome della sintesi vi riporteremo solo pochi ma significativi stralci di questo fitto dialogo, che si è protratto a lungo, complice la curiosità dei presenti.

Giuseppe Lippi, tra i primi a farsi avanti, aveva comunque rotto il ghiaccio chiedendo ad Harryhausen un ricordo del suo ispiratore Willis O’Brien, il creatore di KING KONG. Il cineasta ha così raccontato di come rimase impressionato dalla prima visione del capolavoro di Schoedsack e Cooper, esperienza che gli fece scoprire il movimento, dopo che aveva già cominciato da tempo a interessarsi di modellini e diorama. Quando poi Codelli ha rincarato la dose, chiedendogli un’opinione sul remake di Peter Jackson e sull’utilizzo degli effetti digitali in quella ed altre pellicole, sia Harryhausen che Tony Dalton si sono espressi favorevolmente sul conto del regista neozelandese, sottolineando però come il suo lavoro punti in primo luogo sull’elemento spettacolare. Interessante, per chi non ne fosse al corrente, scoprire che Peter Jackson ha anche ospitato sul set di KING KONG il buon Harryhausen, rimasto poi colpito (oltre che dalla calorosa accoglienza offerta dal collega e dalla sua troupe) sia dagli aspetti propriamente tecnici che dalla bellezza delle location individuate, come era avvenuto per IL SIGNORE DEGLI ANELLI, in Nuova Zelanda.
Ancora a proposito della CGI e delle sue applicazioni, Harryausen ha fatto notare una cosa importante, e cioè che gli esiti possono essere anche molto belli, ma rimane pur sempre uno strumento, sono le idee che ci sono dietro a fare la differenza. Nel parlare invece di quanto fosse diverso il lavoro da lui svolto con i modelli di plastilina e con le tecniche di una volta, grande rilievo è stato dato all’aspetto dell’artigianalità, ribadito successivamente ad alcuni interventi del pubblico. Coloro che gli chiedevano un giudizio sull’altro grande cineasta che ha saputo rinnovare l’immaginario fantastico degli ultimi anni, Tim Burton, si sono visti servire una replica non meno rispettosa e all’insegna della stima reciproca, di quella dedicata precedentemente a Peter Jackson. Ma in questo caso Harryhausen ne ha approfittato per aggiungere una notazione, relativa a come lui abbia lavorato molto spesso da solo, in un piccolo studio, per mettere a punto le creature da noi ammirati in tanti film. Mentre oggi i metodi sono enormemente cambiati, al punto che gruppi piuttosto numerosi di animatori si dividono il lavoro, occupandosi magari di un singolo aspetto quale può essere il charachter design o le possibilità di movimento di un personaggio fantastico. Anzi, ad uno spettatore nostalgico che quasi gli rimproverava di aver interrotto l’attività di film-maker con CLASH OF THE TITANS (1981), quando ancora molto avrebbe potuto offrire alla causa (sentimento condiviso in realtà da molti dei presenti), Ray Harryhausen ha risposto con la consueta modestia e sottolineando, in modo scherzoso, come si fosse stancato ad un certo punto di trascorrere gran parte del tempo a lavorare da solo in uno stanzino!
Molti altri aspetti interessanti sono in seguito emersi, tra cui l’abitudine così elogiata dal produttore di THE HARRYHAUSEN CHRONICLES, mister Tony Dalton (che col tempo ne è diventato un po’ il biografo), di conservare quasi tutti i modelli accuratamente, circostanza che ha già facilitato la creazione di una mostra al museo del cinema di Berlino, e che potrebbe portare prima o poi all’istituzione di un museo. Noi, da fan dichiarati, ne saremmo felici.
 

 

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Trieste, 11 - 16 Novembre 2008