Durante la seconda
giornata del Festival del Cinema di Roma, la stampa ha incontrato il grande
regista David Cronenberg. Di seguito un estratto della conferenza stampa e
dell’intervista al celebre regista.
Il corpo e la trasformazione: questo è il tema centrale dei suoi lavori.
Quante altre trasformazioni vedremo in futuro?
Siete buffi con queste cuffie che vi pendono dalle orecchie! Noi esseri
umani siamo in fondo solo degli animali che si immaginano diversi da quello
che sono. E quando noi ci immaginiamo la possibilità di essere altro, spesso
c’è il desiderio che questo possa realizzarsi. Vi sono molte modalità che
utilizziamo per raggiungere questo obiettivo: la religione, varie forme di
espressione culturale... Sì, mi interessa moltissimo questo desiderio di
trasformazione, di andare al di là dell’umano. Ed è vero, è un mio tema
ricorrente, perché mi viene naturale.
Per anni lei è stato accomunato ai registi della nuova ondata americana
di cinema horror, poi è subentrata una specie di mutazione... Un’attenzione
maggiore nei confronti dell’invisibile. Man mano il suo cinema è cambiato,
gli effetti speciali sono diminuiti e tutto è divenuto più mentale. Oggi
come continua a lavorare sulle derive, appunto, invisibili?
Posso dire che non sono mai riuscito a catturare un’immagine
dell’invisibile. In fondo non me ne occupo più di tanto...
è possibile esprimere
qualcosa verso il dialogo, che può accennare a dei concetti astratti che
possono essere filmati. Però la forza di un film sta per lo più nella sua
qualità visiva, quindi servono metafore, equivalenze visive, sono tante le
possibilità che abbiamo. Possiamo ricorrere al linguaggio del corpo, ai suoi
movimenti. Il corpo umano è la cosa principale: io parto dal corpo umano che
è molto fisico, l’essenza di ciò che siamo. Ma devo dire che in realtà non
ho mai riflettuto su questo tema in maniera tattica, io come regista non
riesco a immaginare queste cose in maniera... razionale.
Ha importanza la distinzione tra film popolare e film d’elite o
per lei è la stessa cosa?
La distinzione tra ciò che può essere considerato un film d’elite e
quello che invece può essere considerato un film popolare è ancora una volta
qualcosa sulla quale difficilmente posso esprimermi. Come regista faccio
film per comunicare ad un pubblico usando tutti i mezzi che ho per stabilire
un contatto con esso. Dipende dai film... LA MOSCA è ancora il mio film che
ha avuto più successo al botteghino, ma certo sono ben lontano dai film che
guadagnano 100milioni di dollari. Una volta Oliver Stone mi disse: “Ti piace
l’idea di essere rimasto così marginale?” – e io ho risposto: “Beh, quanto
deve essere grande il proprio pubblico?”. Come regista francamente non penso
in termini di categorie, seguo solo l’intuito.
Abbiamo saputo che sta scrivendo un romanzo e che verrà pubblicato anche
in Italia. è possibile
parlarne e saperne di più?
No! Ho solo scritto 60 pagine fino adesso. Avendo un padre scrittore pensavo
che lo sarei diventato anch’io. Ora ho cominciato a scrivere questo romanzo,
so già che mi pubblicheranno ovunque e per questo sono terrorizzato.
Comunque non sarà affatto un horror o un libro di fantascienza. Ma non posso
dire altro, sono in una fase delicata.
Parlando di trasformazioni: quanto deve essere capace di trasformarsi un
attore per essere considerato bravo da lei?
Beh... Io ho lavorato con moltissimi attori straordinari e ognuno ha il suo
modo di lavorare, la sua metodologia. Il mio compito è far sì che tutti si
sentano legati allo stesso film; non impongo mai il mio modo di lavorare
soprattutto con chi sa già cosa fare. Sul mio set viene concesso
sperimentare, gli attori non devono mai preoccuparsi di essere rimproverati
o altro. Un attore di fatto è un corpo ecco perché gli attori i preoccupano
del loro: dei capelli, degli abiti, del trucco, perché il loro corpo è il
loro strumento, è quello che usano per fare quello che sono. Non si tratta
di una trasformazione magica: è un mestiere e un bravo professionista sa
come ottenere il massimo dalla propria prestazione.
è il motivo per cui non do mai loro delle semplici istruzioni ma
semmai la possibilità di evolvere la propria espressione lavorando con loro.
Per questo c’è un ottimo rapporto.
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