festival int. del film di roma

iii edizione

Roma Capitale, 21 - 31 Ottobre 2008

 

di Anna FERRENTINO

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speciale: twilight

di Catherine Hardwicke
Stati Uniti 2008, 15'

Al Festival Internazionale del Film di Roma, dopo la proiezione in anteprima di 15 minuti del film Twilight (trasposizione cinematografica del libro cult di Stephanie Meyer), gli interpreti Kristen Stewart e Robert Pattison e la regista Catherine Hardwicke hanno risposto alle domande della stampa. Di seguito un estratto dell’incontro.

(Per Robert Pattison) Come hai convinto la regista a sceglierti per questo ruolo?
Non lo so come ci sia riuscito... forse ho fatto esattamente il contrario del personaggio per come viene descritto, forse sono stato solo fortunato... forse dovrebbe rispondere Catherine a questa domanda!

Catherine Hardwicke Abbiamo provinato insieme Robert e Kristen, volevamo capire se ci fosse alchimia, chimica fra loro, come funzionavano insieme. Possiamo dire che siamo stati dei bravi chimici!

(Per Catherine Hardwicke) è stato difficile trarre il film dal libro?
è stato difficile perché il libro è di quasi 500 pagine e condensare le parti più interessanti e paurose in un film beh, è stato davvero impegnativo. Così come impegnativo è dare una maggiore intensità visiva al film rispetto al libro.

(Per Robert Pattison) Edward cambia umore molto spesso. è stato difficile interpretare questo suo aspetto?
Per quanto riguarda i cambiamenti di umore di Edward è proprio ciò che mi ha veramente interessato di questo personaggio. Lui per tanto tempo non ha provato nessuna emozione e poi improvvisamente incontra questa ragazza che gli fa sentire qualcosa di nuovo. Per 80 anni non aveva mai provato amore, interesse, passione e improvvisamente Edward viene travolto da tutti questi sentimenti e questo è l’aspetto su cui ho più lavorato per interpretare questo personaggio. Sono comunque anch’io uno che cambia improvvisamente umore per cui forse è per questo che non mi è venuto poi tanto difficile lavorare in questa parte.

(Per Kristen Stewart) Come descrive il suo personaggio di Bella?
Bella ci dà il punto di vista attraverso il quale noi vediamo la storia. Le persone si identificano con lei. All’inizio della storia Bella è una ragazza molto razionale e solitaria ma quando incontra Edward trova qualcosa di completamente diverso, una forza che va oltre la sua razionalità. Bella è anche molto ingenua ma è pronta a buttarsi perché ne ha bisogno.

(Per Catherine Hardwicke) Quanto gli effetti speciali hanno influenzato la storia?
Noi abbiamo dovuto parlare del primo volume della saga, "Twilight" appunto, e quindi abbiamo dovuto raccontare il fatto che Edward abbia dei poteri speciali come quello di muoversi molto velocemente, saltare più in alto, colpire più forte. Di conseguenza abbiamo avuto necessità di ricorrere agli effetti speciali e alla tecnologia. Ed è stato bello vivere questi momenti “magici”.

Quanto è stato difficile per voi recitare con gli effetti speciali?


RP Francamente non sapevo quanti sarebbero stati gli effetti speciali nel film. è stato difficile lavorare appeso ad un cavo, molto più difficile di quanto pensassi perché non sono uno stuntman.

CH Adesso sì, lo sei diventato!

KS Beh, io mi sono divertita molto a fare queste scene d’azione. Ti trovi davanti ad uno schermo verde e non è facile capire cosa stai facendo. Quindi quando ho poi visto il risultato sono stata la prima ad essere sorpresa, devo dire che l’effetto finale è straordinario.

(Per Catherine Hardwicke) Il tema dell’amore tra un’umana e un vampiro ha sempre mosso il cinema. Come si è confrontata con tanto cinema di questo genere?
Ovviamente questi classici sui vampiri li ho visti tutti ma non ho mai affrontato il mio lavoro cercando di rendere omaggio ad un altro film. Questo tra l’altro è un film comunque molto diverso rispetto alla tradizione: i vampiri vengono visti in un modo molto differente, non si trovano nelle strade buie di Londra, quindi ho cercato di trovare un tono nuovo che corrispondesse alla realtà di questa storia.

(Per Catherine Hardwicke) Secondo lei cos’è che ha fatto di questa storia un fenomeno? I due innamorati qui non possono esprimere pienamente l’amore che hanno l’uno per l’altra: secondo lei questo limite può essere una delle cose che ha attratto così tanti giovani?

Sì, io credo che la tensione sessuale, questa incredibile passione fra i protagonisti siano fondamentali: sappiamo che se lui dovesse avvicinarsi troppo a lei correrebbe il rischio di ucciderla e questo tiene alta la tensione, è una delle cose che piace di più e certamente una delle cose più interessanti della storia e di questo film.
 

pride and glory

di Gavin O'Connor
Stati Uniti 2008, 130'

Dopo la proiezione in anteprima del poliziesco Pride and Glory, il regista Gavin O’Connor e l’interprete Colin Farrell hanno rilasciato una lunga intervista alla stampa che qui di seguito riportiamo.


(Per Gavin O’Connor) Abbiamo letto che lei è figlio di poliziotti e che non ha voluto fare questo film dopo l’11 settembre perché non le sembrava il momento giusto. Può raccontarcelo meglio?
Mio padre era un poliziotto a New York, quindi la cultura che vediamo nel film è una cultura che ho conosciuto fin da bambino. Ho sentito tante storie che mi sono sempre rimaste dentro, quindi quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura avevo tante idee... Non ho voluto fare il film dopo l’11 settembre perché quel giorno io stesso ho perso tanti amici... quella data ci ha cambiati tutti. Scrivendo la sceneggiatura, però, mi è venuta in mente questa idea della corruzione e dopo l’11 settembre questo tema è diventato ancora più importante e significativo per il nostro Paese. Sappiamo che erano tanti gli scandali in corso, c’erano tante istituzioni corrotte, anche al di là della polizia che io conoscevo così bene. Per questo il film affronta questo tema.

(Per Colin Farrell) Lei entra ed esce spesso da questi ruoli di poliziotto. Cosa ha imparato da queste esperienze? E cosa le rimane addosso?
Negli ultimi 10 anni della mia carriera, è vero, ho interpretato molto questo tipo di ruoli “in divisa”, non so come mai in effetti... In genere questi sono personaggi che si muovono in un contesto ben definito, c’è lo stato di diritto che decide ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, lecito o non lecito, però ai margini di questa realtà vi è anche la possibilità di mettere in dubbio queste cose a seconda delle situazioni. Non so cosa ho imparato... di certo non a fare il poliziotto, anche perché non mi piacciono le armi!

(Per Colin Farrell) Il cinema come industria, come macchina, come stile di vita che cosa ti ha insegnato? Cosa ti ha lasciato? Riesci a vederlo ancora con quello stesso entusiasmo che avevi anni fa?
Casomai sono ancora più entusiasta, oggi più che mai. Come tanti attori mi sono ritrovato per caso a fare questo mestiere. Non posso dire che la mia fosse una famiglia particolarmente acculturata, io stesso pensavo solo al calcio fino all’età di16 anni; poi mi sono trovato per caso a fare l’attore e questo mi ha dato l’occasione di aprirmi al mondo come essere umano, con curiosità nei confronti di quello che siamo, dello scopo della vita, se ve ne è poi uno. A un certo punto questa curiosità, questa voglia di continuare a trovare risposte a domande sempre irrisolte è una cosa che si è andata perdendo dentro di me e negli ultimi due anni però invece è tornata, ho ripreso a guardarmi intorno con curiosità, adoro quello che faccio, amo profondamente questo mestiere.

(Per Gavin O’Connor) Questo è un film di genere che però ha un messaggio molto forte “L’unico modo per sopravvivere al caos è dire la verità”. Quanto le importava veicolare questo messaggio?
Se il personaggio interpretato da Norton non avesse mantenuto i propri principi la verità non si sarebbe mai scoperta. L’uomo istituzionale rappresentato dal capo del Dipartimento, voleva invece far prevalere l’istituzione su ogni cosa, appunto, compresa la verità. Io esito sempre a parlare dei messaggi dei film perché quando si va al cinema ognuno di noi porta la propria esperienza, la propria vita con sé in sala e quindi ognuno vede nel film qualcosa di diverso rispetto magari agli altri. Norton è stato per noi il modo per convogliare quel messaggio e cioé che per mantenere fede a se stessi, per potersi alzare al mattino e sentirsi vivi non si può fare altro che quello che ha fatto il personaggio di Edward.

(Per Colin Farrell) Dopo aver interpretato
Alexander c’era il rischio di rimanere intrappolato in quel ruolo, invece ha saputo sempre darci personaggi nuovi e diversi. Quali solo i ruoli che maggiormente le piacciono e che vorrebbe interpretare?
Beh, sarebbe stato difficile continuare sulla traccia imposta da Alexander. L’importante è mantenere una certa varietà e da attore odio l’idea di ripetermi. Devo dire che ho adorato tutti i ruoli che ho fatto, per me sono stati tutti importanti, ogni esperienza è preziosa anche quelle negative. Alexander, ad esempio, mi ha fatto molto male. Il film non è stato accolto bene, così come la mia interpretazione. Per me è stato duro da digerire, ci sono rimasto molto male. Pensavo di aver deluso tanta gente, pensavo dunque che avevo in fondo tradito tanti, anche la storia stessa di Alessandro. C’è voluto un po’ per superare questo trauma, quindi dopo questa esperienza sono tornato un po’ con i piedi per terra, mi sono reso conto che ci possono essere delle battute d’arresto ed è solo da qualche anno che non provo più questa sensazione di sconfitta. Ho ritrovato la purezza e la curiosità d’un tempo per fortuna.

(Per Colin Farrell) Come reputa il mestiere dell’attore? Che rapporto si instaura tra attore e regista? Ci può essere un rapporto di odio/amore?
Non so cosa significa essere attore, sto ancora cercando una risposta a questa domanda. Io adoro la collaborazione che si instaura con un regista. Amo essere portato ad esplorare cose magari nuove, mi piacciono i registi che pongono domande e non danno risposte. Per parlare di Gaven lui ha veramente portato una collaborazione straordinaria. Quattro settimane prima di iniziare le riprese, siamo stati tutti a casa sua, in gruppo, per leggere la sceneggiatura e da lì è nato un dialogo straordinario. Può anche esserci un rapporto di amore/odio, un rapporto sul filo del rasoio, insomma il mestiere dell’attore può anche portarti a momenti di grande vulnerabilità. La cosa fondamentale comunque è la fiducia.

Quando si gira un film con Edward Norton, che ha davvero una brutta reputazione, come si lavora? Voi avete avuto delle difficoltà?

CF Peccato che non ci sia Edward a rispondere!

GO’C Edward l’ho conosciuto bene, sapevo della sua reputazione, però posso dire quello che ho trovato io. Sì, può essere a volte una rottura di coglioni, scusate, ma lui lo fa perché è un uomo di cuore, non è che gli piace rompere tanto per il gusto di farlo. Noi diventavamo pazzi a volte, a volte mi veniva voglia di torcergli il collo ma comunque ci siamo sempre rispettati anche perché Edward fa così solo perché ci tiene. Tiene molto a quello che fa, è uno che apporta ad un progetto le sue idee, la sua intelligenza. E se non uno non è sicuro, non è preciso su quello che vuole allora sì, possono nascere dei problemi. Però è uno che lo chiami la domenica sera all’improvviso per provare e lui non fa una piega: si alza e viene a provare. Alla fine preferisco una persona a cui interessa un progetto e magari ti rompe che uno a cui non gliene importa nulla.
 

EASY VIRTUE

di Stephan Elliott
Gran Bretagna 2008, 96'

Dopo la proiezione del bellissimo Easy Virtue al Festival Internazionale del Film di Roma, i protagonisti Jessica Biel e Ben Barnes, il produttore Barnaby Thompson e il regista Stephan Elliott hanno risposto alle domande dei giornalisti in conferenza stampa. Di seguito, un estratto dell’incontro.

(Per Barnaby Thompson) Come è nato questo progetto? E in che relazione è con il precedente film di Hitchcock?
Quando mi sono trovato davanti questo progetto l’ho trovato subito molto interessante per questo tema, quello dell’incontro con le suocere, che in fondo è un argomento che interessa tutti. E per realizzarlo chi mi sono andato a cercare? Un australiano, santo cielo! Che ero sicuro avrebbe dato una nuova freschezza a questo film. Per quanto riguarda Hitchcock, il suo era un film muto, impossibile fare un confronto. Certamente quello non fu il suo miglior film, era ancora troppo giovane, non era ancora diventato il regista che noi conosciamo.

Quanto vi ha divertito una commedia del genere, così sofisticata e così rara?

Jessica Biel Beh, queste commedie sono rarissime, ecco perché mi ha attirato questa proposta. Ne ho fatte poche di commedie, certamente mai di così intelligenti, lavorare con Stephan è stato eccezionale. Sapevamo che avrebbe fatto qualcosa di pazzesco, di veramente nuovo.

Ben Barnes Io sono un giovane attore britannico e il 50% delle sceneggiature che ti mandano riguardano queste storie molto serie, in costume, mentre invece ho amato molto questa commedia antiromantica...si all’inizio ci sono i baci, i tramonti, dopo di che si scatena l’azione. Francamente è stata un’occasione da non perdere, ed è bene cercare sempre di dare qualcosa di nuovo, di diverso.

(Per Stephan Elliott) Come avete lavorato sulla sceneggiatura che è ricca di dialoghi strepitosi, di battute folgoranti ma anche di molte cose non dette?
L’opera di Coward inizialmente era un melodramma; non era neanche particolarmente divertente, era abbastanza drammatico come soggetto. Quindi insieme al co-sceneggiatore abbiamo fatto degli innesti veri e propri, come il can can o la scena del cane, per rendere più moderna l’opera teatrale di Coward. Ci sono state anche molte improvvisazioni da parte degli attori, è stato un cast molto fortunato.

(Per Jessica Biel) Spesso le sue colleghe si lamentano del fatto che a Hollywood non trovano ruoli femminili molto forti, centrali, e sono spesso richieste solo per ruoli “spalla”. Lei condivide questa preoccupazione? è un caso che sia dovuta andata in Inghilterra per trovare un ruolo femminile così bello?

Certamente è giusta questa preoccupazione per le donne di qualunque età nel cinema. Ti chiedono sempre di fare un ruolo da non protagonista, da spalla, e i ruoli femminili interessanti e complessi a più livelli sono rarissimi e sempre attribuiti alle “prime attrici” della classifica. Sono sicura che questo accade a molte, comunque in genere non sono ruoli che vengono offerti a me, insomma. è ironico dunque che sono dovuta andare in Gran Bretagna? Beh, forse sì. Questo è davvero un problema.

(Per Jessica Biel) Lei è stata denominata “l’attrice più sana al mondo”. Curioso... Cos’è che la rende così sana?

Innanzitutto questa è la cosa più noiosa al mondo, essere considerata l’attrice più sana al mondo, nessuno pensa che sia “fico”, nessuno riesce a spiegarselo. In compenso mi hanno tutti preso in giro per questa etichetta. Non so cosa significa: sì, la salute per me è importante, faccio atletica, ho una vita sana, forse è per questo.

Quando un film gioca così tanto con i cliché britannici che piacciono tanto all’estero, che tipo di accoglienza hanno poi invece in patria?

BB Beh, ancora non l’hanno visto gli inglesi, quindi è difficile dirlo. Non so quale potrà essere la loro reazione. Ho l’impressione comunque che alla gente non piaccia più l’idea dell’immagine tutto d’un pezzo degli inglesi, noiosi – essendo inglese posso dirlo – e credo sia bello invece prendersi un po’ in giro, prendere in giro i cliché. Alla fine penso piacerà quest’idea che tutto sommato non li battono gli americani questi inglesi. E poi l’umorismo qui è tale da far sì che questo verrà accettato. La Gran Bretagna è pronta, credo.

SE In Inghilterra il film uscirà domani e... sono terrorizzato, per essere onesti!

BT Io sono tranquillo, perché posso sempre dare la colpa all’australiano... oppure all’americana, quindi ho la possibilità di nascondermi dietro di loro!
 

HIGH SCHOOL MUSICAL 3

di Kenny Ortega
Stati Uniti 2008, 113'

Al Festival Internazionale del Film di Roma, il cast di High School Music 3, (rappresentato per l’occasione da Ashley Tisdale e Corbin Bleu) e il regista e coreografo Kenny Ortega hanno rilasciato una lunga intervista in conferenza stampa. Di seguito un estratto dell’incontro.


(Per Corbin Bleu) Quale dei tre film High School Musical preferisci e perché?
Beh... è piuttosto difficile rispondere perché ogni film è stato un’esperienza straordinaria. Il primo è come... il primo giorno di scuola, il secondo è come ritrovarsi, il terzo siamo tutti cresciuti, di fatto è un omaggio ai primi due. Quindi è piuttosto difficile sceglierne uno invece di un altro.

(Per Ashley Tisdale) Come sei riuscita a raggiungere il successo così velocemente?
Per quanto mi riguarda è da quando avevo 3 anni che lavoro in questo settore. Desideravo il successo ma ho sempre lavorato sodo, ho fatto scuola di recitazione, volevo fare l’attrice. Bisogna faticare tanto e lavorare con impegno, soprattutto amare quello che si fa.

(Per Kenny Ortega) Come è stato il passaggio dalla tv al cinema?
Quando ho fatto il primo High School Musical la mia speranza era appunto di essere notato come regista se avessi fatto un buon lavoro ma onestamente non avrei mai pensato che High School Musical sarebbe diventato il successo incredibile che è oggi. Ci abbiamo messo ambizione e passione, ci siamo sempre sentiti stimolati e progettato in modo da ottenere sempre migliori risultati. E così alla fine è stato.

Quali sono state le difficoltà maggiori di questo musical?
 

KO I tempi che ci vengono dati sono davvero molto molto faticosi e impegnativi. La sfida principale di High School Musical è il tempo, la lotta contro il tempo.

AT Per me la parte più dura è stata ballare. All’inizio ero davvero molto poco coordinata ma poi mi hanno aiutato e sono migliorata. Naturalmente è un lavoro molto duro, ci sono delle sere che abbiamo i vestitini corti e sul serio si muore dal freddo, ricordo che a volte capita che non riesci più a sentirti i piedi, però si fa perché è bellissimo ed entusiasmante. C’è passione e chimica, è divertente ma anche molto faticoso. è entrambe le cose.

CB Se ti capita che senti che ti stanno costringendo a fare qualcosa allora hai scelto il mestiere sbagliato perché in questo lavoro devi davvero dare il massimo anche quando ti senti stanco e pensi che non ce la fai più. è lì che devi reagire e provare di nuovo. Il cinema è questo.

(Per Ashley Tisdale) In futuro seguirai più la carriera di cantante o attrice?

Mi piace moltissimo sia cantare che recitare...non posso scegliere. Spero nel futuro di riuscire a perseguire entrambe le strade.

(Per Corbin Bleu) In High School Musical sei il migliore amico di Troy. Nella vita invece che rapporto avete?
Siamo tutti davvero fortunati. In molti cast tutti dicono di essere amici ma poi, spenti i riflettori, si odiano. Per noi davvero non è così: ci vogliamo tutti bene come fratelli e sorelle, quindi il mio rapporto con Zac è vero, siamo molto amici anche nella realtà.

(Per Ashley Tisdale) In questo momento in Italia gli adolescenti vengono descritti in maniera un po’ drammatica. Voi invece siete tutti un modello positivo. Sei cosciente di questo? Ti senti una qualche responsabilità in merito?
Sì, mi rendo conto di questo fatto. Io ci sono andata a scuola, ho visto ragazzi che hanno a che fare con la droga eccetera. Ma io non bevo, non fumo, è una mia scelta personale; non sento di essere un modello, non sento pressione in questo senso. Sono quello che sono, è inutile fingere, il fatto che i fan mi vedano con un modello da imitare piuttosto mi lusinga, non è una pressione, ne sono felice.

Quali sono i vostri progetti futuri?

 

AT Io ho un secondo album che sto registrando e che uscirà probabilmente entro la fine dell’anno, poi un film per la Fox che uscirà il 31 luglio.

CB Per quanto mi riguarda ho appena prodotto un film insieme a mio padre che uscirà a gennaio negli Stati Uniti e che parla di motocross. Anch’io poi sto lavorando al mio secondo album, con un sound molto diverso dal primo.
 

appaloosa

di Ed Herris
Stati Uniti 2008, 119'

Dopo l’applauditissima proiezione del film “Appaloosa” al Festival Internazionale del film di Roma, Ed Harris, Viggo Mortensen e lo sceneggiatore Robert Knott hanno risposto alle domande della stampa in merito al film e al lavoro che hanno svolto.
Di seguito un estratto dell’intervista.



(Per Ed Harris) Quali sono i film western che ama di più? Ce n’è stato uno in particolare al quale si è ispirato, che ha tenuto in mente come modello per Appaloosa?
Certo, ho guardato moltissimi film western ma non mi viene in mente un titolo particolare che mi sia servito da modello. Certamente per me ci sono tantissimi film importanti... C’era una volta il West, per esempio, ma devo dire tanti altri. Comunque tutti film basati proprio sulla forza del personaggio, questo mi ha ispirato.

(Per Viggo Mortensen) Com’è il suo rapporto con Ed Harris dopo aver già lavorato con lui in altre occasioni?
è stato molto piacevole lavorare con Ed in passato e anche il rapporto tra di noi va benissimo. Non siamo affatto nemici, quando è venuto fuori il progetto di Appaloosa l’ho trovato subito interessante, un film molto basato sulla forza dei personaggi. Una cosa che mi piace davvero di questo film è proprio il racconto, la storia di questi uomini, del ranch, dell’infelicità. Mi vengono in mente tanti film che trattano il tema della fine di un periodo e l’inizio di una nuova era. Questo argomento mi affascina molto. Tutto cambia, questo è un po’ il senso del film, e bisogna imparare ad adattarsi.

Questo film si rifà, lo abbiamo detto, agli elementi classici e tradizionali del western. Ci sono però due elementi più moderni rispetto al passato: l’ironia e la figura femminile che non si era mai vista così, diciamo, spregiudicata. Qual è il vostro commento in proposito?
 

EH La sceneggiatura che Robert e io abbiamo scritto è basata sul romanzo di Parker e probabilmente l’85 per cento dei dialoghi sono presi direttamente dal libro. L’ironia, il senso dell’umorismo così asciutto tra i due personaggi viene dal lavoro di Parker, dunque. Noi ci siamo limitati ad aggiungere qualche elemento di Viggo e di Jeremy Irons... Per quanto riguarda il personaggio di Allison è vero, è un personaggio particolare. Abbiamo avuto la possibilità di raccontare una donna di quei tempi, una donna rimasta sola nel mezzo del nulla, ma non volevamo che fosse una “vedova nera” o una vera e propria prostituta ma semplicemente una donna che in qualche modo se la deve cavare e deve riuscire ad andare avanti... Trovo che questa sia l’originalità del personaggio.

Voi siete entrambi noti per ruoli molto drammatici. Quanto vi piace invece la commedia e quanto avreste voluto lavorare di più in questo genere? Quanto, insomma, è importante per voi l’ironia?

EH Uno dei miei attori preferiti è Paul Newman, proprio per il suo senso dell’umorismo. Certo, mi sarebbe piaciuto avere più ruoli... non stupidi, per carità, ma ruoli con un’ironia sofisticata. Sarebbe stato molto stimolante, tra l’altro io penso di essere una persona abbastanza divertente...
 

VM La vita è divertimento, basta prestare attenzione. La vita ti fa sempre ridere quindi visto che il senso dell’umorismo esiste nella vita deve esistere la stessa cosa anche nei film.

Come avete creato i dettagli di questi personaggi?

Robert Knott Tutti noi siamo molto umani e una delle cose che forse secondo noi è mancata in tanti western è proprio il fatto che non c’è umorismo. Una delle cose più importanti, invece, dei nostri personaggi è proprio il fatto che il loro rapporto è diverso, non so... come due amici di oggi che si conoscono benissimo, da sempre e parlano anche solo con gli sguardi. Il resto, poi, lo hanno fatto gli attori attraverso gli abiti, il modo di camminare, la cura maniacale dei dettagli.

Sembra che i western siano tornati sulla scena dopo anni di assenza. Cosa ne pensate? Come mai oggi i western vivono questo grande ritorno? I cowboy erano gli eroi di un tempo, oggi abbiamo ancora bisogno di eroi?

EH Sì, abbiamo bisogno di eroi, soprattutto in America. Abbiamo tutti un certo rispetto per i western, per questo modo di vivere semplice e diretto con le persone. Non so se si tratta di revival ma credo che i western facciano comunque parte della nostra cultura e della storia del cinema. Tra l’altro, parlando di eroi, mi viene in mente che oggi abbiamo Sarah Palin. In fondo, chi è più eroica di lei?
 

l'uomo che ama

di Maria Sole Tognazzi
Italia 2008, 102'

Al Festival del Cinema di Roma è presente, nella sua seconda giornata, il cast del film L’uomo che ama, la regista Maria Sole Tognazzi e Carmen Consoli, autrice della colonna sonora del film. Di seguito un estratto dell’intervista che hanno concesso alla stampa.


Il tema dell’amore è un tema molto sfruttato cinematograficamente, ma in questo film si vede qualcosa che non si vede spesso, cioè “un uomo che piange”...

Maria Sole Tognazzi: Il film è nato dalla mia voglia di raccontare i sentimenti attraverso l’uomo perché non solo le donne soffrono per amore, ma anche gli uomini. Per questo ci tenevo e mi piaceva l’idea di mostrare, di mettere a nudo le pene e i tormenti di un uomo che ama.


Pierfrancesco Favino: A me è capito di vivere nella realtà un dolore simile e credo che sia capitato a molti dei miei amici o degli uomini qui in sala. Solo che non si racconta. Io mi sono trovato bene nei panni di questo soggetto, forse proprio appunto perché è una cosa che ho vissuto sulla mia pelle.

(Per Monica Bellucci) Oltre alla sua bellezza, lei ha fatto dei corsi di recitazione? E ancora oggi continua a studiare?
Certamente, come tutti gli attori ho fatto corsi di recitazione e di dizione. Il mio è un lavoro continuo anche perché essendo un’attrice internazionale lavoro con molte lingue: l’inglese, il francese, l’italiano... Questo ruolo mi è piaciuto molto non solo perché ho lavorato per un’amica, Maria Sole Tognazzi, ma anche perché il mio personaggio è una donna ordinaria che seppure ha tutto ed è bella non viene più amata dal suo uomo e viene lasciata. Come capita a tutti.

(Per Monica Bellucci) Quanto è difficile e ingombrante essere Monica Bellucci?
Ingombrante no. Io sono una donna che lavora, ha un figlio, una famiglia. Mi sento normale, una donna con dei problemi come tutte. è lo sguardo degli altri che mi fa e mi vede diversa. Anche per questo mi è piaciuto interpretare il mio ruolo in questo film: quello appunto di una donna come tutte le altre. Maria Sole mi conosce bene.

(Per Maria Sole Tognazzi) Come è stato lavorare con Carmen Consoli sulla musica?
La collaborazione con Carmen è stata una delle cose che mi ha emozionato di più. Io e Carmen siamo amiche e avevamo già lavorato insieme in un suo videoclip. Carmen non ha scritto le musiche solo alla fine del film come spesso si fa. No, lei ha letto la sceneggiatura e ha subito iniziato a comporre. Questo è stato importante anche per gli attori che hanno potuto ascoltare da subito le prime note e dunque entrare nell’atmosfera che si stava creando. Il lavoro è stato dunque fatto insieme, io sono anche andata da Carmen in Sicilia. Il dialogo è stato insomma costante e straordinario.

Carmen Consoli Questa è la mia prima colonna sonora per un film per cui sono molto felice. Sono subito entrata nell’idea di questo film... Ho lavorato sui sentimenti, immaginando quest’uomo che soffre, seguendo le indicazioni di Maria Sole. Ho avuto il privilegio di conoscere il sottotesto dell’intero film, grazie anche alla mia amicizia con lei e dunque è stata davvero un’esperienza che mi è servita molto. Adesso L’uomo che ama è anche dentro di me. Sono diventata una donna che ama l’uomo che ama...

(Per Pierfrancesco Favino) Gli uomini soffrono, ma al cinema non si vede. E anche nella vita reale non si confidano, specie per quel che riguarda le pene d’amore. Lei, da uomo, ci aiuta a capire perché?
Non è vero che i film non hanno mai raccontato la sofferenza degli uomini, magari lo hanno fatto solo con modalità diverse che comunque rispecchiavano questa idea dell’uomo forte e “macho”. Credo comunque che le cose siano già cambiate da tempo. è vero che le confidenze in genere si fanno fra persone dello stesso sesso, io sono circondato da amici che mi chiamano e mi dicono “Vieni qui che sono a pezzi”. Che poi è normale se pensiamo che tutti noi deriviamo da Dante... uno che in fondo diceva “Io non ce la faccio, questa è fichissima... L’ho vista in chiesa, m’ha guardato! M’ha salutato!” come Catullo e tanti altri.

(Per Ksenia Rappoport) Sei stata scoperta due anni fa da Tornatore con La Sconosciuta. Poi per te sono arrivati tanti ruoli e tanti premi. Come è cambiata la tua vita da allora?
Per me è molto strano... Non so come mai ho meritato tutto questo amore che sento. Sono felice e mi sento davvero molto fortunata ad avere tutte queste nuove, grandi opportunità.

(Per Ksenia Rappoport) Qual è la differenza tra i registi italiani e quelli russi?
Non c’è differenza. Le Nazioni non c’entrano, quel che conta sono le persone. Comunque, anche se ultimamente non ho molto tempo, non voglio rinunciare a lavorare anche in Russia, a teatro, come ho sempre fatto.
 

8

di AAVV
Francia 2008, 103'

Grande attenzione alla conferenza stampa del docu/film 8, svoltasi durante la seconda giornata del Festival del Cinema di Roma. Davanti ad una sala gremita di giornalisti parlano del film i suoi produttori e la maggior parte dei registi degli 8 episodi, tra cui Wim Wenders, Jane Campion, Gael Garcia Bernal e Mira Nair, autrice del racconto cha ha causato il ritiro della firma dell’Onu da questo progetto.

Di questo scandalo ci parlano proprio i produttori di 8 e la stessa Nair, la quale racconta “Non mi hanno nemmeno permesso di avere uno scambio, un colloquio, di poter parlare di cosa avesse potuto scandalizzarli così tanto del mio episodio”.

“L’Onu ha avuto paura dell’Islam” dichiarano i produttori del film.

L’episodio di Mira Nair tratta l’argomento della parità delle donne raccontando la vicende di una donna musulmana che decide di lasciare il marito per un altro. “La libertà è un diritto di tutti," - continua Nair in conferenza stampa, - "ma questo non vuol dire che arrivi sempre come un regalo infiocchettato. A volte la libertà può costare cara ed è un fatto che vale per tutti. Questo voleva esprimere il mio episodio”.

Le Nazioni Unite però non hanno sentito ragioni. Non avendo ottenuto il ritiro dell’episodio condannato, hanno deciso di tirarsi fuori dal progetto e addirittura di osteggiarlo al Festival di Cannes e non solo.

“Noi però andiamo avanti," - continuano i produttori francesi di Huit, "Siamo richiestissimi da tutti i Festival e speriamo che anche senza l’appoggio dell’Onu tutti riescano a vedere questa nostra produzione”.

Incalza Wim Wenders portando la discussione più in generale: “La verità è che le singole persone, che tra l’altro hanno dimostrato grande generosità, ad esempio con l’utilizzo del sistema del microcredito, non possono risolvere il problema se non saranno i governi in prima persona a impegnarsi affinché le cose cambino".

E Wenders conclude con una vena di pessimismo: "I governi sono egoisti. Sono certo che dopo la grave crisi finanziaria che ci sta colpendo le cose andranno anche peggio. Diventerà l’ennesima scusa per tralasciare quella parte di mondo che ha bisogno del nostro aiuto e finirà come sempre: che a pagare davvero saranno solo i poveri".
 

 

festival int. del film di roma

iii edizione

Roma Capitale, 21 - 31 Ottobre 2008