romafictionfest 2007
Roma, 02/07 luglio 2007
 

di Gabriele FRANCIONI


ANthonY la paglia
Lampi affilati sul mestiere d’attore

Australiano di nascita, ma d’origine italica, La Paglia è un caso anomalo di anti-star sempre sottotraccia, formatosi sulle assi durissime dell’Off Broadway, dopo essere transitato dal bancone del bartender attiguo al teatro di fama.
Potenzialmente perfetto per la crew di attori scorsesiani, volendo anche un po’ Soprano, eccede appena in fisicità alla Russel Crowe: è quindi un ibrido di difficile collocazione, costituzionalmente lontano da stereotipi hollywoodiani di sorta.
Al di là dei suoi lavori televisivi, per noi è l’imago di LANTANA, sommesso capolavoro del 2002 visto da pochissimi, tutto mezze misure e minimalismo recitativo.

A Roma, in conferenza stampa, offre una lezione d’attore senza esposizione di metodi, anche se lui stesso si è formato all’Actor’s Studio, ma solo per l’interessamento indefesso di una agente della vecchia scuola, cioè portata a coltivare talenti e seguirli, invece di tenere il filo diretto solo con gli Studios.
Il modo piano di esporre di La Paglia è lo stesso di quando è sul set, con una loquacità a basso volume ma imperterrita, che ci regala diversi aneddoti sull’ambiente infestato da star prive di talento, ma costantemente on the screen.

Lucido e affilato quando parla dei colleghi più giovani, descritti come personalità senza un passato, privi di struttura e la cui immagine pubblica è tutta sovrastrutture mediatiche concepite a tavolino da altri (costoro non saprebbero condurre allo stesso modo una conferenza stampa, un po’ perché privi di argomenti, un po’ perché mossi come burattini dal sistema degli agenti).
Ci svela come il “Grande Fratello” - e, aggiungiamo noi, tutta una serie di idiozie da MTV del pomeriggio in stile fintissimi reality per giovani decerebrati - produca danni anche negli Stati Uniti e sia ormai il punto d’ arrivo per una Generation Zero nata già al capolinea.
“Work-work-work-work” è l’insana ed eretica ricetta suggerita da Anthony il Placido Grande Attore, che conclude il suo excursus senza tralasciare i quasi coetanei - tra tutti cita Tom Cruise - osservando come gli siano incomprensibili anche le isterie da crisi di quasi-mezza-età (ma dovremmo citare anche Tom Hanks, Meg Ryan, Sharon Stone e altri minori, come Ashley Judd) di chi vede declinare la propria carriera.
“Sì, ma dopo vent’ anni di successi continui!”, osserva, quasi a sottolineare la natura fisiologica di un decadere progressivo e inevitabile, dopo vette più o meno artefatte.
Messaggio criptato: meglio una lunga, sana carriera di mezzo che i centri di recupero, le disintossicazioni, le camere d’ albergo sfasciate, il lifting compulsivo, la lama tagliente del gossip, i matrimoni in vitro in stile Katie Holmes, etc.
 

 

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