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BONSAI
di Filippo Clericuzio
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Credo,
come molti altri cineasti, che il cortometraggio sia uno
strumento decisivo per creare una nuova generazione di
registi
Il corto rappresenta oggi un po quello
che un tempo era il documentario, la forma di cinema sulla
quale si sono formati tutti i più grandi registi
della mia generazione: Antonioni, Zurlini, Maselli...
io stesso così ha esordito Gillo Pontecorvo,
ospite di lusso nella serata di sabato 7 luglio in occasione
della premiazione dei corti in concorso al festival MAREMETRAGGIO
di Trieste, sintetizzando magnificamente il senso di una
manifestazione che vuole porsi come avamposto sulle nuove
realtà italiane e che pone tra i principali obbiettivi
quello di dare visibilità ad un genere minore ed
un po bistrattato. Giunto alla seconda edizione,
il Festival ideato ed organizzato da Maddalena Mayneri
ambisce a diventare, come ci tiene a precisare lorganizzatrice,
una sorta di Notte degli Oscar del corto italiano,
in virtù della sua formula di selezione che ammette
in concorso soltanto opere che si siano distinte ed abbiano
vinto premi in altre manifestazioni della penisola. In
sostanza una occasione per vedere o rivedere il meglio
del meglio del cinema corto in Italia oggi, almeno nelle
intenzioni. E le proiezioni non hanno sicuramente deluso
le aspettative del pubblico accorso numeroso, anche di
quello più distratto e disposto a fare la fila
per diversi minuti davanti al Cinema Ariston, larena
delle proiezioni, più per la presenza di qualche
ospite importante (molti dei quali VIP televisivi come
Luana Colussi o Platinette), o perché attratto
dal clima assai mondano che ha fatto da contorno alla
manifestazione, che per una reale ed improvvisa infatuazione
estiva per i corti.
C'erano
alcune opere molto interessanti in gara, a cominciare
dal vincitore dellOscar (e annesso premo
di venti milioni di lire) ovvero BONSAI di Filippo Clericuzio
in arte Ilabeka, (friulano di Latisana che ora vive a
Parigi) una miniraccolta di cortissimi che utilizzando
linguaggi diversi (tra cui possiamo ricordare lo stile
videogame di «Shiva versus Cariddi», la pseudo-intervista
di Colomba, la video-arte di Scintille
di passione) costruisce con pochissimi mezzi produttivi
un collage alternato di immagini tra lironico, il
paradossale, il visionario e il minimale. Il premio per
il miglior soggetto è andato al corto PICCOLE COSE
DI VALORE NON QUANTIFICABILE di Paolo Genovese e Luca
Miniero; il film che ha raccolto i maggiori consensi di
pubblico è un dramma travestito da commedia surreale
che narra la storia di una giovane che si presenta alla
stazione dei carabinieri per denunciare il furto dei propri
sogni, con un finale shock che però
ne scardina il registro leggero aprendolo ad una tragica
ed attuale realtà. Forse quello di Genovese e Miniero
era il più meritevole dei film visti in concorso
ma a suo sfavore ha probabilmente anche giocato una gaffe
clamorosa della Mayneri che contravvenendo ad una regola
fondamentale si è lasciata andare, microfono alla
mano, ad uno sproloquio di osanna per il corto subito
dopo la sua proiezione e a concorso non ancora terminato,
mettendo così decisamente in imbarazzo la giuria
(composta da Fabio Visca, Giorgio Basile, Paola Ermini,
Silvio Danese, Massimo Costa, Jonis Bascir, Emilio Bonuzzi
e dalla monella Anna Ammirati). Per un festival
in cui ai registi selezionati veniva impedito di distribuire
al pubblico del materiale promozionale relativo alle loro
opere per non influenzare il giudizio della giuria,
è sembrato uno scivolone di non poco conto.
Da
segnalare, tra le altre opere, PULPUREO di Valentina Bersiga,
basato su un recitativo tratto da «Pulp» di
Charles Bukowsky e costruito su unestetica di contaminazione
tra cinema e videoclip; il divertentissimo UNO SU SEICENTO
MILIONI di Maurizio Fei, tragicommedia sugli scherzi del
calcolo delle probabilità e sulla mania per il
Superenalotto; ALICE DALLE 4 ALLE 5 di Gionata Zarantonello,
con Piera Degli Esposti nella parte di una madre ossessiva
e Veronica Piras nel ruolo di figlia a ore
;
il visionario e tecnicamente notevole AMAMI di Guglielmo
Zanette, fiaba onirica girata in Friuli con un discreto
budget; MONNALISA di Matteo Del Bò, prodotto dalla
Scuola Nazionale di Cinema.
Il
Premio Kodak per la miglior fotografia è andato
a Luca Bigazzi per il corto PER SEMPRE di Chiara Caselli,
la storia della fuga damore di due ragazzini di
sei anni raccontata attraverso lo sguardo dei due protagonisti.
Bigazzi è un tecnico di bravura indiscussa, ma
con che logica assegnare a lui, in una manifestazione
come questa, i 2500 metri di pellicola di premio piuttosto
che a qualche bravo emergente? Piccoli misteri sotto le
stelle della "Notte degli Oscar" di Trieste.
Loris SERAFINO
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