MAREMETRAGGIO
Festival Nazionale de Cortometraggio

Trieste 4-9 Luglio 2001

a cura di Loris SERAFINO



Chiara Caselli


IL DESIDERIO DI RACCONTARE

intervista a Chiara Caselli regista
del corto in concorso PER SEMPRE


A Trieste abbiamo avuto la possibilità di avvicinare la giovane ma già affermata attrice che con con grande disponibilità si è offerta di parlarci dl suo primo cortometraggio PER SEMPRE, la piccola storia d'amore di due ragazzini che decidono di fuggire insieme, ma anche della sua esperienza dietro la macchina da presa e dei prossimi impegni


KINEMATRIX: Chiara, come è nata l’idea di “Per sempre”?

CHIARA CASELLI: "Lo spunto del film mi è venuto leggendo qualche anno fa un trafiletto sul correre che parlava di due bambini di sei anni che effettivamente avevano fatto una fuga d’amore. Da li si è sviluppata una storia e poi la sceneggiatura del film".

KMX: E’ stato accolto molto bene?

CC: "Sì, è stato molto amato. Ha avuto diversi riconoscimenti, il Nastro d’Argento, un premio a New York, San Benedetto del Tronto, e adesso qui vediamo come andrà. Sono molto soddisfatta del risultato anche se ora non ce la faccio più a rivederlo, vi trovo troppi difetti".

KMX: Nel film i protagonisti sono i due bambini, ma è tutta la storia che è raccontata attraverso gli occhi dei giovani protagonisti. Nella scena finale i due ragazzini si dichiarano amore eterno. Cosa ti interessava esprimere con questa storia, forse raccontare una forma di purezza di sentimenti che poi si finisce col perdere crescendo?

CC: "Diverse cose. Nella scena finale i bambini prima si dicono ti amo e ridono perché è una cosa che anno sentito alla televisione e mentre la dicono gli viene da ridere. Quando però la bambina dice in primo piano stretto “io ti amerò per sempre” non lo dice ridendo. Volevo far dire ad un attore una frase così assurda e meravigliosa allo stesso tempo come io “ti amerò per sempre”, e solo facendola dire da un bambino mi sembrava che fosse in un certo senso “assoluta”. Non è che crescendo la qualità di certi sentimenti sia meno pura, ma si impara, per fortuna o per sfortuna, a “relativizzare” il sentimento amoroso che però vive anche di assoluto. Il “ti amerò per sempre” che può dire un adulto può essere altrettanto sincero ma è comunque sempre conscio della finitezza del sentimento e quindi non possiede le stesse valenze di quando questa frase viene pronunciata da un bambino. Ma poi volevo anche sperimentare la paura come la senti a quell’età, una paura cieca, assoluta, come nella scena in cui il bambino cerca di attraversare la strada o quando si perde nel bosco".

KMX: E’ stato difficile lavorare con i bambini?

CC: "Al contrario è stato bellissimo. La cosa difficile è stata fare il casting, che ho cominciato prima di ancora di avere la certezza sulla produzione. Ho iniziato tre mesi prima di girare perché non appena la produzione ci avesse dato il suo ok volevo essere sicura di avere il cast giusto. Ho cercato parecchi, nelle agenzie, nelle scuole tra amici e conoscenti. Lavorare con i bambini è un piacere immenso. La cosa importante era riuscire a trovare le facce giuste, quelle adatte al ruolo, senza le quali non se ne sarebbe fatto nulla".

KMX: Dopo diversi anni da attrice hai deciso di passare dietro la macchina da presa, parlaci di questa esperienza?

CC: "La voglia di passare alla regia è nata anni fa, un poco alla volta, perché sentivo il bisogno di raccontare una mia storia, di dare una forma al mio sguardo e raccontare da un altro punto di vista che non sia quello dell’attore, che racconta un personaggio non suo e lo fa con il proprio corpo. Sentivo la necessità di raccontare in modo più compiuto e la via naturale, dopo dieci anni di cinema e era ovviamente di passare alla regia.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato nel nuovo ruolo".
La cosa più difficile è imparare a gestire la rete complicata di rapporti umani. Un film è fondamentalmente un’opera collettiva che mette in forma l’idea di una persona che è il regista, il quale però necessita di tutta una sere di collaboratori. E forse la cosa più difficile inizialmente è fare in modo che i miei collaboratori facessero quello che volevo ma si sentissero stimolati. Anche se devo dire che le persone con cui ho lavorato sono state tutte meravigliose e comunque persone che già conoscevo o con cui avevo lavorato in precedenza, da Gianni Silvestri lo scenografo, che è un mio caro amico, alla costumista Antonella Cannarozzi con cui avevo già lavorato ad un film qualche anno fa, a Bigazzi e così via. Tutte persone che sono riuscita a convincere e con cui ho lavorato bene anche perché le conoscevo già".

KMX: Eri esigente nei confronti dei tuoi collaboratori sul set?

CC: "Sicuramente non avevo un atteggiamento tirannico. La mia idea, e almeno ci proverò nel mio prossimo lavoro, e di riuscire a tirare fuori il meglio dai miei collaboratori trattandoli così come io vorrei essere trattata. Io nelle mie esperienze da attrice ho bisogno di una certa libertà espressiva, ma anche della stima del regista e della sua curiosità nei miei confronti e in ciò che posso proporre, e reciprocamente ho bisogno di stimarlo. Rispetto e stima reciproca quindi. Mettendomi dall’altra parte mi piacerebbe avere con i miei collaboratori quel tipo di rapporto che io vorrei avere con il mio regista".

KMX: E dopo il corto, un lungo?

CC: "L’idea è quella, ho iniziato a scrivere il trattamento per un lungometraggio. Ma non intendo dedicarmi solo alla regia. Amo molto recitare e intendo continuare a farlo. Ho appena finito di recitare in un film per la televisione, girato questo inverno proprio qui a Trieste e in Croazia e ho partecipato all’ultimo film di Liliana Cavani, regista che stimo tantissimo e con cui avevo già girato DOVE SEI, IO SONO QUI sette anni fa. Il film si intitola IL GIOCO DI MISTER RIPLEY, ed è incentrato sul personaggio ideato della Highsmith e da cui avevano gia tratto il film di Minghella. Sul set ho avuto occasione di incontrare e conoscere John Malkovich, un attore straordinario che nel film fa proprio la parte di Ripley. Recitare mi piace ancora molto e quindi l’idea è quella di dedicarmi sia alla recitazione che alla regia".

KMX: Anche regista di te stessa?

CC: "No quello no, perché oltre ad essere una cosa anche fisicamente dura, io voglio fare regia per guardare, raccontare il mio sguardo su altro e non su di me, quindi quello lo escludo".

KMX: Qui a Trieste sei in concorso con tanti giovai e bravi registi, molti dei quali esordienti. Tu che lavori ormai da molti anni nel cinema da attrice e conosci bene questo ambiente, che consiglio daresti ad un giovane che anche con pochi mezzi decide ora di provare a fare cinema in Italia.

CC: "Non ho consigli da dare, casomai ho scambi da fare con gli altri. Comunque penso che sia un buon momento questo per un giovane che vuole iniziare a fare del cinema. Sto osservando una nuova generazione di produttori, nuova non esclusivamente in senso anagrafico ma culturalmente, colti senza essere arroganti e che amano veramente il cinema. Un giovane regista solo pochi anni fa avrebbe fatto fatica a trovare qualche produttore che oltre a possedere capacità imprenditoriali avesse dimostrato anche una sintonia culturale e di linguaggio. Adesso ce ne sono cinque o sei con cui si può avere un dialogo piacevole e costruttivo".

KMX: Un’ultima domanda. Per Chiara Caselli i premi nei Festival sono importanti?

CC: "Sono molto piacevoli e ti gratificano. La gratificazione non è mica un meccanismo riprovevole. Una certa dose di insicurezza in questo lavoro c’è sempre e quindi un premio a qualunque livello di carriera può infondere fiducia e dare coraggio per andare avanti. Quindi, ben vengano".


Loris SERAFINO



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