TOD FUER
FUENF STIMMEN
(Death for five voices / La morte a cinque voci)
di Werner Herzog (1995)
Herzog intervista in primo luogo il custode
del diroccato castello di Carlo Gesualdo da Venosa per introdurci
alla bellezza della sua musica. Le leggende sul suo conto si sprecano:
un demone, un diavolo, un folle passionale; sposo` una donna che
gia` aveva seppellito altri due mariti, morti per "excess of
carnal bliss"; questa lo tradi` e lui la fece uccidere assieme
all'amante e al figlio, iniettando poi una sostanza conservante
nelle vene dei cadaveri, che sono tuttora in mostra in un museo
vicino. E poi: masochista e dedito a pratiche di autoflagellazione,
morto per infezione dovuta alle ferite, autore di un pranzo di nozze
da 1500 invitati, distruttore del bosco intorno al castello come
folle gesto di purificazione.
E, sopra tutto, i madrigali mozzafiato, raccolti in sei libri, incredibilmente
moderni e arditi per il sedicesimo secolo. Cantati ed esaminati
durante il film da due consort famosi nel mondo. Avendo avuto in
vita mia la fortuna di cantare proprio uno dei madrigali del film,
posso confermare: sono difficilissimi, non hanno nulla a che vedere
con la musica di allora. Infatti la loro rivalutazione e` recente
ed e` in gran parte dovuta a Stravinskij.
La poetica di Herzog, dedita alla scoperta della verita` ultima
(o ulteriore) rispetto ai fatti, funziona bene come al solito: c'e`
un esorcista zampognaro che purifica le crepe del castello, una
comparsata di Milva nei panni del fantasma della moglie di Gesualdo.
Ammiccante come sempre allo spettatore: il cinema e` finzione, e
il documentario assoluto non esiste. Girato in telecamera per la
ZDF, sebbene non bello come altri che ho visto qualche giorno fa,
DEATH FOR FIVE VOICES e` un ulteriore eccellente esempio di drammatizzazione
dei fatti. E` un assemblaggio di idee semplici e belle, e, aggiungerei,
un esempio per chiunque voglia cimentarsi col genere-documentario.
Claudio Castellini
GLOCKEN AUS DER TIEFE
(Bells from the deep / Campane dal profondo)
di Werner Herzog (1993)
Forse il meno convincente della rassegna
finora. Si tratta di una serie di interviste e filmati girati in
Russia a proposito di fede e superstizione. Vi sono dunque un predicatore
televisivo, un tipo che si crede Gesu` reincarnato, un lago ghiacciato
sotto cui giace una citta` sommersa, la salma di San Sergio presso
cui i fedeli fanno la fila per baciarne l'urna.
Solo in seguito scopriamo che i fanatici del lago ghiacciato sono
ubriaconi pagati da Herzog per recitare. Mi sta bene, ma il documentario
mi e` parso decisamente un po' troppo lungo per essere scorrevole
come gli altri. Notevolissima la sequenza con i cantanti Tula (che
emettono due suoni contemporaneamente e a frequenze impossibili)
e il finale, uno zoom out su un lago ghiacciato, questa volta meta
di pescatori a traforo e pattinatori sul ghiaccio... forse campioni
russi che si allenano.
Claudio Castellini
TELETS
(Taurus)
di Aleksandr Sokurov (2001)
Dedicato a Lenin, il film e` il secondo
capitolo della trilogia sokuroviana dedicata ai grandi dittatori
del secolo (il primo, MOLOCH, era su Hitler, il terzo, in produzione
adesso, e` su Hirohito). In un'ora e mezza ricostruiamo una possibile
fra le ultime giornate di vita di Lenin, confinato nella dacia di
Gorky, non lontano da Mosca, compresa una visita di Stalin. Coerentemente
con l'intenzione del regista, la figura del dittatore ne esce umanizzata
e perfino contrita per quel che e` successo: un uomo consapevole
della propria impotenza e ancora esideroso di tornare in cabina
di comando. Naturalmente non ci riuscira`: restera` ai nostri occhi
ormai soltanto un povero vecchio accudito da donne e servitori,
sorvegliato da medici e militari, quasi immobilizzato da un'emiparesi.
Ritmo a parte dunque (davvero lentissimo, piu` lento di NI NEI PIEN
CHI TIEN e decisamente meno digeribile), la fotografia di questo
film e` tutta a luci basse e contrasto minimo, qua e la` a discapito
del fuoco, e virata su una tonalita` verde / azzurra. Il perche'
va ricercato nella cifra stilistica di Sokurov: il colore e il contrasto
sembrano essere gli elementi meno rilevanti del suo cinema, o forse
i PIU` rilevanti in quanto assenti, dipende da che parte guardiamo
la questione. Piu` attenzione al particolare e meno "distrazione"
dall'immagine.
Il produttore Viktor Sergeyev era presente in sala, e alla mia domanda
sul perche' di questa scelta si lascia andare a un "Sokurov
non ama che i suoi film somiglino a western, in cui i colori sono
completamente falsi". Cita anche Tarkowskij e Bergman a proposito
di questa idea.
Quanto al respiro di TAURUS, posso soltanto dire che questo film
ci aiuta a capire un tantino di piu` l'anima russa, attraverso gli
avvenimenti di un uomo (per quanto coinvolto nella Storia stessa).
E questo e` un grande pregio condiviso con tanto altro cinema russo,
Tarkowskij in testa.
Claudio Castellini
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