KOREI
(Seance / La seduta spiritica)
di Kiyoshi Kurosawa (2000)
La mia esperienza al festival di Edimburgo
(ormai sono al terzo) e` che fra i film dell'orrore, tutti proiettati
a tarda ora e nella sala piu` bella della citta` (il Cameo 1), c'e`
molta spazzatura; o quantomeno, che la maggior parte dei film non
fa paura: o e` roba da ragazzini o e` gia` vista. Ma regolarmente
almeno uno e` davvero splendido. L'anno scorso e` toccato al terrificante
ODISHON (L'AUDIZIONE) di Takashi Miike; quest'anno e` la volta di
KOREI di Kiyoshi Kurosawa (nessuna parentela con Akira Kurosawa).
Non e` un caso che siano entrambi giapponesi, e che il pur bruttino
BATTLE ROYAL sia giapponese anche quello. E che pure l'altro hype
dell'anno scorso, THE RING, fosse giapponese anche lui. Dal giappone
e dall'estremo oriente vengono da qualche anno in qua probabilmente
i migliori film di genere del mondo.
Presente all'EIFF in persona l'anno scorso, Kiyoshi Kurosawa e`
un mite signore sui 40 anni, baffetti e capelli corti, che parla
in modo molto pacato. Allora presentava due film, di almeno uno
dei quali ho un ricordo terribile: due persone rapiscono un uomo
per torturarlo a piacimento dopo averlo legato al muro in un garage.
Doveva essere SERPENT'S PATH. In ogno caso Kurosawa e` un uomo da
tenere bene d'occhio.
KOREI e` centrato su una coppia scialba, triste, immersa in una
grigia routine di lavoretti part time (lei) e registrazioni per
una TV (lui). Lei ha una sorta di capacita` sensoriale estesa, in
sostanza riesce a vedere i morti e a ricostruire i fatti attraverso
il contatto con gli oggetti. Involontariamente uccidono una bambina
e tentano di nascondere il fatto, ma il castigo arrivera` loro proprio
dal fantasma della bambina che li perseguita.
Ben lontano nei modi e nei tempi da un film pure buono come IL SESTO
SENSO, dalla tematica simile, KOREI e` letteralmente una bomba cinematografica.
A Kurosawa bastano alcune carrellate lentissime e l'uso pressoche'
perfetto del fuoricampo per incutere un terrore atavico nello spettatore.
Il terrore di cui cento anni di cinema si sono nutriti finora: il
terrore di cio` che non si vede, perche' non e` nell'inquadratura.
Tanto visivo quanto sonoro, il fuoricampo di KOREI rappresenta e
incarna precisamente il mondo dei fantasmi; e quando questi si materializzano
e` sempre impossibile determinare se si tratti di illusioni o di
Poltertgeist effettivamente esistenti.
KOREI non contiene gore, niente sangue, niente ammazzamenti violenti,
niente trucco orripilante. Ma, e questo e` un pregio stilisticamente
encomiabile, non vi sono neppure quelle impennate musicali tanto
ben codificate ormai, che di sicuro fanno sobbalzare lo spettatore
sulla sedia. Eppure KOREI fa paura, oh gente se fa paura, e anche
TANTA. Agli estimatori di un film modesto come LE VERITA` NASCOSTE
suggerisco senza malizia di recuperare questo film per vedere esattamente
in che cosa ho trovato irritante la tecnica di Zemeckis. La volonta`
di autopunizione / autodistruzione dei due protagonisti, conseguente
all'omicidio involontario, e` evidente soprattutto in una sequenza
magistrale, in cui Koji (il marito) vede un suo doppio e lo brucia.
Alla base di KOREI c'e` forse la stessa idea che fonda L'IMPERO
DELLA PASSIONE di Oshima, che a sua volta puo` esser fatta risalire
a Dostojevskij.
KOREI e` un film letteralmente magistrale, che vi fara` annodare
le viscere sulla sedia, e con un finale geniale. Non perdetelo se
mai uscira` in Italia.
Claudio Castellini
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