Pesaro: nuovo cinema, strade nuove
Quarantaquattro edizioni, ma di voglia di andare avanti Pesaro ne ha ancora
tanta, nonostante i troppi festival, che spuntano ogni anno come funghi, i
soldi, sempre troppo pochi, la fatica.
Distinguersi equivale a sopravvivere, e la Mostra del Nuovo
Cinema resta fedele a se stessa e al suo mandato, sottolinea la sua identità
(ovvero la sua alterità), e percorre una via che corre verso nuove strade —
e possibilmente diverse.
Nuove, come quelle del cinema tedesco contemporaneo, fatto di giovani
talenti capaci di raccogliere in pochi anni tre Oscar e di far parlare di
rinascita; alcuni meno noti, come i filmmaker della vivacissima ‘Scuola
berlinese’ (Valeska Griesebach, Angela Schanelec, Maria Speth e Christian
Petzold), altri affermati (come Philip Gröning e Romuald Karmakar).
Strade diverse, come quelle della neonata sezione Bande à part,
che omaggia Jean-Luc Godard nel nome, e opere singolari e incatalogabili nei
fatti, da L’ora dei forni di
Solanas, a Anna: Seven Years on the
Frontline di Masha Novikova, dedicato alla giornalista russa Anna
Politkovskaya, o all’intenso The
Prisoner/Terrorist, diario doloroso di una cupa prigionia del
giapponese Masao Adachi.
A costi ridotti, gli sforzi sono immensi, e la fantasia richiesta è tanta.
Eppure, sottolinea Giovanni Spagnoletti, Direttore del festival dal 2000, è
fare rete che aiuta.
Perché dal fare rete arrivano i miracoli - magari piccoli, come quelli di
Cine en costrucción, iniziativa nata al Festival di San Sebastián e
arrivata a Pesaro attraverso i Rencontres Cinémas d’Amérique Latine di
Toulouse, ma dai risultati enormi, scritti nel tessuto (filmico) dei cinque
film latinoamericani che ad essa devono la vita.
Può essere rischioso essere diversi, come sanno bene il ‘nemico pubblico’
Amir Muhammad e i suoi anomali, grotteschi e insoliti film, o come le
perle notturne di Dopofestival, voce della (video)arte e di un’idea
alternativa dell’immagine in movimento.
Si può restare allineati alla tradizione, almeno pro-forma, ribadendo a
furor di popolo che l’Evento Speciale dedicato a Dario Argento
ufficializza com’è giusto l’ingresso di un innovatore (e non solo maestro di
genere) nell’Olimpo degli autori.
O si può essere un’altra cosa, anche quando le apparenze ingannano, e
fanno somigliare tutti i festival fra loro, anche quando l’insegna del
Concorso riunisce otto film particolari - quattro orientali, tre europei
(tra cui l’italiano La terramare
di Nello La Marca), un sudamericano - tutti alternativi, tutti ugualmente
forti.
Cercare un percorso che cammini verso il futuro senza dimenticare il passato
non è un crimine: e non è un crimine essere piccoli, e orgogliosamente,
testardamente diversi.
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