MISS
WONTON
Recensione di Daniela Kappler
Nel suo primo lungometraggio basato in parte sulla sua esperienza
personale, il giovanissimo regista singaporense, Meng Ong, riprende
intelligentemente un argomento straraccontato, in particolare
in questa rassegna a Locarno, e senza esasperare l'introspezione
né incolpare nessuno finalmente sdemonizza la figura paternalistica
del maschio americano. Pure Ah Na non è pari pari una versione
2000 di Suzie Wong.
Quando l'atteggiamento ironico nei confronti del presente è
riconquistato dal dramma di una vita passata, il dolore emerge
insinuandosi senza pietà nel quotidiano. Un sogno radicato
e la disperazione fanno sì che il circolo vizioso non si
chiuda, fino a quando il carattere pragmatico e la testardaggine
di Ah Na, la protagonista, non diventano un caposaldo per uscirne
e cominciare una nuova vita.
Il passaggio attraverso questo tunnel interiore significa per
Ah Na prenderne coscienza, mentre fuori le regole del nuovo mondo
non perdonano, anche se meno letali di quelle tradizionali che
sopravvivono nel villaggio cinese da lei rifuggito. Ah Na non
è emigrata a New York clandestinamente per fame o guerra
o per seguire solo una fata morgana. L'aids è un incubo
che sta iniziando perseguitare anche i cinesi e le antiche superstizioni
vivissime nelle campagne non possono che infliggere pene ancora
più pesanti a chi ne è affetto.
In Meng Ong la rappresentazione del dolore famigliare riprende
canoni palesemente cinesi, al contrario nei tratti di commedia
si avvicina al humour New Yorkese. Un'opera al passo con i tempi,
se non fosse tecnicamente semplice, patinata e classicheggiante,
ma al meno così sarà piaciuta a sua madre, come
era suo desiderio. Essa verrà mostrata prossimamente in
molte città europee (le tappe italiane includono Milano
e Roma) ed extraeuropee.
Voto: 27/30
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