LE
LAIT DE LA TENDRESSE HUMANE
Recensione di Sandra Salvato
Prima
gli alloggi provvisori, poi le case popolari e i quartieri difficili.
La dimensione scenica della Cabrera diviene un deja vu anche nell'ultimo
sforzo intitolato Le lait de la tendresse humane . La location dunque
è sempre la stessa, un condominio a più piani di una
non meglio specificata cittadina francese. Saliamo il silenzio delle
scale e il dileguarsi dei coinquilini, quindi facciamo ingresso
nella vita e ficchiamo il naso in quella di Christelle. Presa dal
panico per la recente maternità - la terza a dire il vero
-.la giovane donna fugge lontano da se stessa e molto vicino dai
propri cari. L'onda d'urto si propaga velocemente investendo il
privato degli abitanti la casa del piano superiore che impotenti
annegheranno in parole di vano conforto. Ma Christelle ha tutto
il tempo di regredire, di riprendersi se stessa e poi ancora di
scivolare di nuovo nello smarrimento. Rimane, nemmeno troppo sullo
sfondo, questa inerme figura maschile, risolta - e non è
poco - nella realtà matrimoniale e genitoriale. E con lui
rimane l'attesa della moglie scomparsa, la metafora parentale con
padre e madre persi in un pragmatico e sconsolato senso dell'universo
emozionale, lo spopolamento dei valori e la messa in crisi delle
coppie di fatto. Tutti hanno qualcosa da difendere o da riprendersi,
ma prima devono passare dalla terra di mezzo, la zona di ascetismo
individuale bastante a se stessa e indifferente al mondo circostante.
Non si perde l'amore per strada ma si ha bisogno di tempo per comprenderlo
e restituirlo con gli interessi, per essere più forti e capire
le proprie debolezze. Quelle del film convogliano in un solipsismo
di base che condiziona la storia e la rende claustrofobica e a tratti
noiosa. Basta guardare la prima mezz'ora per inventarci il prosieguo.
Niente da dire sull'interpretazione di Dominique Blanche e di Sergi
Lopez ( Una relazione privata), ma rimetto al doppiatore l'impegno
artistico della Bruni Tedeschi
un po' come al tempo della Cardinale.
Solo Luchino Visconti la pretese fonicamente al naturelle ed ebbe-
eccezione d'autore - ragione da vendere. Ma era Visconti. In un
incontro tra favola e racconto, realismo e metafora scelgo il binomio
parlato - poco sentito.
Voto: 23/30
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