vai al 07-08-2001
08-08-2001

MY AMERICA - OR HONK IF YOU LOVE BUDDHA
Recensione di Daniela Kappler
Essere giapponese in America e ritrovare la propria identità nel passato e nel futuro cercando tra le vite di altri asiatici immigrati, è il nocciolo della questione nel film on the road di Renee Tajima-Pena. E' interessante che lei non cerca la giapponesità, bensì intervista e valorizza cinesi, laotiani, giapponesi, filippini e coreani, tutti con una storia diversa, ma con una lotta comune: essere rispettati nella nuova terra per la quale danno tutto (o quasi). C'è chi è voluto venire in America rincorrendo un sogno di libertà e uguaglianza, e chi invece per guadagnare in contanti e in faccia. I secondi, avevano uno stile di vita diverso dal primo - arricchirsi e poi andarsene - ma resisi conto che anche il capitale permette di realizzare una propria battaglia per un ruolo sociale all'interno dell'America bianca. Spesso invece il sogno si è invece infranto e la vita consisteva in correre via dagli abusi o sopportare. Poi c'è chi è stato deportato e chi è nato nella terra promessa senza volerlo, e di questi, in genere, si parla ben poco. L'autocollante sul cofano "Suona il clacson se ami Budda" e la constatazione tranquillizzante che oggi non si deve più lottare per essere accettati dagli americani perché "si è americani", chiudono le precedenti ferite, dubbi e codesta ricerca e sono l'essenza di una strada nuova tutta da percorrere. Per la regista e realizzatrice del video ovviamente. Altri stanno ancora navigando tra passato e presente, e altri ne verranno, perché l'America resta per molti abitanti del pianeta "the United States of A-miracle". Girato spesso come video narrativo, ma intercalato da film d'autore d'ispirazione come "Chan is missing" e "Eat a Bowl of Tea" di Wayne Wang, immagini d'infanzia, sequenze storiche, fotografie sgualcite, interviste ai personaggi-guida come il ribelle ed ecclettico Victor Wong (l'attore preferito dallo stesso Wang), l'opera di Tajima-Pena entra in profondità nelle vicende personali, nelle memorie e nelle azioni attuali di questi persone che gli asiatici rimasti in patria chiamano banana: gialli fuori e bianchi dentro. Come nei migliori film di Wang, questo documentario-auto-biografico procede con ansia e ironia, che ci ricorda tanto l'humour linfatico della diaspora ebrea.
Voto: 27/30


SILENCIO ROTO

Recensione di Daniela Kappler
Accantonare questo incapsulato di 3 episodi su tipi di amore diverso a Taxi Driver e In the Mood for Love, è troppo, se non fuorviante. Con una colonna sonora non più in background ma assordantemente in primo piano tipico dei recenti film d'azione della ex-colonia, il messaggio delle tre storie atterra in modo palese, ed è a sé stante benchè riprenda un tema riccorrente. I giovani realizzatori del film hanno voluto anch'essi dare il loro contributo alla malattia dilagante dell'ultimo secolo, l'alienazione psicosomatica in un grande agglomerato urbano. I noti cantanti, attori, radioanimatori e fotografi, Stephen Fung, Shya Wing, G C Goo-bi e Nicholas Tse improvvisatisi registi vogliono parlare di nuove mode e di metà tabù a Hong Kong, tra cui l'omossessualità, il fetischismo verso un'arma che non porta a compimento e di incontri al buio organizzati da ICQ. Il primo episodio lascia un dubbio amletico sull'original label Wong Kar-wai, il secondo pesa l'anonimato di una persona socialmente utile nel momento in cui ha il potere di prendersi la vita degli altri e il terzo un teenager dream che non vuole crescere. I versi staccati vengono riassunti alla fine dalla voce della ragione fuori campo e la vita continua come prima. Ognuno a rincorrere i propri guai.
Voto: 22/30 (solo per l'intenzione)


LIAN'AI QIYI - HEROES IN LOVE
Recensione di Daniela Kappler
Accantonare questo incapsulato di 3 episodi su tipi di amore diverso a Taxi Driver e In the Mood for Love, è troppo, se non fuorviante. Con una colonna sonora non più in background ma assordantemente in primo piano tipico dei recenti film d'azione della ex-colonia, il messaggio delle tre storie atterra in modo palese, ed è a sé stante benchè riprenda un tema riccorrente. I giovani realizzatori del film hanno voluto anch'essi dare il loro contributo alla malattia dilagante dell'ultimo secolo, l'alienazione psicosomatica in un grande agglomerato urbano. I noti cantanti, attori, radioanimatori e fotografi, Stephen Fung, Shya Wing, G C Goo-bi e Nicholas Tse improvvisatisi registi vogliono parlare di nuove mode e di metà tabù a Hong Kong, tra cui l'omossessualità, il fetischismo verso un'arma che non porta a compimento e di incontri al buio organizzati da ICQ. Il primo episodio lascia un dubbio amletico sull'original label Wong Kar-wai, il secondo pesa l'anonimato di una persona socialmente utile nel momento in cui ha il potere di prendersi la vita degli altri e il terzo un teenager dream che non vuole crescere. I versi staccati vengono riassunti alla fine dalla voce della ragione fuori campo e la vita continua come prima. Ognuno a rincorrere i propri guai
Voto: 25/30

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