EAT A BOWL OF TEA (1989)
Recensione di Daniela Kappler
Ciò
che per gli europei simboleggiava per secoli l'approdo più occidentale
del Far West, per gli asiatici significava seguire le onde verso
l'orizzonte albeggiante. Wayne Wang trasporta i personaggi del classico
letterario di Louis Chu, in una commedia dal sapore favolistico
e dai toni storico-ironici, ottima combinazione per un pubblico
occidentale che non conosce gioie e dolori di una manciata di immigrati
cinesi maschi, discriminati dalle leggi che qui in Europa sono sparite
solo agli inizi degli anni Novanta. Negli States del dopoguerra
si aboliscono infatti le restrizioni legali sul ricongiungimento
famigliare, ragion per cui i palazzi delle crescenti metropoli americane
si popolano di donne e bambini, favorendo quella dinamica immigratoria
tipicamente cinese che sono le comunità. Wang fotografa con leggerezza
ma mai in modo superficiale un microcosmo privato di intimità e
pieno di
conflitti generazionali:
un eterno andata-ritorno tra modelli culturali tradizionali della
Mainland China e il way of life americano. Per la vicenda dei neosposini,
contrattati in Cina sulla base degli oroscopi e che tentano di trovare
un'identità nuova e autonoma, Wang abbandona lo stile crudo e riflessivo
di Chan is missing per raggiungere il cuore di più spettatori farciti
di cinema hollywoodiano, mette a nudo tabù sessuali, l'impotenza
per un maschio cinese significava non essere un uomo, e smorza il
dramma introducendo una nuova formula di solare ironia.
Voto: 28/3
NABI
- THE BUTTERFLY
Recensione Di Sandra Salvato e Daniela
Kappler
La
civiltà post-moderna, post-tutto, ha lasciato nient'altro che il
pianeta distrutto e le persone incapaci di affrontare il dolore
delle proprie delusioni, fantasie e disgrazie. Lo spunto di riflessione
nasce dall'azzeramento delle umane necessità di indagare il proprio
passato. La catarsi che Moon Seung-Wook auspica evidentemente per
se stesso e la società in cui vive, sembra debba passare obbligatoriamente
dall'inquinamento dello spirito e della ragione. Nel degrado figlio
del progresso tecnologico postulato dal regista coreano, la panacea
lenitiva delle sofferenze non è più qualcosa di positivo, al contrario,
si manifesta sotto forma di virus - che ha gli stessi effetti del
fiore di loto! - e piogge acide. Il tutto si acquista in un pacchetto
andata e ritorno dalla Germania verso la terra asiatica di nessuno,
offerta dall'agenzia Butterfly, su cui Anna ipoteca la speranza
di un futuro migliore. Non sarà facile per la nostra protagonista
volgere le spalle alla memoria che solerte raggiunge il presente,
con la complicità incidentale dei due co-protagonisti, rispettivamente
la guida e il tassista del tour operator. Soundtrack al sintetizzatore,
rigurgito di elementi naturali, dall'acqua purificatrice e benefattrice
a quella cancerogena, en plein di forme e colori, corpi e paesaggi
misti desolati, rintracciati fino al minimo dettaglio, fanno da
sfondo a queste tre anime che si legano immancabilmente per il tempo
del loro incontro. L'unico tono caldo e rassicurante ci giunge alla
fine del film, nel momento in cui il tassista, mentre incontra una
nuova turista dalle caratteristiche simili ad Anna e pare dover
vivere una storia che si ripete ciclicamente, mostra una foto. Non
più la sua da bambino, bensì quella di lui cresciuto con in braccio
il pargoletto di Yuki, partorito nelle acque gelide dell'oceano.
L'opzione di una regia sincopata, metafora di un mondo automatizzato,
il costante richiamo al piano americano per non focalizzare qualcosa
di già molto palese come il mondo interiore dei protagonisti, decidono
il destino di un film se non altro dal punto di vista tecnico. Simile
a questo tante altre produzioni made in Japan, dove la frustrazione
è grande e lo sguardo sul mondo disossa l'intreccio, per concentrarsi
su pochi ma essenziali personaggi. Tuttavia possiamo considerare
questo un già visto.
Voto: 24/30
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