vai al 06-08-2001
07-08-2001


EAT A BOWL OF TEA (1989)

Recensione di Daniela Kappler
Ciò che per gli europei simboleggiava per secoli l'approdo più occidentale del Far West, per gli asiatici significava seguire le onde verso l'orizzonte albeggiante. Wayne Wang trasporta i personaggi del classico letterario di Louis Chu, in una commedia dal sapore favolistico e dai toni storico-ironici, ottima combinazione per un pubblico occidentale che non conosce gioie e dolori di una manciata di immigrati cinesi maschi, discriminati dalle leggi che qui in Europa sono sparite solo agli inizi degli anni Novanta. Negli States del dopoguerra si aboliscono infatti le restrizioni legali sul ricongiungimento famigliare, ragion per cui i palazzi delle crescenti metropoli americane si popolano di donne e bambini, favorendo quella dinamica immigratoria tipicamente cinese che sono le comunità. Wang fotografa con leggerezza ma mai in modo superficiale un microcosmo privato di intimità e pieno di
conflitti generazionali: un eterno andata-ritorno tra modelli culturali tradizionali della Mainland China e il way of life americano. Per la vicenda dei neosposini, contrattati in Cina sulla base degli oroscopi e che tentano di trovare un'identità nuova e autonoma, Wang abbandona lo stile crudo e riflessivo di Chan is missing per raggiungere il cuore di più spettatori farciti di cinema hollywoodiano, mette a nudo tabù sessuali, l'impotenza per un maschio cinese significava non essere un uomo, e smorza il dramma introducendo una nuova formula di solare ironia.
Voto: 28/3

NABI - THE BUTTERFLY
Recensione Di Sandra Salvato e Daniela Kappler
La civiltà post-moderna, post-tutto, ha lasciato nient'altro che il pianeta distrutto e le persone incapaci di affrontare il dolore delle proprie delusioni, fantasie e disgrazie. Lo spunto di riflessione nasce dall'azzeramento delle umane necessità di indagare il proprio passato. La catarsi che Moon Seung-Wook auspica evidentemente per se stesso e la società in cui vive, sembra debba passare obbligatoriamente dall'inquinamento dello spirito e della ragione. Nel degrado figlio del progresso tecnologico postulato dal regista coreano, la panacea lenitiva delle sofferenze non è più qualcosa di positivo, al contrario, si manifesta sotto forma di virus - che ha gli stessi effetti del fiore di loto! - e piogge acide. Il tutto si acquista in un pacchetto andata e ritorno dalla Germania verso la terra asiatica di nessuno, offerta dall'agenzia Butterfly, su cui Anna ipoteca la speranza di un futuro migliore. Non sarà facile per la nostra protagonista volgere le spalle alla memoria che solerte raggiunge il presente, con la complicità incidentale dei due co-protagonisti, rispettivamente la guida e il tassista del tour operator. Soundtrack al sintetizzatore, rigurgito di elementi naturali, dall'acqua purificatrice e benefattrice a quella cancerogena, en plein di forme e colori, corpi e paesaggi misti desolati, rintracciati fino al minimo dettaglio, fanno da sfondo a queste tre anime che si legano immancabilmente per il tempo del loro incontro. L'unico tono caldo e rassicurante ci giunge alla fine del film, nel momento in cui il tassista, mentre incontra una nuova turista dalle caratteristiche simili ad Anna e pare dover vivere una storia che si ripete ciclicamente, mostra una foto. Non più la sua da bambino, bensì quella di lui cresciuto con in braccio il pargoletto di Yuki, partorito nelle acque gelide dell'oceano. L'opzione di una regia sincopata, metafora di un mondo automatizzato, il costante richiamo al piano americano per non focalizzare qualcosa di già molto palese come il mondo interiore dei protagonisti, decidono il destino di un film se non altro dal punto di vista tecnico. Simile a questo tante altre produzioni made in Japan, dove la frustrazione è grande e lo sguardo sul mondo disossa l'intreccio, per concentrarsi su pochi ma essenziali personaggi. Tuttavia possiamo considerare questo un già visto.
Voto: 24/30

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