The Unseeable
di Wisit Sasanatieng
Tailandia 2006, 97'

Wisit Sasanatieng non è nuovo alle partecipazioni ai festival, dal momento
che il suo primo film, LE LACRIME DELLA TIGRE NERA, ha partecipato nel 2001
alla sezione Un Certain Regard di Cannes (e, cosa sorprendente, è uscito al
cinema anche da noi - la recensione è nell'archivio, n.d.r.). THE
UNSEEABLE è il terzo film del regista tailandese e conferma la predilezione
dell’autore per le atmosfere da melò e per la rivisitazione del passato
prossimo della Tailandia. Siamo negli anni Cinquanta del secolo scorso; una
giovane incinta in cerca del marito chiede ospitalità in una grande casa di
campagna. La villa, ovviamente infestata dai fantasmi, è di proprietà della
misteriosa Madame Ranjuan, che vive segregata in una dependance e sembra
custodire terribili segreti. Sasanatieng gira un discreto film gotico che
vive dell’atmosfera sospesa e della straniante ambientazione subtropicale e
dimostra una certa solidità nella gestione dei tempi narrativi del genere;
gli attori sono bravi e la storia, pur citando a piene mani THE OTHERS,
diverte. Il tutto è forse troppo stilizzato e l’alterigia di almeno due
personaggi rischia di diventare grottesca, ma al di là di qualche finestra
che sbatte e di un paio di citazioni anche troppo scoperte, il meccanismo
orrorifico di THE UNSEEABLE funziona senza intoppi. Ovviamente il finale a
sorpresa è tutt’altro che a sorpresa, ma l’intreccio della ghost story è ben
congeniato e tanto basta. 25/30
Roommates
di Kim Eun-kyung
Corea 2006, 92'

Il titolo originale dell’esordio della giovane regista coreana Kim Eun-kyung
è D-DAY e, visto il film, la trasposizione nel più didascalico ROOMMATES è
un colpo basso al senso dell’opera. Per le protagoniste di questo
interessantissimo film il giorno del test d’ammissione all’università è a
tutti gli effetti un D-Day. In quel giorno si decide il loro destino: pezzi
funzionanti di una società funzionante (e, a quanto pare, un po’ sclerotica)
o schegge impazzite? ROOMMATES racconta di un collegio nel quale si
preparano le ragazze ad affrontare il proprio D-Day; tutte in divisa,
sveglia alle sei e studio fino alle sette di sera. Poi aggressioni, torture
e suicidi fino allo spegnimento delle luci. Il ritratto impietoso della
Corea iperproduttiva e competitiva fornito da Kim Eun-kyung sfiora la messa
in scena della paranoia sociale di BATTLE ROYALE, ma la spoglia di ogni
orpello fantascientifico. Nel terribile collegio tutto è asettico,
progettato per esaltare la competitività e l’abnegazione a scapito dei
rapporti umani che, inevitabilmente, diventano conflittuali fino al
parossismo. ROOMMATES ha un sano look indie e un’attenzione ai dettagli
estetici e fotografici non comune in un esordio ma, soprattutto, è un horror
che si riappropria della funzione di commento sociale tanto cara al genere
per dipingere uno scenario inquietante che sublima in un finale scurissimo.
28/30
The Slit-Mouthed Woman
di Shiraishi Kojì
Giappone 2007, 90'

La tradizione del J-Horror e in parte del kaidan eiga, il film horror
giapponese classico, vuole che il fantasma uccida tramite la sua stessa
presenza, senza entrare in contatto fisico con la propria vittima. Insomma,
si muore di paura prima ancora che l’ectoplasma inquieto si avvicini. THE
SLIT-MOUTHED WOMAN, nuovo film di Shiraishi Koji, giovane regista che
alterna film per il cinema a Original Video, ribalta con un certo senso
dell’ironia questo paradigma. La donna dalla bocca tagliata è una stangona
con l’impermeabile che, mascherina calata per celare il sorriso non proprio
piacevole, rapisce i bambini, li picchia e li sottopone tramite forbici alla
sua stessa sorte. Metafora nemmeno troppo velata dell’abuso sui minori, a
cui si fa spesso riferimento, il film funziona meglio come slasher puro che
come monito sociale; il mostro evocato da Shiraishi Koji, a metà tra
presenza sovrannaturale e serial killer in carne e ossa, sembra un Michael
Myers giusto un po’ meno reattivo e, cosa strana per un film giapponese,
mena calci e pugni a destra e a manca. Il film è veloce e divertente, ha
momenti grotteschi, soprattutto nel finale, che dimostrano una sana
irriverenza nei confronti delle regole dell’horror e un po’ di vivace
scorrettezza politica. Non sarà la nuova corrente del J-Horror, ma THE SLIT
MOUTHED WOMAN è ottimo intrattenimento. 27/30
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