festival DI CANNES

 

16/27:05:2007

CANNES

di Marco GROSOLI

 

IN CONCORSO

the man from london

di Bela Tarr

Francia/Ungheria/Germania 2007, 132'

 

 

Tra le poche cose che ancora danno un senso al cinema c'è seguire l'opera, paziente e quasi ancora artigianale, dei pochi grandissimi isolati, i pochi geni testardi che sanno fare ancora di testa loro anche a prezzi esorbitanti. Vale dunque la pena aver aspettato sette anni per il nuovo The Man From London di Bela Tarr, capolavoro assoluto del Festival, fischiato in proiezione stampa da alcune centinaia di poveracci. Niente più Puszta ungherese, Tarr si è spostato in Corsica (affrontando una lavorazione indescrivibilmente travagliata che già da sola sarebbe un capitolo a parte) per girare la sua versione del'"L'Uomo che Guardava i Treni" di Simenon. I suoi proverbiali pianisequenza, melliflui e granitici al tempo stesso come il tempo stesso, sono stavolta al servizio della tragedia in cui incappa Maloin, addetto agli scambi ferroviari in una zona portuale dove avviene un omicidio-rapina. Lui vede tutto, si impossessa del denaro ma finirà prigioniero della sua stessa colpa, che gli infliggerà la più grande delle punizioni: non potere essere espiata. Magistrale saggio sul denaro e sulla visione, entrambi agenti complici di una Colpa metafisica che qui è resa come inestricabilità degli elementi dello spazio, contagio generale di tutto ciò che ha un estensione su questo mondo, gettato indistintamente "sulla stessa barca" in cui è bandito l'agire (tutto si vede in questo film "panottico" tranne che gli omicidi, nascosti da barriere e da cortine di oscurità) ma è inevitabile il patire (il lungo indugiare sulla moglie della vittima, sul suo volto inerme di vittima impotente, maschera tragica e metafisica). 30 e lode

 

 

IN CONCORSO

stellet licht

silent light

di Carlos Reygadas

Messico/Francia/Olanda 2006, 142'

 


A fallire miseramente in simili propositi metafisico-tragico è Carlos Reygadas, che perde per strada la sguaiatezza inclassificabile dell'ottimo Batailla en el Cielo per imbastire un insopportabile polpettone sulla Caduta Dal Paradiso. In una comunità messicana di simil-quaccheri il padre di famiglia Johan tradisce la moglie, che muore di dolore e ovviamente risorge perché bisogna citare Ordet di Dreyer per poter andare ai festival. La grancassa figurativa di Reygadas è straordinaria, ma viene usata in modo insopportabilmente pomposo, e il suo attaccamento morboso a una natura edenica troppo perfetta per l'uomo (rappresentato invariabilmente come mostruoso) non è contemplazione mistica, ma una fredda e sterile esibizione di uno sguardo sempre altezzosamente separato rispetto al proprio oggetto. 18/30
 

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