festival DI CANNES
16/27:05:2007 CANNES |
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IN CONCORSO ZODIAC di David Fincher USA 2007, 158'
David Fincher, comprensibilmente, fa una certa fatica a liberarsi di Seven, il film che lo ha consacrato una decina d’anni fa. Con Zodiac prova a liberarsene, ma alla fin fine non ce la fa. Come ormai noto, Zodiac racconta di un serial killer che ha per anni sconvolto la California a partire dagli ultimi anni '60, e delle indagini (vane) al seguito, condotte da giornalisti e polizia. E soprattutto dal giovane disegnatore del San Francisco Cronichle (Jake Gyllenhaal), detective dilettante che ne farà un’autentica ossessione. Come in Seven, un omicida che lascia indizi criptici affinché altri si scervellino a decifrarli. E, come in quel film, una confezione visiva a dir poco sbalorditiva. Una confezione che non è un vestito di lusso, un abbellimento gratuito, ma il senso stesso del film. Non diremo ovviamente come, ma se il disegnatore va un po' più avanti dei colleghi (pur nel fallimento generalizzato) è perché non si ferma alla nuda e cruda verità (come il poliziotto interpretato da Mark Ruffalo), né fa il furbetto giocando solo di astuzia (come il giornalista interpretato da Robert Downey Jr.), ma si lascia ossessionare dalla superficie dei segni confidando “alla cieca” sul loro eventuale significato. Perché non c’è superficie senza profondità, come sa bene Fincher che mette in piedi un apparato figurativo leccatissimo ma costantemente tentato dalla volumetria, dal potere della luce di dar forma ai corpi e modellare il quadro: anche quando questa profondità rimane “senza garanzia” (come un sospettato che si è quasi sicuri sia il colpevole ma non lo si può provare), in balia di una sceneggiatura compiaciutamene ballonzolante ai quattro venti, frondosa e straripante. Perché non si tratta del generico e scontato “scacco davanti all’inconoscibile”: il killer si vede eccome, è solo che non lo riconosciamo perché la luce (ancora…) non lo illumina: sarà possibile vederlo solo come riflesso del proprio sguardo, potremo riconoscerlo (come nel prefinale) solo riconoscendo che ci ha riconosciuti… Nel complesso, però, questo trascinarsi nell’opacità e nel fango convince poco, sa un po' di compiaciuto, gratuito, fa ancora un po' troppo Seven... 23/30
FUORI CONCORSO TRIANGLE di Tsui Hark, Ringo Lam, Johnnie To Hong Kong 2007, n.d.
QUINZAINE DES RéALISATEURS TRIANGLE di Alain Cavalier Francia 1986, 94'
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