L'ALTRO INCONTRO
di Debora Montanari, coll. CIAORADIO

L’incontro con la Pixar Animation Studios è ormai diventato un’istituzione per il Future Film Festival. Dal 1999 la casa d’animazione statunitense è presente alla manifestazione, con i suoi rappresentanti che hanno illuminato il pubblico sulle tecniche di creazione dei loro lavori, dal famoso corto Luxo Jr. (1986) al primo grande successo Toy Story (1995).
Quest’anno l’appuntamento era particolarmente importante per due motivi: la Pixar era rappresentata dal suo production-designer (di Finding Nemo) Ralph Eggleston, premio Oscar per il corto animato For The Birds, e dal suo ultimo capolavoro Finding Nemo (Alla Ricerca di Nemo).
Un incontro da ricordare, per chiunque fosse presente. Eggleston è una catapulta: ha lanciato sul suo pubblico la sua energia, la sua simpatia e quell’enorme dose di umiltà che non manca mai negli artisti d’oltreoceano. Ha catturato l’attenzione con un linguaggio semplice e ha lasciato che fosse Nemo a fare la magia, ad incantare, ed è riuscito nell’intento perché la sala era piena e per due ore l’attenzione è stata totale: quasi meglio di un film.
Memorabile la performance di Andrew Stanton che è stata mostrata, in apertura, sul grande schermo: il regista si è trasformato in un attore teatrale per presentare l’idea che ha dato vita a Finding Nemo. Con grandi capacità narrative e una gestualità accattivante, Stanton ha raccontato al suo pubblico la trama del lungometraggio che doveva ancora nascere: storia e narratore hanno travolto quel pubblico e tutti noi abbiamo guadagnato un capolavoro dell’animazione.
Lo show di Stanton è stato il trampolino di lancio per Eggleston che è poi passato alla sua materia: l’arte del computer, la tecnologia dell’animazione o è forse il contrario? Tecnologia digitale e arte dell’animazione? Ascoltando Eggleston è stato impossibile definirlo, in realtà tutto si concentra in una sola parola: Cinema. Cinema con la “C” maiuscola, la “C” di qualità, la “C” di passione, è bastata qualche sua dichiarazione per capirlo.
Per creare i fondali di Finding Nemo i tecnici/artisti hanno imparato ad immergersi e si sono trasformati in sub, per poter vedere da vicino quello che poi avrebbero realizzato al computer. La realtà dei fondali è stata poi manipolata e adattata alla storia, per creare quel mondo in bilico tra fantasia e realtà.
Lo stesso Eggleston ha infilato la testa dentro un acquario, per scoprire quale fosse il punto di vista dei pesci: i riflessi, le luci, le distorsioni, la versione del mondo vista dai pesciolini prigionieri di quella scatola di vetro. Il risultato delle sue osservazioni “in loco” le potete ammirare nelle scene dedicate a Nemo e ai suoi amici chiusi nell’acquario del dentista.

Eggleston ha poi sottolineato che nel lavoro di sviluppo, dal color-script (colori da utilizzare) al character-design (sviluppo dei personaggi), hanno avuto grande importanza gli studi sulla luce dei curatori della fotografia Sharon Calhan e Jeremy Lasky: la rifrazione della luce in un mondo sommerso diventa l’ingrediente indispensabile che, se ben dosato e utilizzato ad arte, può dar vita ad immagini spettacolari, come effettivamente è stato.
Sebbene tutta la realizzazione del film venisse descritta attraverso termini tecnici e mostrando studi digitali e ricerche scientifiche, in Finding Nemo noi non percepiamo la presenza del computer, ma vediamo la genialità umana al servizio della fantasia, perché il lavoro svolto da Ralph Eggleston e dai suoi colleghi della Pixar è questo, come lui stesso ha detto:
« … noi usiamo gli strumenti che abbiamo a disposizione per realizzare il meglio … non eravamo al servizio della tecnologia, ma del film.».
 

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