biennale teatro 2011

 

LABORATORIO TEATRALE

di Thomas Ostermeier

per

sette peccati

Incontro con gli attori

 

di Anna TRIVELLATO

sette peccati: scheda

sette peccati, di Gabriele Francioni

 

All'interno di una compagnia teatrale ci sono dei ruoli ben precisi: attori, palco, regista. Durante la performance, noi poveri mortali, ci scontriamo contro una realtà del tutto nuova che, a volte, è reale e a volte non lo è. Ma cosa significa tutto ciò? Realtà è un termine difficile da definire, che va isolato e usato con parsimonia e rispetto. Raggiungere questa fatidica realtà è una prova dura, che supera ogni immaginazione, per quanto questo possa risultare contraddittorio e che, ultimamente, sembra non rientri nello stile del teatro moderno. Quest'anno la Biennale di Teatro è stata senza dubbio, sensazionale ed è stata il palcoscenico per moltissimi attori, registi ed artisti di grande bravura. Sono stati presentati studi che hanno raggiunto un termine a seconda della propria sensibilità e diversità, che è, secondo me, la parola chiave di questa settimana artistica. Al pubblico, ovviamente, arriva solo la “corazza” di tutto il lavoro interno che c'è per la creazione di uno spettacolo. Proprio per questo, come avevo già accennato, lo spettacolo può riflettere una realtà vicino a noi, oppure un'irrealtà terribilmente isolata. È proprio questo lo studio personale di ogni regista o coreografo che si rispetti. Ognuno ha i propri concetti da definire, priorità da enunciare e traguardo da raggiungere.

Claudia Donzelli, gentilissima attrice che ha lavorato con Thomas Ostermeier e ha portato con lui uno dei sette workshop finali della saga SETTE PECCATI, ha voluto condividere il lavoro del regista tedesco, per permetterci di avvicinarci al suo pensiero e al suo stile. Claudia ha sempre fatto parte, fin da piccolina, in un mondo teatrale: suo padre era attore e, crescendo e maturando con questa passione, si è laureata in Storia del teatro inglese a Milano, dopo aver lavorato a Londra con Katie Mitchell. Dopo la laurea ha potuto destreggiarsi in vari laboratori, ad esempio con Mario Martone, per poi finire, l'anno scorso, proprio con Ostermeier. Il dibattito negli ultimi giorni, che ha visto moltissime polemiche e opinioni, è stato proprio riguardante quest'ultimo regista, acclamato e apprezzato, nonché vincitore del Leone d'Oro. Immediatamente Claudia ha sottolineato che la conferenza tenuta dai registi Lauwers e Fabre è stata irrispettosa, perchè hanno pesantemente contestato Ostermeier, tra l'altro non presente, definendolo un regista classico del diciannovesimo secolo, evidenziando che loro, invece, sono registi d'avanguardia, in grado di rappresentare una “non realtà” e quindi, sono orgogliosi del loro non avvicinamento e della loro non immedesimazione nel proprio lavoro. C'è quindi, dice Claudia, un profondo distacco tra l'attore ed il suo ruolo e quindi le scene rischiano di essere vuote e lontane dal pubblico. Lei, inoltre, difende con enfasi il fatto che la Biennale è un luogo di incontro dove dovrebbe esistere lo scambio e lo stimolo a migliorarsi e non a giudicarsi. Lo studioso dovrebbe essere umile, che si tratti di un ricercatore tecnico, scientifico o artistico. I registi che furono scelti per questa settimana teatrale, aggiunge, sono stati chiamati proprio per questo, per i loro studi personali e i loro risultati raggiunti. È inutile, quindi, che ci sia un atteggiamento e un rapporto così competitivo. Ostermeier, a differenza degli altri due, ha un rapporto molto stretto con i suoi attori e con il suo dramma. Involontaria è stata la domanda: come fa a raggiungere una realtà così vicina alle sensazioni e emozioni nostre, tanto che sembra che gli attori non recitino ma che siano loro stessi? Claudia ha sorriso e ha raccontato il lavoro dell'inverno scorso, quando stavano preparando HAMLET. Ostermeier ha usato, dopo una grande preparazione fisica, dei ricordi personali di ognuno, tristi, allegri, simpatici, imbarazzanti per far risvegliare capacità nascoste, espressioni e sentimenti da usare in scena. Un percorso, ricorda l'attrice, che ha portato lei e gli altri attori, provenienti da diverse parti d'Europa, in situazioni esilaranti. Ognuno ha il suo metodo, quindi, ed è inutile scontrarsi su questo. Il regista tedesco ha, però, la testa sulle spalle: non perde mai il controllo sul suo palco, non concede infrazioni, sa quello che vuole. Lars Eidinger è un'eccezzione che diverte, ma che segue un filo ben preciso (anche se la sua eccentricità spesso lo porta fuori dagli schemi). La compagnia dello Schaubuhne di Berlino ha tutti i diritti e requisiti per essere considerata una grande scuola. Ovviamente i dibattiti posso esplodere su contestazioni quali: chi fa produzione teatrale e chi fa riproduzione, ma sono tutti aggettivi troppo soggettivi e spinti, per essere resi pubblici come se fossero la pura verità. Lo spettacolo moderno ha concentrato il suo nome in eccentricità, over limits, fantasticherie, oscenità, nudi e stravolgimento completo. Un teatro quasi barocco. Il palcoscenico è una giungla e gli attori diventano bestie che, come già sottolineato, posso riprodurre la realtà o la non realtà, ma è una scelta personale e precisa e non un fattore irrilevante . Ovviamente, l'apprezzamento per un simbolismo o un realismo è una libertà indiscussa; ma non sarebbe poi così male avere il buon senso di aprire la mente e osare ancora di più, per raggiungere una più alta perfezione, invece che considerarsi “creatori” indiscussi, perchè, francamente, quella sarebbe una pessima recita.

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sette peccati

 

10 ottobre > 16 ottobre 2011