Capturing Emotions

 

dark matters
Kidd Pivot Frankfurt RM (canada)
30 maggio 2010. Teatro Piccolo Arsenale.
 

di Francesco COLALEO

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- Kidd Pivot Frankfurt RM

26/30

Il gioco d’ombre della canadese Crystal Pite al Teatro Piccolo Arsenale

Dark Matters
della coreografa Crystal Pite va in scena con la compagnia Kidd Pivot Frankfurt RM al Teatro Piccolo Arsenale il 30 maggio 2010 in occasione del 7 Festival internazionale di danza contemporanea della Biennale di Venezia. È un’altra occasione per il pubblico veneziano e non, di assistere ad uno spettacolo di matrice canadese. Le scenografie ricercate spaziano dalla costruzione di ambienti domestici alla spersonalizzazione di uno spazio scuro. I corpi sono uno strumento per esprimere il dialogo continuo tra luce e oscurità. Abiti neri, volti coperti, rinuncia dell’identità, sono tratti distintivi dei performers che si muovono sulla scena con assenza e silenzio come ombre. Il primo tempo dello spettacolo sfrutta queste immagini, visibili nel bizzarro combattimento tra l’uomo e la marionetta da lui generata; i fili mossi dai danzatori-ombra, danno vita al piccolo mostro assassino. “It’s fate”… è il destino dell’uomo che crea sempre qualcosa di ingestibile; ma il dubbio è svelato: “it’s fake”… in realtà è finzione, concreta e visibile fino alla caduta rumorosa della struttura scenografica. Dall’esperienza importante nella compagnia di William Forsythe, la Pite riprende il bisogno di utilizzare lo spazio con chiarezza; i suoi danzatori non ignorano i nine points teorizzati da Rudolf Laban, nove punti nello spazio iscrivibili all’interno di un solido geometrico. Idealmente il danzatore-ombra ed il danzatore-uomo, si muovono con la pulizia e la decisione attraverso questi assi spaziali, disegnando una vera e propria mappatura del corpo umano. Tra tecnica di derivazione neoclassica e sperimentazione contemporanea, la scena diventa uno spazio di incontri; ad assoli dinamici seguono passi a due intensi, fino a ritrovare una forte accumulation nelle fasi di crescendo. Tipiche dell’hip-hop sono le decentralizzazioni del corpo con cambi netti di qualità di movimento che trovano una perfetta sinergia con la partitura musicale di Owen Belton. La disarticolazione del corpo è presente in ogni movimento, grazie al concetto della manipolazione che persiste per tutto lo spettacolo; i danzatori si manipolano a vicenda creando un movimento plastico ma fluido. I développé non sono un pretesto estetico, ma una naturale conseguenza del flusso coreografico, come qualsiasi altro passaggio tecnico che sia formalizzabile. Altra contaminazione presente nel lavoro della Pite è il floor–work, linguaggio corporeo che sfrutta il partnering con il suolo, che diventa un mezzo essenziale per esprimere il dialogo spaziale tra pieni e vuoti. I danzatori si relazionano al suolo con atteggiamento felino, adagiandovisi grazie ad un lavoro tecnico che prevede l’uso della muscolatura profonda e del bacino come centro motore del movimento. Sembra di assistere ad una performance sulla luna; la gravità è contrastata dal modo soft di essere accolti dal pavimento. Ogni caduta è in realtà un recupero di energia che si inserisce in un fluire dinamico e mai uguale a se stesso. Tra il pubblico anche Jiri Kylian, che qualche giorno prima aveva assistito al Malibran alla rappresentazione delle sue opere: Bella figura e Six dances.

 

Capturing Emotions

Kidd Pivot Frankfurt RM
26 maggio > 12 giugno 2010