64.ma mostra internazionale d'arte cinematografica
 

Johnny To e Wai Ka-Fai
MAD DETECTIVE
Hong Kong, 89'

in concorso

 

di Marco GROSOLI


Il “poliziotto folle” del titolo è Bun, uno svitato ex-investigatore che risolve i suoi casi con strani metodi intuitivo-sciamanici (tipo squartare un maiale o farsi chiudere in una valigia e scaraventare giù dalle scale). La scomparsa di un collega porta il giovane detective Ho a chiedere il suo aiuto – segnatamente in virtù della sua abilità di vedere le personalità interiori di chi gli si para davanti – l'assassino ha addirittura sette diversi alter ego.
L'accoppiata che ha traghettato il cinema di Hong Kong oltre la sua morte, oltre la sua drammatica crisi creativa post handover alla Cina, dimostra di funzionare ancora alla grande. Wai è “quello che ha le trovate”, To è quello che le trasforma in cinema, in pura azione, in pura dinamica cinetico-narrativa. E infatti, anche stavolta sulla grandiosa trovata iniziale il film non si autocompiace nemmeno un istante, ma si butta a capofitto nel groviglio di fantasmi materializati dalla visione sovrannaturale di Bun, oscillando vorticosamente tra la sua visione soggettiva e quella oggettiva. Questa ideuzza, insomma, monopolizza il film, che appunto liquida l'intreccio svelando la soluzione subito dopo i titoli di testa, ma non annoia mai perché tale ideuzza non coincide mai con se stessa e trova sempre nuovi modi di riproporsi, nuovi soggetti su cui applicarsi, come lo stesso Ho doppiato inaspettatamente da un alter ego in guisa di ragazzino impaurito, per non parlare della grandiosa trovata conclusiva (dopo una rutilante sparatoria tra gli specchi) che rilancia tutto al di là dell'immaginabile, al di là di qualunque ipotesi di un controllo minimamente stabile del meccanismo.
Da sempre in To il montaggio è l'inabissarsi, anche dell'istante più semplice e piano, in infiniti mondi paralleli, nell'infinita indeterminazione che ogni singolo istante fa irrompere addosso a quello precedente. È questa “l'azione” tradizionalmente intesa, molto semplicemente. E anche qui, è il montaggio a far collidere i mondi paralleli, creati dallo stravedere di Bun, gli uni sugli altri. Ogni taglio (ogni “istante”) ci scaraventa in un altro mondo: un vai-e-vieni tra mondi che interagiscono tra loro senza sosta, senza possibilità di risoluzione quieta. Un'entropia continua, un continuo, dinamicissimo stare in bilico tra i mille strati sovrapposti di cui è fatto lo spazio.
 

VOTO: 29/30

 

L'intervista a Johnny To/Wai Ka-Fai