Il “poliziotto folle” del titolo è Bun, uno svitato ex-investigatore che
risolve i suoi casi con strani metodi intuitivo-sciamanici (tipo squartare
un maiale o farsi chiudere in una valigia e scaraventare giù dalle scale).
La scomparsa di un collega porta il giovane detective Ho a chiedere il suo
aiuto – segnatamente in virtù della sua abilità di vedere le personalità
interiori di chi gli si para davanti – l'assassino ha addirittura sette
diversi alter ego.
L'accoppiata che ha traghettato il cinema di Hong Kong oltre la sua morte,
oltre la sua drammatica crisi creativa post handover alla Cina, dimostra di
funzionare ancora alla grande. Wai è “quello che ha le trovate”, To è quello
che le trasforma in cinema, in pura azione, in pura dinamica
cinetico-narrativa. E infatti, anche stavolta sulla grandiosa trovata
iniziale il film non si autocompiace nemmeno un istante, ma si butta a
capofitto nel groviglio di fantasmi materializati dalla visione
sovrannaturale di Bun, oscillando vorticosamente tra la sua visione
soggettiva e quella oggettiva. Questa ideuzza, insomma, monopolizza il film,
che appunto liquida l'intreccio svelando la soluzione subito dopo i titoli
di testa, ma non annoia mai perché tale ideuzza non coincide mai con se
stessa e trova sempre nuovi modi di riproporsi, nuovi soggetti su cui
applicarsi, come lo stesso Ho doppiato inaspettatamente da un alter ego in
guisa di ragazzino impaurito, per non parlare della grandiosa trovata
conclusiva (dopo una rutilante sparatoria tra gli specchi) che rilancia
tutto al di là dell'immaginabile, al di là di qualunque ipotesi di un
controllo minimamente stabile del meccanismo.
Da sempre in To il montaggio è l'inabissarsi, anche dell'istante più
semplice e piano, in infiniti mondi paralleli, nell'infinita
indeterminazione che ogni singolo istante fa irrompere addosso a quello
precedente. È questa “l'azione” tradizionalmente intesa, molto
semplicemente. E anche qui, è il montaggio a far collidere i mondi
paralleli, creati dallo stravedere di Bun, gli uni sugli altri. Ogni taglio
(ogni “istante”) ci scaraventa in un altro mondo: un vai-e-vieni tra mondi
che interagiscono tra loro senza sosta, senza possibilità di risoluzione
quieta. Un'entropia continua, un continuo, dinamicissimo stare in bilico tra
i mille strati sovrapposti di cui è fatto lo spazio.
VOTO: 29/30
L'intervista a
Johnny To/Wai Ka-Fai
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