LO SCHERMO DEI DIRITTI
Napoli come Amnesty contro le torture.
Dal 5 al 9 marzo una rassegna cinematografica
sulla pena di morte


servizio di
Sandra SALVATO

A seguito del rondò di denunce e sottoscrizioni per l'approvazione della moratoria sull'esecuzione della pena di morte, per la quale con perseveranza si sono battute fino ad oggi associazioni come Nessuno Tocchi Caino ed Amnesty International, Napoli si è candidata quale sede per un ulteriore dibattito. Teatro urbano alfabetizzato dal folklore popolare, crogiuolo di etnie e culture divenute grottesca finestra sul quotidiano impastato di samba e mafia nei film della Torre (TANO DA MORIRE e SUD SIDE STORY), lo scorso 2 e 3 marzo 2001, questo simbolico ombelico del meridione, ha scelto il Maschio Angioino quale elegante e suadente ingegno architettonico (ci accoglie all'entrata la scultura di Mimmo Paladino) per ospitarvi un convegno organizzato da Amnesty International e dalla Camera Penale di Napoli sulle torture e l'esecuzione della pena capitale. Il rapporto sinallagmatico tra fatto socialmente rilevante ed espressione artistica è parso evidente anche all'Assessore alla Cultura del Comune partenopeo. Così, la Sezione Italiana di A.I (non scordiamoci le decine di realtà italiane e internazionali che coadiuvano la prima nella difesa dei diritti umani), in collaborazione con il Nuovo Teatro Nuovo di Napoli del circuito dei Teatri Uniti, ha proposto una rassegna cinematografica in cinque giornate (dal 5 al 9 marzo 2001) intitolata "LO SCHERMO DEI DIRITTI" che, attraverso la proposta di note pellicole tutte collegabili alla tematica dei diritti umani e alla loro tutela, ha condotto lo spettatore ad una riflessione critica che fosse al contempo fruizione del manifesto del cinema d'autore.
La copiosa eredità in celluloide sul tema, per altro firmata da grandi cineasti italiani e stranieri, ha imposto ai curatori della rassegna una scelta tutt'altro che facile. Tentando di offrire uno sguardo che andasse al di là di un'apologia passiva sulle persecuzioni e la pena di morte propria del cinema documentaristico, essi hanno puntato la cinepresa sull'eccezionalità di equilibrismi narrativi e stilistici che talora lasciano il posto all'ambiguità (LA MORTE E LA FANCIULLA, R. Polanski), talora alla crudele rappresentazione della realtà (PORTE APERTE, G. Amelio). L'atto di lasciar trapelare un'idea forte di cinema e di contenuto sembra dunque risultata propedeutica alla scelta. Non è il cinema mai visto, ma il cinema che non si vede mai abbastanza.
Ha aperto questa edizione unica della rassegna che si è svolta presso il Teatro Nuovo di Martone, Sepe e Servillo, KAPÒ di Gillo Pontecorvo. Sentimentalismo e crudeltà per una pellicola che a suo tempo, parliamo degli anni sessanta, scatenò le autorevoli penne della critica di settore. Arrivato da Roma il giorno stesso per introdurne la visione, il regista corre in soccorso dei ricordi sia personali che storici e strega il pubblico presente. L'indomani, secondo la formula "un film al giorno", lo stesso pubblico è scivolato sul gesto emotivo e partecipato di Michal Apted in CUORE DI TUONO. La pellicola, coprodotta da Robert De Niro, s'iscrive nel filone filoindiano degli anni 90, alimentato tra l'altro dal successo di BALLA COI LUPI. Ancora avanti con L'ODIO di M.Kassovitz, che all'ultimo minuto prende le veci - del fuoriuscito - all'improvviso e misteriosamente dalle logiche giustizialiste del mercato - film di Polanski (v.sopra). Quindi, abbiamo ritrovato nell'ordine ORIZZONTI DI GLORIA del geniale Kubrick e PORTE APERTE di Gianni Amelio cui è spettato calare il sipario sull'intero ciclo. Questa volta l'ospite in chiusura si chiama Renato Carpentieri, oggi come ieri carismatica presenza nella lunga veglia teatrale degli ultimi trent'anni. A lui l'amicizia e la memoria di un attore che avremmo voluto fosse amico di tutti, Gian Maria Volontè.
Inutile dire che la lista poteva allungarsi all'infinito. Tra l'altro basta girarsi indietro di poco per notare come questo genere cinematografico possa divenire rituale appuntamento festivaliero ma di proverbiale importanza. Correva la 17° edizione della rassegna torinese. Vinse un film indiano. S'intitolava MARANA SIMHASANAM, ossia "Trono di morte", di nuovo ossia la sedia elettrica per un contadino sorpreso a rubare per fame una noce di cocco…

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