KINEMATRIX - 55° EDINBUNRGH INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2001
16 agosto 2001

LA SOUFRIERE
di Werner Herzog (1977)

Per la retrospettiva di Herzog, e` inevitabile ormai cominciare con un breve antefatto, narrato dall'ottimo curatore (il nome del quale vifaro` sapere al piu` presto). Nel 1976 Herzog viene a sapere, pare da un servizio televisivo (sic), che il vulcano La Soufriere, nell'ex colonia francese di Guadaloupe, sta per esplodere con una violenza immane, da 5 a 8 bombe atomiche. Telefona al suo produttore di fiducia e gli chiede finanziamenti per un documentario da girare sul posto. Il produttore accetta, Herzog chiede un contratto, la risposta del produttore e`: torna vivo da laggiu` e ti faro` firmare un contratto. Non mi e` chiaro quanto di leggenda ci sia in questo, ma sono abbastanza pronto a scommettere che sia vero.
E ancora una volta, dopo LAND DES SCHWEIGENS UND DER DUNKELHEIT e FATA MORGANA, un film bellissimo. 45 minuti di immagini folgoranti, dritte dritte dall'inferno: fumo che esce dalla roccia e nubi di gas tossico incombenti sulla testa degli operatori, mentre la voce off dello stesso Herzog (in inglese e con accento tedesco) commenta luoghi e dati con la massima nonchalance. Attento alla drammatizzazione fatti almeno quanto al dovere di cronaca (anzi, forse piu` alla prima che al secondo), Herzog prepara lo spettatore raccontando inizialmente l'ultima grave esplosione di un vulcano vicino, a Martinica, nel 1902. L'intera popolazione di un'isola spazzata via da una nube di gas tossico rovente, un solo sopravvissuto: un galeotto che era stato messo in isolamento la sera prima. Diverra` un fenomeno da baraccone.
Il film ci regala inoltre un lungo shot per le strade deserte della capitale dell'isola: intendo dire completamente deserte, tutti sono scappati lasciando campo libero ai cani randagi e alle cartacce. Sembra di essere in un episodio di UFO INTERCEPTOR. Restano sull'isola tre persone, una delle quali viene intervistata ed esibisce un fatalismo disarmante: non ha paura di morire? no, e` la volonta` di Dio.
Nota ovvia: e` un dialogo che farebbe ridere per l'ingenuita` in qualsiasi film di finzione; qui, supportato dal fatto
di essere assolutamente vero, assume un tono epico, talmente gigantesco da sfiorare il grottesco. Esattamente come il fatto che quei tre tedeschi folli (Herzog e i due operatori, intendo) rischiarono di morire sul serio... e poi il vulcano non esplose. Ma questo non ci interessa, in fondo.

LEKTIONEN IN FINSTERNIS
(Lessons of darkness / Apocalisse nel deserto)
di Werner Herzog (1992)

Che spettacolo meraviglioso. Esco dal cinema letteralmente a bocca aperta, negli occhi e nelle orecchie ancora le immagini di questo film superbo.
Si tratta di un documentario sulla devastazione lasciata in Kuwait dopo il ritiro degli iracheni nel 1991. Commissionato dalla TV tedesca e poi praticamente lasciato in un cassetto, LEKTIONEN IN FINSTERNIS e` pero`, piu` che un documentario, uno show-off di cinematografia --- ed e` per questo che non e` piaciuto ne' ai tedeschi, ne' tantomeno ai kuwaitiani. Pare addirittura (altra voce riportata dal curatore) che qualcuno a suo tempo abbia sputato in faccia a Herzog, dopo avere visto il film.
LEKTIONEN e` composto per buoni tre quarti da riprese aeree mozzafiato, realizzate in stretta collaborazione col direttore della fotografia
(dovrebbe essere Rainer Klausmann ma mi tengo il beneficio del dubbio).
Vedere questo film sul grande schermo rasenta l'esperienza metafisica e non sto esagerando.
Herzog abbina la musica classica lungo un arco di due secoli (Arvo Paert, Grieg, Verdi, Wagner, Schubert) a sequenze che sembrano provenire da un altro pianeta: cieli completamente neri dal fumo, spiagge e boschi ricoperti dal petrolio, attrezzature e manufatti umani ridotti a scheletri infradiciti dal greggio. La voce over a un certo punto, mentre sorvoliamo quella che sembra essere una regione lacustre: "tutto quello che vedete per terra e che sembra acqua, e` petrolio. Il petrolio e` ingannatore, cerca di travestirsi da acqua e riflette il cielo".
Il risultato e` straordinario e davvero ci porta piu` vicini a quell'ideale herzoghiano di cinema come rappresentazione di una verita` "piu` profonda" di quella reale. In particolare: godetevi il "Recordare, Jesu pie" dal Requiem di Verdi che ci accompagna a 50 metri da terra lungo le installazioni petrolifere di Kuwait City completamente distrutte e nere. Indimenticabile.
Altro paio di maniche, l'intervista ad una donna il cui figlio ha smesso di parlare dopo che i soldati sono penetrati nella loro abitazione; un lungo shot in una camera di tortura; una donna che non riesce piu` a formulare un discorso coerente in seguito al massacro dei suoi due figli davanti ai suoi occhi. Tutto senza compiacimento alcuno, senza pathos, senza voler commuovere lo spettatore.
E infine: gli omini della compagnia che spengono i pozzi facendo esplodere cariche di dinamite sulla fiamma per sottrarle l'ossigeno. Schiacciati da un teleobiettivo contro i getti di greggio e i bracci mastodontici delle escavatrici, sembrano proprio finti, specialmente quando guardano in camera sorridendo e vantandosi del loro lavoro! Un ulteriore esempio del sottile umorismo deforme che ho trovato in tanto altro Herzog. Un regista che mi si colloca, man mano che lo conosco, davvero su un piano di eccellenza. Cappello.

LA CIENAGA
di Lucrecia Martel (2001)

Un gruppo di borghesi argentini in campagna, ubriachi, viziosi, inetti e stupidi; ragazzini di tredici anni col fucile in mano; incesti potenziali e passioni nascoste, condite dal disprezzo che i bianchi d'Argentina ancora portano per gli Indios. Questi sono gli elementi principali di LA CIENAGA, interessante ritratto di classe contemporaneo cui forse un po' piu` di ritmo non avrebbe nociuto.
Pare proprio non succeda nulla, nella tradizione minimalista piu` classica, e invece dal nulla emergono miserie, attriti, odii e razzismi striscianti. Il merito piu` grande del film e` forse proprio quello di lasciare trasparire tutto il brutto che una middle class viziata e
inetta come questa riesce a esprimere, piuttosto che consegnarcelo gia` pronto. Tanta camera a mano e luci al naturale - puo` essere che Lucrecia Martel miri a scomparire dietro la macchina da presa in un rigurgito dogma-like.
Le sue armi sono i bambini (gia` tutti minati dal vizio e dalla decadenza) e la coppia dei padroni della Cienaga ("la palude", luogo ove si trova la villa attorno cui ruota la vicenda). Mai visti due imbecilli tali, immersi vita natural durante nel far nulla, lamentarsi della servitu` (india) e trascinarsi fra un bicchiere a l'altro. Bel lavoro, anche se, come ho gia` detto, un poco piu` di azione avrebbe certo giovato. E` un'ora e quaranta, ma fa un po' fatica a passare.

a cura di
Julian Richardson e Claudio Castellini
15 - 17 / torna all'home page