KINEMATRIX - 55° EDINBUNRGH INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2001
14 agosto 2001

FATA MORGANA
di Werner Herzog (1971)

Secondo episodio della retrospettiva documentaristica di Herzog. Il Nostro nel '69 decide di andare a girare un film di fantascienza in Africa; l'idea e`, script alla mano, che gli alieni ci osservano a loro modo. Giunto in Africa rimane talmente colpito dai paesaggi che butta la sceneggiatura nel cesso e comincia a girare, girare, girare finche' non gli si spezza la cinepresa. Durante i mesi di riprese finira` pure in carcere assieme all'operatore.
FATA MORGANA e` diviso in tre parti. La prima, "La creazione", e` di una bellezza esaltante. Non c'e` letteralmente nulla: paesaggi, panoramiche, riprese aeree e da automobile, inquadrature fisse; nessuna tangibile presenza di uomini (ma tangibilissima presenza degli *artefatti* umani); musica sublime; la voce di Lotte Eisner che legge brani del Popol Vuh (inteso come racconto mitologico dei guatemaltechi). Niente di nuovo, tutto da vedere e ascoltare, semplice surreale e meraviglioso. Una sorta di "visione metafisica" che non disdegna scorie, rottami, automobili distrutte, carcasse di animali, assieme agli incredibili landscapes africani.
Poi i toni si smorzano, una vena di grottesco e comico si insinua nella visione degli alieni: una specie di naturalista acconta la vita di una lucertola; un uomo in muta da sub ci introduce al mondo delle tartarughe; due imbecilli corrono dietro una costruzione facendo segnali
all'operatore. Il secondo segmento, "Il paradiso", sembra contraddire nettamente l'assunto che il mondo sia stato creato per l'uomo (diceva la voce recitante del primo capitolo). Qui ho qualche dubbio, in primis Herzog sembra compiacersi un tantino, e poi la musica di Leonard Cohen non mi e` parsa proprio azzeccata.
Il terzo, "L'eta` dell'oro", vira decisamente verso il surreale. Accompagnato da una coppia di folli musicisti da balera, il genere umano si rivela una vera cacca, buono solo per farci ridere. Gran finale, una panoramica: una jeep si allontana nel veldt africano. Giusto per ricollegarci all'inizio, in cui cinque aeroplani sono mostrati durante l'atterraggio.
Decisamente meno fruibile di "Land des Schweigens...", FATA MORGANA mostra qualche problema di ritmo (ma c'e` un ritmo?). E comunque l'obiettivo (anche qui, ammesso ve ne sia uno) e` centrato: la "visione degli dei" potrebbe proprio essere questa, la visione di una razza di dei annoiati e stanchi, troppo immortali e completi per non prendere piacere del lato ridicolo dell'esistenza umana.
Pensate (paragone non proprio all'altezza, ma tant'e`) agli abitanti del Vortex di ZARDOZ: potrebbero davvero trovare lo stesso compiacimento tanto nelle valli e distese africane quanto nel patetico affastellarsi delle case/capanne, quanto nelle risate di un chitarrista autoctono. E comunque mai come in questo caso il significato di un film, se c'e`, e` negli occhi dello spettatore; ha risposto a suo tempo Herzog stesso a chi gli chiedeva quale fosse il senso del film: e` tutto sullo schermo, e non c'e` altro. E come si fa a replicare a uno statement del genere?


AMORES POSSIVEIS
(Possible loves / Amori possibili)
di Sandra Werneck (2000)

Circondato da mezza comunita` brasiliana in Edimburgo, mi sono goduto un'oretta e tre quarti di rilassamento totale. Il film e` piacevole e bellino anche se niente di eccezionale.
Tre storie (recitate dagli stessi 4 attori che hanno sempre gli stessi nomi) rendono omaggio a una sorta di realismo sentimentale che ho apprezzato moltissimo anche nell'ultimo bacio: tre uomini in bilico fra una o piu` storie, decidono di fare un grande passo ma saranno costretti ad ammettere l'errore e tornare sui propri passi; abbastanza sorprendentemente saranno tutti e tre perdonati e finiranno per rientrare nelle vite precedenti non senza sofferenza.
Insomma, la vita non e` un film, non vi sono grandi passioni ne' morti ammazzati, ma tanto dolore, errori, e comprensione per gli sbagli altrui. Cosi` Carlos (1) scappa dalla moglie per unirsi a una ex compagna di scuola; hanno una relazione breve e intensa, ma Carlos finisce per tornare fra le braccia della moglie; Carlos (2) scopertosi omosessuale ha lasciato tre anni fa moglie e figlio; ci "riprova" con la moglie ma non vi riesce; Carlos (3), alla ricerca dell'amore perfetto, cade tra le braccia di una ex compagna (di nuovo) e, dopo un grave litigio, decide di tenerla con se' per sempre.
Si tratta di amori possibili, come dice il titolo, storie come *potrebbero* effettivamente accadere.
AMORES POSSIVEIS e` intriso di "brasilianita`", girato in maniera canonicissima (esemplare il montaggio dei dialoghi) e arricchito da una scrittura eccellente soprattutto negli stessi dialoghi, realistici e sensati anche se veicolo di grandi passioni. Soprattutto Carlos (3) e i suoi battibecchi con la madre sono da gustare in pieno. Niente male.


OTESANEK
(Little Otik / Il piccolo Otik)
di Jan Svankmajer (2000)

Praga. Bodjenka e Karel non possono avere figli. Tutte le loro speranze sono proiettate sull'ultimo esame, che fallisce. Un giorno Karel, in campagna, sradica un tronco d'albero e lo regala ironicamente alla moglie: ecco nostro figlio! Inizia qui un'ossessione di maternita` isterica che porta Bodjenka a curare a accudire il tronco come fosse davvero suo figlio. Minimo problema: il tronco lentamente prende vita fino a diventare un mostro divoratore di uomini.
Il film ti piglia alla gola, d'assalto, con 20 minuti iniziali assolutamente spettacolari. Le soluzioni visive si sprecano: neonati pescati dall'acquaio di un pescivendolo ambulante; shot ravvicinatissimi di cibo e bocche (dal che si capisce che schifezze mangino in repubblica Ceca); illusioni e proiezioni mentali visualizzate con brevi animazioni o sequenze in stop-motion.
Ma la caratteristica piu` evidente pare essere il gusto dell'orrido, che prevale nella scelta accurata del sonoro, dei rumori di gorgogli e movimenti delle budella, nelle inquadrature a primissimo piano o dettaglio; nella scelta degli attori, permamentemente stralunati; e finalmente, nella follia totale dello script, nel quale si ravvisano echi kafkiani. Montaggio completamente surreale con accenni formali qua e la`, soprattutto molto evidenti (ancora) le ossessioni culinarie, con raccordi effettuati sui piatti di minestra!
Purtroppo a tutto questo non corrisponde un adeguato ritmo. Il film non potrebbe mai andare avanti come nei primi 20 minuti, e sta bene; ma anche se i personaggi secondari, soprattutto la bambina e la sua famiglia, che prendono il sopravvento dalla meta` in poi, sono comicissimi, ci si annoia un bel po'. Insomma, non regge le due ore e rotti di cui e` composto; e` troppo esile e mi risulta privo di un motivo trainante valido. Se durasse un 45 minuti in meno sarebbe perfetto.

a cura di
Julian Richardson e Claudio Castellini
13 - 15 / torna all'home page