ENEMY AT THE GATES

di Jean Jacques Annaud
con Jude Law, Rachel Weistz,
Joseph Fiennies ed Ed Harris


ENEMY AT THE GATES apre il 51° festival di Berlino, dà il via alle danze, alle sfilate in passerella, a splendide retrospettive di film spesso introvabili (Fritz Lang, Kirck Douglas), a fioccanti pettegolezzi, a critiche impietose e, naturalmente, a dodici giorni di puro cinema, ovvero a ciò che molti definiscono "il balocco più bello del mondo"! Il colossal di Annaud è stato scelto per molte ragioni. Innanzitutto perché è stato girato quasi interamente nei modernissimi studi di Berlino e dintorni e finanziato, per la maggior parte, dai sempre generosi finanziamenti della grande Germania. Inoltre Annaud è un regista di provata esperienza, capace di fare del buon cinema secondo tutti i crismi (L'ORSO, SETTE ANNI IN TIBET, IL NOME DELLA ROSA, anch'esso girato in Germania), un cinema costoso, ricco e mirabolante che punta molto - ma non troppo - sugli elementi spettacolari. D'altronde non bisogna dimenticare che la Settima Arte, prima di essere riflessione alienante e sperimentale, é un intrattenimento che prende per mano lo spettatore e lo trasporta in luoghi e situazioni a lui sconosciuti, mentre il suo corpo se ne sta tranquillamente seduto in poltrona. In questo caso Annaud sceglie di teletrasportare i nostri occhi a Stalingrado, durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di una battaglia ormai leggendaria: i nazisti hanno conquistato tutta l'Europa e si apprestano a fagocitare anche la Russia; Stalingrado é l'ultimo baluardo della resistenza: la sua importanza è soprattutto simbolica visto che la città porta il nome del "boss" (Stalin, così come viene chiamato nel film). Questo il concept, che sposa il punto di vista dei russi (e non degli americani che, almeno qui, non c'entrano niente!); Berlino si é rivelata preziosa anche per la sua consistente comunità russa da cui proviene buona parte delle comparse. Ma la pellicola é anche un omaggio al grande cineasta che Annaud annovera fra i suoi migliori maestri: Ejzenstejn. Ed in effetti l'influenza del maestro si vede, non tanto nel montaggio esibito - Annaud racconta le sue storie in maniera piuttosto classica e lineare - quanto nella forte carica espressiva che connota le scene di massa. In questo senso il film si caratterizza per un epica crudezza, per una violenza, mai fine a se stessa, che riproduce fedelmente l'atmosfera di una trincea; sullo sfondo (magnificamente ricostruito negli studi di Berlino) di una città in fiamme, una città distrutta dai bombardamenti, i soldati si aggirano come fantasmi: messaggeri di morte senza volto e senza altro scopo se non quello di centrare il bersaglio, compresi i civili.
Rachel Weistz, l'attrice co-protagonista, ha sottolineato che, lavorando a Berlino, si é resa conto di quanto i giovani tedeschi siano coscienti delle atrocità commesse dai nazisti in guerra: dati gli ultimi rigurgiti, non ne sarei tanto sicura. Annaud ha aggiunto che questo gli sembrava il momento giusto per parlare della Seconda Guerra Mondiale: osservandola da una certa distanza l'impatto emotivo si smorza ed é possibile descriverla più obiettivamente. Tuttavia le lunghe scene di guerra che sono presenti sin dall'inizio mi sembrano molto attuali: una guerra di appostamenti, d'attesa, cecchini nascosti in ogni buco e civili terrorizzati sono realtà che abbiamo continuamente sotto gli occhi. E se il cinema è soprattutto sguardo, questo film punta molto sullo sguardo dei soldati appostati, dietro le persiane, tra le macerie, nei tubi, nascosti fra i cadaveri. La prima scena mostra proprio il mirino di un fucile e gli occhi dell'animale, durante una caccia al lupo: un vecchio insegna i trucchi del mestiere ad un ragazzino che poi ne farà tesoro durante le sua esperienza di guerra diventando, suo malgrado, un eroe: non respirare, resta immobile come pietra, mira in mezzo agli occhi. Uno dei titoli del film, che in Francia uscirà come STALINGRAD, é DUEL: la sfida personale tra Hitler e Stalin si traduce in un duello tra un ufficiale tedesco (Ed Harris, l'attore dagli occhi di ghiaccio nominato agli Oscar per il TRUMAN SHOW) ed un giovane russo (Jude Law, un'altra nomination per THE TALENTED MISTER RIPLEY). Due ruoli, preda e cacciatore, che si scambiano continuamente. Una questione d'onore dove protagonista ed antagonista sono messi sullo stesso piano; d'altronde Hitchcock diceva che l'antagonista deve essere un personaggio forte e completo quanto il protagonista, altrimenti la sfida non è interessante. Un duello leggendario come quelli dei western, che però si basa su un aneddoto storico realmente accaduto: per realizzare DUEL Annaud ha fatto molte ricerche negli archivi storici, gli attori hanno dovuto leggere le interviste ai sopravvissuti - sia russi che tedeschi - e studiare centinaia di foto. Il fucile di Vassili Zaitsev, l'eroe di guerra incarnato da Jude Law, é esposto al museo di Volgograd. L'aneddoto storico testimonia anche una storia d'amore in cui Vassili cede al fascino di una combattente russa di nome Tania. Come in ogni film che voglia avere successo, anche qui il legame sentimentale tra i due é centrale e da esso scaturisce la figura di Danilov (Joseph Fiennies, reduce dall'acclamato SHAKESPEARE IN LOVE), un ufficiale russo innamorato di Tania. Un altro esempio di come le vicende personali - e le donne - influenzino le scelte politiche e non solo: "Dicono che il Comunismo" afferma Danilov "renda tutti uguali, ma non per quanto riguarda il bisogno d'amore e l'amicizia; ci sarà sempre qualcuno più ricco ed altri poveri".
Jude Law, bello e bravo (è il caso di dirlo) dopo un fantastico esordio in EXISTENZ, si dichiara entusiasta della sceneggiatura di Annaud e Alain Godard: "Volevo interpretare un personaggio semplice, animato da un genuino istinto vitale che si esprime più con il corpo che attraverso le parole". D'altra parte il regista ha espressamente voluto il giovane attore inglese per interpretare la parte di un eroe carismatico e, come tutti gli eroi, bellissimo.
Sembra quasi impossibile trattare un tema di così larga portata come la battaglia di Stalingrado attraverso la storia di un individuo, eppure Annaud afferma di aver sempre amato il lato epico della vita, la vita vera, la vita delle persone, quel intimo coraggio che ci spinge a sopravvivere e lottare. Per una volta la storia d'amore che ci emoziona sugli schermi ha davvero una corrispondenza con la vita reale e questo ci consola un po'. Come afferma Annaud spesso "gli occhi di un personaggio sono il più bel panorama che si possa ritrarre".


Elena SAN PIETRO


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