KINEMATRIX INCONTRA JOE DANTE, iii

Prima Parte

 

di Gabriele FRANCIONI

“L’ Horror è il vero cinema di guerra!”

 

 

KINEMATRIX: Partiamo subito da "Homecoming" e da una mia idea sul genere cinematografico più adatto a rappresentare i tempi di guerra. Poiché questa è sempre un inferno fatto di puro orrore, come si dice spesso nel suo film, e non avendo alcun senso è solo il materializzarsi del concetto di “orrore”, appunto, ci viene spontaneo affermare, molto semplicemente, che il genere più appropriato, forse l’unico, durante i periodi bellici è l’Horror.

 

JOE DANTE: Sono d’accordo con quello che dici. Nel 2003/2004, quando abbiamo girato "Homecoming", nessuno produceva alcunché sulla guerra in Iraq, per cui il nostro film ha scioccato un gran numero di persone, dal momento che non si sarebbero mai aspettati che qualcuno se ne uscisse con un tono polemico simile a quello rintracciabile in "Homecoming". Da allora, però, sono venuti fuori molti lavori sull’argomento…

 

KMX:  Come REDACTED, IN THE VALLEY OF ELAH…

 

JD: Esattamente… e anche LIONS FOR THE LAMBS. Il pubblico di spettatori li ha rifiutati in blocco. Non vogliono vederli, non vogliono doverci avere a che fare: credono che basti guardare il telegiornale o leggere i giornali o elaborare un “senso di colpa collettivo”, perché fondamentalmente non vogliono prendere di petto il problema.

Oltre a ciò, senza dubbio non hanno alcuna intenzione di spendere 11 dollari per dover affrontare l’argomento-guerra !

Di conseguenza, nessuno ha ottenuto grande attenzione in America. Come saprete, nel caso del Vietnam la gente ha impiegato molti anni prima di cominciare ad analizzare, col senno di poi, quello che era successo. Questa volta è diverso: una categoria come quella dei cineasti, degli artisti in genere, si sente così frustrata che DEVE esprimere in qualche modo i propri sentimenti e forse quello che dicono non è esattamente ciò per cui la gente comune si sente pronta.

 

KMX: In definitiva è d’accordo con l’affermazione in base alla quale diciamo che l’horror è il vero genere di guerra durante i conflitti, anche perché solo dopo la fine di qualsiasi evento bellico si può avere quella “prospettiva” tale da permettere la realizzazione di war-movies come, ad esempio, ORIZZONTI DI GLORIA…

 

JD: Assolutamente sì! C’è tutta una tradizione di film horror tesi a codificare certi messaggi di natura “politica”, che determinano un impatto molto più forte sul pubblico, perché sembrano non trattare idee e concetti attorno ai quali, invece, sono sviluppati. Sia negli anni Trenta che durante la Seconda Guerra Mondiale si facevano, per così dire, “riduzioni cinematografiche horror” di tematiche a matrice sociale, che riuscivano - senza dirlo! - a parlare dei sentimenti della gente in quel periodo.

In realtà, "Homecoming" è un po’ diverso, in quest’ottica, da quelle pellicole: è allo stesso tempo un horror e il tentativo di rifare una sorta di film contemporaneo su soldati duri a morire.

Credo che sia la prima volta dai tempi di J’ACCUSE (Abel Gance, 1939, n.d.r.) che qualcuno ci prova... Gance non ne aveva fatto anche un altro così?

 

KMX: Sì… era intitolato THAT THEY MAY LIVE, credo…

 

JD: Esatto, sì… Comunque, concordo assolutamente sul fatto che durante una guerra il modo giusto di portare avanti una protesta attraverso il cinema sia quello di non essere specifici e questo "Homecoming" è innanzitutto un film di zombi. Credo che gli zombi siano in ogni caso molto “metaforici”, sin dai loro “esordi” degli anni Trenta. Ne parlavo proprio l’altro giorno: fino a quegli anni il termine “zumbi”, di origine haitiana, non era stato mai usato.  

KMX: A conferma di tutto quello che lei ha appena detto, possiamo anche ricordare che il NOSFERATU di Murnau è del ’22, solo quattro anni dopo la disfatta tedesca nella Prima Guerra Mondiale… 

JD: Esattamente…

KMX:  E lei ha avuto anche più capacità di osare, girando durante e non dopo la guerra… 

JD: Il fatto è che la frustrazione era tanta e non ne potevamo più, io e i miei amici registi, di non avere alcun potere in merito. La cosa peggiore era starsene con le mani in mano, accettando la situazione senza protestare, per cui alla fine è venuto fuori un film di protesta.

KMX: Ricordo anche la nostra intervista a Venezia nel 2004, un paio di mesi prima delle elezioni: eravamo tutti sicuri che un cambiamento fosse all’orizzonte, cioè che Kerry avrebbe vinto. Poi, dopo, è stato tutto così frustrante…

JD: Si è scoperto dopo che non era il candidato adatto e anche le elezioni sono state “gestite” in un modo che…

KMX: Allora questa volta asteniamoci dal parlare di quelle del 2008!

JD: (Sospira)… Se si vuole cadere in depressione, puoi tranquillamente parlare della politica americana… E se nel 2008 si ridurrà tutto a uno scontro tra Hillary Clinton e Giuliani, sarà tristissimo…(risate) 

KMX: è il turno di New York, New York e ancora New York…

 

JD: New York, New York, lo so, e il buffo è che nessuno dei due è newyorchese! A parte loro, Obama non ha abbastanza esperienza e non credo possa vincere. Hillary di esperienza ne ha, ma è odiatissima da più di metà della nazione, cosa che succede da diversi anni, e oltre a ciò ho la sensazione che i Repubblicani la vorrebbero veder vincere la convention democratica perché hanno talmente tanto risentimento da tirare fuori, che vogliono provare a battersi contro di lei.Il fatto che sia una donna non aiuta, così molti non la voteranno per questo motivo, come Obama che è nero e non avrebbe molti consensi. La situazione peggiore sarebbe uno scontro Clinton/Obama, perché praticamente tutti si asterrebbero dal votarli e l’ironia è che, dopo i disastri, il tradimento e gli errori da parte repubblicana, potrebbero pensare addirittura di poterli fare fuori entrambi per far entrare in gioco altri candidati, anche se le scelte alternative sono debolissime…è il nostro desiderio di morte, il nostro deathwish americano… 

KMX: E il nuovo “Masters of Horror”, la nuova serie?

JD: I M.O.H. sono andati avanti per due stagioni, poi chi li finanziava ne ha avuto abbastanza. I registi coinvolti, invece, non vedevano l’ora di continuare, così da un prodotto per tv via cavo si è passati a un prodotto per un tipo di network tradizionale, in questo caso la Nbc, con le location ancora in Canada. Mi è stato detto, anzi, che la Provincia di Manitoba, dove gireremo questa volta, deterrà parte dei diritti, al punto che sono loro ad aver tirato fuori parte dei soldi necessari a portare avanti il progetto. Lo sciopero degli sceneggiatori, peraltro, ha messo un freno all’intera operazione, perché la maggior parte degli script di M.O.H. 3 non è ancora pronta e non ho alcuna idea del tipo d’impatto che potranno avere i film questa volta, quando verranno trasmessi o se addirittura si deciderà di farli veramente, a questo punto.

Avremo molta meno libertà, tra l’altro, perché i network americani funzionano così: hanno sponsor che, comprensibilmente, non intendono pubblicizzare qualcosa che disincentivi lo spettatore dall’acquistare i loro prodotti. Per di più, sempre a colpa delle regole del network, purtroppo avremo a disposizione solo 41 minuti invece dei precedenti 60 per raccontare le nostre storie. Solo 41 minuti sull’ora complessiva del formato, il resto è coperto solo dalla pubblicità…

 

KMX: E chissà di che tipo!

 

JD: Beh, gli spot che vanno per la maggiore tra i network di New York e Los Angeles sono quelli sui problemi intestinali… (Dante fa riferimento, a dir la verità, a un’altra comunissima disfunzione del genere, n.d.r.). è difficilissimo raccontare storie in 41 minuti, divise in 3 atti principali, ma io credo di averne trovata una giusta, anche se non sono ancora sicuro di usare questa. Le persone coinvolte saranno praticamente le stesse delle due volte precedenti: Mick Garris, ovviamente, che produce; Guillermo Del Toro, forse, anche se non lo vedo bene costretto in un formato così ridotto. Però dipende tutto dal tipo di storia che scegli. Dario Argento invece non ci sarà.

 

KMX: "Homecoming" tratta anche del potere opprimente dei media tradizionali (TV, radio e stampa), in una maniera simile a film come OUTFOXED, ENRON e MAN FROM PLAINS. Nel suo film c’è il “Marty Clark Show” - che non dovrebbe essere uno show, dal momento che si dovrebbe parlare d’informazione… - durante il quale gli ospiti vengono interrotti e argomenti delicati vengono introdotti piattamente, quasi comicamente (come quando il conduttore ripete con tono anonimo la domanda-chiave “Perché mio figlio è morto?” pronunciata dalla madre di un soldato caduto in Iraq). Oggi come oggi, incredibilmente, se i media tradizionali hanno il compito di raccontare “balle”, tocca al cinema sovversivo, al genere horror, a certi “indipendenti” raccontare la verità. Supportato da Internet, ormai ingaggiato in una specie di guerra contro quelli, che a mio modo di vedere, e nonostante certe degenerazioni, è ancora la vera “land of the free”…

 

JD: Il problema di base è che i media tradizionali sono proprietà di multinazionali, di corporazioni potentissime, sicché è praticamente impossibile credere a una parola di quello che dicono…

 

KMX: Come si vede anche nel film OUTFOXED (qui la recensione, n.d.r.)

 

JD: Esattamente. E la Fox è proprio il tipo di canale totalmente impegnato a diffondere un solo punto di vista, cioè quello del governo, il ché fa molto 1984.

Gli altri stud… Gli altri canali sono anch’essi parte di enormi “conglomerati”, alcuni dei quali più “omnicomprensivi” di altri, ma comunque c’è sempre un buon motivo per interpretare cum grano salis quello che dicono, che di norma non è ciò cui danno maggiore esposizione, cioè le storie che quasi evitano di trattare, quelle che finiscono per essere pubblicate a pagina 92 dei giornali, ma che sono invece argomenti importantissimi. C’è un solo posto dove puoi trovare questo genere di storie: Internet.

Eppure anche Internet ha un limite, dovuto al fatto che stranamente nessuno si è preoccupato di “monitorarlo” un po’: la sua debolezza. Wikipedia, ad esempio, ha delle presentazioni delle voci e degli argomenti che variano in base a quello che ne scrive la gente sul sito!

 

KMX: Un portale concepito con assoluta disonestà intellettuale e “razzismo”. Basta digitare voci tipo Janis Joplin o Jim Morrison per vedere come la realtà venga sistematicamente distorta, per veicolare messaggi più “convenienti” del vero, da cui le biografie “orientate” (leggasi “negativizzanti”) di questi artisti sovversivi, ad esempio…

 

JD: Hai colto in pieno la natura del problema. C’è molta rabbia su Internet, da una parte e dall’altra. Anche i bloggers esagerano: hanno sicuramente ottime ragioni per essere incazzati, ma, insomma, sembra che tutti se la prendano per qualcosa di diverso dagli altri, senza che si crei una “comunità”. Sempre su Wikipedia: le presentazioni cambiano da una settimana all’altra in base a quanto la gente non ama una certa persona sulla quale si cercano informazioni. Scrivono quasi sempre cose negative, la maggior parte delle quali, ovviamente, non sono vere!

Ad ogni modo, Internet rimane uno strumento di straordinario sviluppo. Io stesso, che già vedevo spesso o chiamavo sempre al telefono alcune persone, mi ritrovo a mandar loro tutte queste emai! Quindi sono molto più “connesso” di quanto non lo fossi prima di prendermi un computer.

 

 

Fine della 1.ma parte.

La seconda e terza parte verranno pubblicate nei prossimi giorni

 

Hotel Continentale, Trieste, 17 novembre 2007