iv ed. roma film festival
Roma Capitale, 15 / 23 ottobre 2009
 

di Mattea DI FABIO

MY FLESH MY BLOOD

intervista a Marcin Wrona

recensioni

MATTEA DI FABIO Ieri ho visto il tuo film, Marcin. Mi è davvero piaciuto.

 

MARCIN WRONA Grazie per averlo visto. è il mio primo film.

 

Partiamo dal titolo originale: Moja Krew. "Krew", se non sbaglio, ha un significato che va al di là di sangue.

 

Esattamente. Non si tratta solo del sangue che ci scorre dentro, nelle vene, ma è la discendenza. è il sangue come figlio.

 

Non si tratta quindi solo del sangue sulla faccia del protagonista Igor dopo un incontro sul ring o uno scontro per strada. è un sangue che vuole essere senso di appartenenza e di eredità?

 

Sì, Igor sente il bisogno di comunicare con il mondo, di lasciare un segno del proprio passaggio. Igor è un pugile che non può più combattere per i gravi danni subiti al cervello. è abituato a comunicare esclusivamente attraverso il corpo, attraverso le sue mani da boxer, e una volta fuori dal giro, dal suo mondo, dall’unico mondo che conosce, trova una grande difficoltà ad esprimere le proprie emozioni: dalla rabbia alla paura all’amore. Le emozioni e la loro evoluzione sono al centro della storia e le ho volute raccontare attraverso livelli diversi di comunicazione e personaggi, apparentemente, diversi.


E i due protagonisti sono personaggi dalla fisicità totalmente diversa, per esempio, direi opposta: Igor, interperetato da Eryk Lubos, è un fascio di muscoli nervosi mentre Yen-Ha, interpretata da Luu De Ly, è minuta e delicata.


Mi fanno pensare al gigante e alla piccola donna de La Strada, un grande film che racconta grandi emozioni...

Quando hai cominciato a scrivere la sceneggiatura perchè hai pensato proprio alle figure di un pugile e di un’immigtata vietnamita?

Perché entambe le figure sono parte del mio mondo. Vengo dall’ambiente sportivo, dal pugilato. Vengo da Varsavia, dove il film è ambientato e dove la comunità asiatica e vietnamita, in particolare, è ben radicata e presente da tempo con le proprie tradizioni. La zona tra lo stadio e la stazione ferroviaria è un pezzo di Vietnam, sembra di stare lì e non a Varsavia! Il mercato, gli odori, la gente. Amo quel posto, camminare per le vie del mercato, osservare...e amo la zuppa vietnamita!

Mi ha colpito molto la ripresa dall’alto che fai proprio dai tetti di quel mercato, quando Igor, vista Yen-Ha sull’autobus, scende alla stessa fermata per seguirla. E comincia il viaggio in un altro mondo... E più i due si avvicinano, più il viaggio nell’altra cultura si fa intenso. Ho notato che Igor è affascinato non solo dalla delicatezza della ragazza, ma da tutto il contesto come quando osserva curioso e rispettoso lo sgranare dei rosari buddhisti o le bandiere colorate con le preghiere affidate al vento...

Sono due mondi che si incontrano pur nel conflitto. Igor e Yen-Ha sono personaggi con un profondo conflitto, che cercano un posto nel mondo, una posizione. Stringono un accordo, lui vuole un figlio, lei ha bisogno di un permesso di soggiorno per restare in Polonia. Anche gli altri personaggi del film si portano dietro un bagaglio più o meno pesante e hanno un intreccio più o meno forte con le vite e le scelte dei due protagonisti. Quell’accordo è dettato non solo da necessità materiali, ma è regolato anche e soprattutto dalle emozioni

Marcin, grazie per Moja Krew, per questa storia d’amore nei confronti della propria identità.

 

Festa del Cinema, 17/10/2009

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