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Seconda guerra mondiale. Durante una missione, per non venir meno agli ordini ricevuti, il marine Joe Enders impone ai suoi uomini di non ritirarsi di fronte al nemico. Il suo irreprensibile senso del dovere causerà la morte di quasi tutti i suoi uomini e anche il suo ferimento. Dopo qualche tempo, nonostante non si sia ancora del tutto ripreso (un timpano perforato, difficoltà di deambulazione) e con i sensi di colpa che lo tormentano, spinge per poter tornare al fronte e accetta una delicata missione in Giappone. Gli viene affidato il giovane Navajo Ben Yahzee, addestrato, come altri della sua tribù, a comunicare le coordinate del nemico agli altri reparti utilizzando un complesso codice basato sulla sua lingua madre. Joe, incaricato di impedire "a qualsiasi costo" che il codice cada nelle mani del nemico, si ritrova a fare i conti direttamente con i suoi fantasmi. Infatti, mentre Ben cerca di instaurare con lui un rapporto di amicizia, Joe si trincera dietro una maschera di cinismo e indifferenza perché ben coscio che, nell'eventualità in cui l'indiano stia per essere catturato, dovrà essere lui stesso a premere il grilletto. Pur senza dimenticare la tradizione, John Woo vorrebbe fare un war movie moderno, cercando di utilizzare il conflitto non come facile scappatoia per il genere avventuroso ma, come ebbe a scrivere il critico Alberto Castellano, "come pretesto per raccontare le implicazioni ideologiche e esistenziali e le ripercussioni psicologiche e morali della guerra". Ambientato ai tempi della battaglia di Saipan, in un Giappone che ricorda molto da vicino il Vietnam della "sporca guerra", i temi cari al regista (l'amicizia, l'onore, il senso del dovere) e il dilemma etico di fondo (dove finisce il ruolo del soldato e comincia l'essere umano?) rimangono purtroppo solo dei buoni propositi di un film non fatto. La ricerca di una resa spettacolare che fosse all'altezza dei colossi predecessori (come il SOLDATO RYAN o PEARL HARBOR) ha la meglio su ogni altro aspetto; e così i bombardamenti assordanti, le interminabili battaglie, gli infiniti corpo a corpo, finiscono per relegare il dramma umano in un angolino, impediscono al racconto intimista di prendere il volo. Va detto che in questo il regista non è affatto coadiuvato da un Nicolas Cage in versione supereroe di guerra (altro che spider-man, lui da solo ne fa fuori dieci al colpo). Questo attore americano - che si esalta nella caratterizzazione di personaggi estremi come psicopatici o disperati - pare abbia perso del tutto le mezze misure, o assume una espressione apatica oppure quella del pazzo esaltato (veramente trash alcuni suoi primi piani) e sa manifestare il suo dissidio interiore con la stessa delicatezza che ci metterebbe un gorilla dentro un negozio di antiquariato. Voto: 17/30 |
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Loris
SERAFINO |
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