JOHN WOO
alla presentazione del nuovo WINDTALKERS



JOHN WOO saluta il pubblico presente all'anteprima del suo ultimo film, WINDTALKERS, ammettendo il suo nervosismo prima di arrivare in Italia: "Fare un film è come scrivere una lettera ad un amico.. non sai mai come sarà preso..".

DOMANDA: Questo film, così diverso dai suoi lavori precedenti, segna l'inizio di un nuovo corso nella sua carriera?
RISPOSTA: Dopo Gangster, Kung Fu ed Action Movies volevo cambiare, fare qualcosa di più serio ed impegnato. Sono stato colpito dalla storia dei CODE TALKERS. Non conoscevo i Navajo, mi sono documentato ed ho creduto meritassero un film.

D: Quali sono le differenze e, comunque, qual è il rapporto tra questo film ed il suo precedente BULLETT IN THE HEAD?
R:In effetti c'è un evidente parallelo tra questi miei due film: il tema comune è quello dell'amicizia e del tradimento. Ma BULLETT IN THE HEAD, soprattutto nella prima parte, è ispirato alla mia biografia (la seconda, invece, affronta l'argomento della guerra che cambia le persone) mentre WINDTALKERS parla della Storia con la S maiuscola, quella collettiva, generale e documentata. Entrambi i film contengono un messaggio contro la guerra ed entrambi mostrano, attraverso la figura emblematica dell'antieroe, quanto io odi la guerra che è inferno e rovina.

KINEMATRIX: Come si è documentato?
RISPOSTA: La parte del film che tratta la preparazione, l'addestramento ed il lavoro dei Code Talkers è basata su riscontri documentali e testimoniali. Sul set avevamo un consulente che ci spiegava come usare il codice.

D: Il punto di vista privilegiato del film è quello del Navajo.. né americano né giapponese.. non una delle parti del conflitto in corso durante la Seconda Guerra Mondiale..
R: L'intera pellicola rispecchia il mio punto di vista, è un film più personale ed umano che cronaca. Per questo mi sono occupato soprattutto di sviluppare personaggi e caratteri piuttosto che di eventi e date. Ho cercato di realizzare un film diverso dal prodotto bellico tipicamente Hollywoodiano. Ho puntato ad ottenere realismo parlando di gente comune e non di supereroi alla John Wayne. Anche i giapponesi devono rappresentare il nemico invisibile per rendere più forte la sensazione del rischio e del pericolo che può essere ovunque. Ma nonostante ciò non ho dimenticato che il nemico più grande non sono i soldati avversari ma l'odio e l'orrore che si annidano dentro i protagonisti. Anche all'interno del gruppo di commilitoni ho inserito elementi di disagio, problemi di convivenza e comprensione reciproca, proprio per far sentire la tensione che inevitabilmente mina la solidarietà.

D: Hollywood vede la guerra come purificazione, in questo particolare momento storico.. lei ha avuto problemi con questo suo film che, invece, la condanna come portatrice di rovina ed inferno?
R: Prima che girassi il film molti hanno espresso dubbi sul fatto che uno straniero affrontasse una storia di patriottismo e sacrificio.. temevano che il mio punto di vista non fosse coerente con quello della storiografia americana. Gli Studios, invece, mi hanno sostenuto da subito anche contro chi pensava che non ce l'avrei fatta perché sono cinese e, quindi, non ho vissuto il dramma che racconto. Io sono molto orgoglioso di questo film: ho cercato la neutralità trovandola nell'equilibrio che si crea nella pellicola tra i personaggi delle varie etnie attraverso il legame dell'amicizia. La reazione al mio film è stata molto positiva. Sia gli Americani che i Nativi Americani hanno molto apprezzato la chiave di lettura della storia: pur provenendo da un Paese diverso, infatti, ho affrontato un tema universale come la guerra e particolare come la battaglia di Saipan prediligendo un tema introspettivo e personale come l'amicizia che travalica confini e nazionalità.

D (per Roger Willie): Come ti sei preparato a questo ruolo e qual è il tuo rapporto con la spiritualità?
R: Io sono un Navajo orgoglioso delle mie origini e delle mie radici. Ho solo dovuto portare sullo schermo un bagaglio di esperienze che già mi era proprio. Io conosco personalmente e direttamente tutti i rituali della mia tribù che vengono riprodotti nel film. John Woo ritrae l'autenticità della cultura Navajo. Io ho fatto un grosso lavoro sul linguaggio che è l'elemento più potente ed efficace per esprimere valori e pratiche culturali.

D: Al centro del film due nodi focali.. il dilemma morale del protagonista e la repulsione per la morte da parte del Navajo..
R: L'idea della storia è questa: Ben è, all'inizio, ingenuo e puro. Decide di arruolarsi per amore del suo Paese ma si ritrova a vivere in un mondo diverso.. la morte del suo amico Charlie lo trasforma in altro da sé, in un altro Enders proprio quando questi sta a sua volta superando i suoi demoni ed espiando i suoi peccati. Entrambi i protagonisti sono comunque vittime.

D: Ci dica qualcosa sullo studio delle coreografie delle sequenze di guerra ed il suo rapporto con i corpi in movimento.
R: Sono cresciuto in un mondo estremamente violento, in un sobborgo degradato.. E' stata l'amicizia a salvarmi. Da giovane ero proprio arrabbiato così quando ho girato BULLETT IN THE HEAD l'ho fatto con rabbia e dolore. Nel realizzare le scene d'azione e studiare le coreografie ho dato sfogo alle emozioni più forti che dovevo buttare fuori. Anche in WINDTALKERS, nonostante la rabbia ed il dolore siano superati volevo che l'azione fosse carica di emozione e per questo ho continuato a dare la massima importanza alla valenza espressiva del movimento dei corpi.

D (per Roger Willie): Perchè Hollywood sta così curando il filone dei film di Guerra ambientati durante il secondo conflitto mondiale?
R: C'è qualcosa di classico che riguarda la Seconda Guerra Mondiale. Classico è il concetto di integrità, onore e coraggio. Ora molte di quelle persone non ci sono più ma quelli che ancora sono rimaste ora sono nonni e meritano un tributo che non è alla guerra in sé ma al loro valore.. prima che sia tardi. Appena si è saputo dei Code Talkers (episodio prima coperto dal segreto militare) ci sono state manifestazioni pubbliche di celebrazioni e conferimenti di onorificenze.

D: Qual è il film di guerra contro la guerra che ama maggiormente?
R: Niente di nuovo sul fronte occidentale; No man's land; Dottor Stranamore.

D: Progetti futuri?
R: Ho molti progetti che spaziano tra tutti i generi cinematografici di cui sono appassionato: commedia, western, musical d'azione.


Elisa SCHIANCHI
25 - 06 - 02


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