WHAT TIME IS IT THERE?
di Tsai Ming-liang

L'ultimo film del regista di THE HOLE colpisce soprattutto per il ritmo: lento, cadenzato, preciso e inesorabile, dato da inquadrature rigorosamente fisse. Il tempo, del resto, e` il padrone di casa e il tema centrale del film, a partire dal titolo.
Hsiao-Kang vende orologi da polso su un cavalcavia di Taipei; un giorno la bella Shiang-chi lo induce a vendergli proprio il suo. "Ti portera` sfortuna, proprio stamattina e` morto mio padre" e` l'oscuro presagio formulato dal giovane. Lo stesso, Shiang-chi parte per una vacanza a Parigi con il suo nuovo orologio. Forse qualcosa di mistico accade; sta di fatto che l'ossessione dell'orario di Parigi, sette ore indietro rispetto a Taiwan, inizia a perseguitare Hsiao-Kang.
Il giovane sviluppa la mania di portare all'ora parigina tutti gli orologi che gli capitano a tiro. Sta cercando forse sollievo dall'altra ossessione, coltivata dalla madre dopo la morte del marito, o forse si e` innamorato fulmineamente della giovane che non vedra` mai piu`; non lo sappiamo. Le tre storie (il venditore, la madre, la ragazza) vanno avanti praticamente senza dialoghi: a parlare sono le immagini e le azioni.
Senza fretta, con vera orientale calma e pudore. Cosi` questo film va visto, un film dal quale la bellezza emerge ad ogni passo. Dice il direttore della fotografia, Benoit Delhomme, che Tsai Ming-Liang ha una venerazione praticamente religiosa per l'inquadratura. Si vede. Ogni singolo stacco e` un quadro; vi sono di solito piu` piani d'azione, piu` colori che distinguono gli ambienti; la profondita` di campo sapientemente dosata riesce ad attrarre la nostra attenzione sul soggetto,
senza forzare lo sguardo in alcun modo. Siamo messi in grado di apprezzare le immagini poco a poco, muovendo il focus da un particolare all'altro.
Gli attori sono eccellenti, soprattutto la madre. Le storie si sviluppano in maniera praticamente impalpabile eppure cronometrica; scandito dai numerosissimi orologi, il film dipana le ossessioni dei protagonisti fino a un curioso "stretto" sessuale a venti minuti dalla fine, e ci lascia poi con un finale enigmatico. Qualcuno di loro avra` risolto i propri problemi? Francamente non si sa. Ma ci va bene lo stesso.
Una nota negativa e` data dall'omaggio smaccato, al limite della piaggeria, verso Truffaut: nel film vi sono prima un lungo inserto de I QUATTROCENTO COLPI e poi un cameo piuttosto inutile di Jean-Pierre Leaud. Non e` forse del tutto avventata la critica che sull'ultimo Cineforum viene rivolta al rampante metodo di produzione dei Francesi: i quali aiutano le cinematografie minori o in via di sviluppo in maniera cosi` invasiva da fare qua e la` assomigliare film tailandesi o cinesi a cinema loro. Mi auguro che questo della "globalizzazione francese del cinema" sia un timore infondato.
NI NEI PIEN CHI TIEN e` decisamente un prodotto da festival, talmente stilizzato che non lo andra` a vedere nessuno. Ed e` allo stesso tempo anche un grande film, che potremo apprezzare solo al prezzo di cambiare il ritmo del nostro orologio... cio` che lo stesso protagonista sembra suggerirci quando (scena di grande comicita`, e non e` l'unica) usa un'antenna televisiva per spostare le lancette dell'enorme orologio di un palazzo di Taipei sette ore indietro.

Claudio CASTELLINI
06 - 01 - 02


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