
Tsai
Ming Liang sospende ancora una volta il suo cinema tra assenza dei dialoghi
e relativa assenza di comunicazione. Antonioni orientale, per i silenzi
e le solitudini, imbastisce una tela apparentemente ermetica di segni
e immagini, dove il rischio di astrazione viene eliminato dalla matericità
visiva dell'insieme e da una punteggiatura drammaturgica costruita
su inserti di rapsodica comicità surreale.
Un padre chiama al telefono il figlio, che non risponde: l'incomunicabilità
fa subito irruzione nel testo e diventa definitiva, poiché l'anziano muore.
Chi rimane, vive ora nel tentativo di stabilire un contatto con persone
che sono scomparse o lontane nello spazio. La vedova crede che il marito
tornerà, magari sotto forma di pesce o insetto, e prepara i pasti per
tre; Hsiao Kang, il figlio, vende orologi e dal giorno in cui una giovane
cliente in partenza per Parigi lo gratifica con un dono inaspettato, determinando
un'eccedenza del contatto che, in questo contesto, è matrice immediata
di relazione, per quanto virtuale, tra i due, sposta le lancette
di tutti gli orologi sull' ora francese. La ragazza, a Parigi in cerca
di qualcosa di indefinito, fallisce nel tentativo d' interazione con la
nuova realtà, che le tesse attorno una tela di rumori e suoni, dal condominio
alla metropolitana, da intendersi come unica lingua comune.
Le distanze umane non vengono annullate e, tra attese e malessere esistenziale,
la via di fuga sta nel creare un vuoto di sessualità vissuta in solitudine:
la vedova apparecchia una tragica serata di autoerotismo al lume di candela,
di fronte alla foto del marito; Hsiao Kang paga una prostituta; la ragazza
ama brevemente un'amica hongkonghese conosciuta in un bistrot parigino.
Voto: 30/30
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