Lo stimato regista Franco Elica (Castellitto), costretto a girare l’ennesima
versione cinematografica de “I Promessi Sposi”, e incappato in una strana
vicenda giudiziaria dal sapore kafkiano, scappa in un paesino siciliano. Qui
conosce un nobile decadente (Frei) che lo invita a girare un film sul
matrimonio della figlia (Finocchiaro). Elica rimane affascinato dalla donna,
che continua a sfuggirgli introducendolo in un mondo affascinante ed arcano.
Dopo L’ora di religione e
Buongiorno, notte, Bellocchio
continua a riflettere sulle forme vuote delle istituzioni, siano esse
culturali, religiose, politiche. è
la volta del matrimonio, territorio franco di un’Italia sotterranea,
popolata di aristocratici in declino, pirandelliani morti apparenti, registi
di matrimoni immaginari. E su tutto, il karma dell’immortale opera di
Manzoni, che il regista si diverte a ribaltare, decostruire, ma anche
esaltare con un’operazione da cubista. E lo fa con un linguaggio ermetico
che se da una parte ricorda inquietantemente il suo lungo periodo buio,
dall’altra trasuda un’innegabile vitalità, una confusa ma traboccante
ispirazione. Un film che va accettato senza farsi troppe domande, perché è
anche se non soprattutto un flusso della coscienza che ricorda
Otto e mezzo. L’avesse fatto
Lynch, comunque, si sarebbe parlato di delirio.
La Conferenza Stampa
a cura di Mauro RESMINI
Voto: 26/30
26:04:2005 |