Ciò che più colpisce di Marco Bellocchio (oltre a quella voce dalla tonalità
troppo alta che prestò in sede di doppiaggio al Presidente di SALò)
è la passione che lo anima, e la loquacità attraverso la quale riesce a
trasmetterla. Nonostante sia uno dei più grandi maestri del cinema italiano,
Bellocchio non mostra alcuna chiusura o reticenza, e parla a ruota libera
per quasi un’ora affiancato da Sergio Castellitto, dando l’impressione che
se l’addetta-stampa non l’avesse fermato richiamandolo ad altri impegni,
avrebbe tranquillamente proseguito. Un gran bell’esempio dunque, non solo
per l’entusiasmo di una persona che crede ancora pienamente nel cinema, ma
anche per la capacità non comune di saper raccontare (rendendolo con ciò
fertile) questo entusiasmo.
Ad un certo punto della conferenza, Bellocchio si rivolge ai giovani in sala
e dice sorridendo: “se qua tra voi c’è qualcuno che vuole fare il regista,
la prima cosa che deve fare è ignorare i critici. I critici non capiscono
nulla”. Un’affermazione che da “probabilmente condivisibile” diventa
pienamente inattaccabile se prendiamo in considerazione il livello delle
domande proposte al regista; basti citare il punto più basso, toccato
peraltro in occasione della fatidica ultimissima domanda: “Quanto tempo sono
durate le riprese?” “Dodici settimane”.
è davvero tutto qui quello
che ci interessa sapere da un regista che ha utilizzato la dirompente
potenza del linguaggio cinematografico per porre in crisi tutto ciò che era
(ed è) “istituzione” nel nostro Paese?
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Bellocchio. La scelta di ambientare il film a Cefalù era dettata
dall’esigenza di un setting essenziale, con una sua pulizia. Abbiamo cercato
anche altrove, ma alla fine abbiamo optato per Cefalù anche per la presenza
di una serie di luoghi topici all’interno di un piccolo paese, come la rocca
o la piazza; per quanto riguarda la chiesa, invece, ci siamo scontrati con
una direttiva della CEI che impedisce di utilizzare chiese consacrate per il
cinema. Allora ne abbiamo sconsacrata una (ride)… abbiamo dovuto utilizzare
una chiesa abbandonata.
Bellocchio. Per quanto riguarda la figura di Smamma, posso dire che
in linea generale i personaggi non hanno corrispondenze nette con qualcuno.
Quando si gira un film si distribuiscono delle “passioni”, ma senza
stabilire corrispondenze dirette con la vita reale. Al di là delle battute
che interessano il mondo del cinema e gli addetti ai lavori, ciò che più
conta è la contrapposizione tra Elica e Smamma: quest’ultimo sostiene che
più David non gli cambierebbero la vita, e quando ottiene ciò che vuole si
uccide.
Bellocchio. La musica del film costituisce una sorta di patchwork,
perché non abbiamo voluto affidarci ad un unico tema, a parte il pezzo di
pianoforte di Crivelli. Tra le altre scelte musicali, Cavalleria Rusticana
l’ho voluto inserire perché ha costituito un po’ la mia formazione musicale
personale.
Bellocchio. Il film è stato modificato nel divenire, io e Sergio –
che spesso chiedeva di togliere piuttosto che di aggiungere – abbiamo
lavorato molto sui dialoghi.
Castellitto. Dai dialoghi emerge in maniera molto chiara la
tragicomicità di cui il film è permeato, come fosse una sorta di ghigno che
scoppia…
Ritengo sia importante per un attore arrivare preparato sul set, ma è
fondamentale anche essere ricettivi nei confronti dell’ambiente che ti
circonda. E poi ci vuole una certa capacità di adattamento, e non solo da
parte degli attori: ricordo che ci ritrovammo a dover girare le scene in
spiaggia ad una notevole distanza dal mare, perché il rumore delle onde era
troppo forte. Ci siamo resi conto che nessuno di noi poteva immaginare un
tale imprevisto…
Bellocchio. Quando un regista deve filmare un bacio, il discorso che
riguarda la “finzione” si fa molto più complesso, più “difficile” in un
certo modo. Sul set poi avvengono delle cose sorprendenti: magari c’è
qualcosa che l’attore avrebbe categoricamente rifiutato di fare davanti alle
telecamere, e poi, invece, quasi inspiegabilmente accetta.
Castellitto. Io personalmente sento molto di più il pudore di un
pianto che di una scena di sesso, anche perché la scena di sesso la si fa in
due, e così di divide il ridicolo (sorride). Nel pianto invece l’attore è
solo, ed è costretto a deformare il suo viso, perché noi quando piangiamo
non siamo certo “belli”, ma anzi il pianto stravolgendo i nostri volti li
rende “brutti”.
Bellocchio. Io mi ritrovo spesso intimidito dalle scene di sesso.
Però tu regista devi esserci, devi in qualche modo usare la macchina da
presa: è necessaria ovviamente una certa dose di voyeurismo, che non deve
scadere nel “malato”.
Castellitto. Come attore, posso dire che – contrariamente a quanto si
pensa – la moltitudine ti protegge. Io non sono uno di quelli che ad un
certo punto, quando si deve girare la scena di nudo, dice “bene, fuori
tutti, rimane solo il regista”. Credo che il fatto di trovarmi di fronte ad
un certo numero di persone mi permetta di condividere il disagio che questa
scena provoca.
Castellitto. Mi sono divertito di nuovo a lavorare con Marco dopo
L’ORA DI RELIGIONE, e uno dei vantaggi pratici è che di fatto i tempi di
lavoro vengono dimezzati, perché sai già a grandi linee come il regista
lavora e cosa vuole da te. Io generalmente non lavoro di razionalità, almeno
non quando recito. Infatti per me tornare davanti alla macchina da presa
dopo l’esperienza di direzione di NON TI MUOVERE è stata quasi una
liberazione, e per me è stato rassicurante vedere che riuscivo ancora a
lasciare da parte la razionalità per dare spazio all’istinto. Certo mi
preparo, studio, ma perlopiù “corro”, mi affido all’intuito.
è necessario che l’attore
comunque non dimentichi mai di essere ospite all’interno del mondo poetico
del regista: ovviamente si parla e ci si confronta, ma c’è una soglia da
rispettare.
Castellitto. Non è assolutamente necessario che un attore sia
intelligente; e anzi è riscontrabile una certa ottusità diffusa nella figura
dell’attore, una certa pretesa di intelligenza… Ciò che conta è soprattutto
una grande memoria, anche se ciò che si impara va poi dimenticato in un paio
di giorni. E’ proprio un problema di spazio da liberare per poterlo occupare
di nuovo.
Castellitto. Questo è un film che ha incontrato una nuova struttura e
una nuova scrittura nel montaggio.
Bellocchio. Si è trattato di una progressiva essenzializzazione, legata
all’eliminazione degli elementi che si sono rivelati superflui in sede di
montaggio.
Bellocchio. La trama del film può essere raccontata in maniera molto
semplice, ma ci sono due momenti che ne spezzano la linearità. Il secondo,
cioè il finale, porta a pensare che Elica abbia in qualche modo paura, e
proprio per questo fantastichi un finale tragico. In più, sempre nel finale,
rimane il dubbio che il principe abbia in un certo senso favorito la fuga
dei due…
Roma,
21:04:2006 |