Il 29 maggio, al cinema
Nuovo Sacher, si è svolta l’anteprima del film
Once, presentato da Nanni
Moretti e in uscita nella sale venerdì 30 maggio. Alla proiezione ha
partecipato il regista John Carney che al termine del film ha risposto alle
tante domande dei giornalisti presenti in sala. Di seguito trovate un
estratto dell’intervista alla stampa di John Carney
KINEMATRIX
John Carney, come nasce l’idea di questo film?
John
Carney Nasce dalla mia personale esperienza. Ai
tempi, quando ho scritto il film, vivevo a Dublino e la mia ragazza a
Londra. Allora mi è venuta l’idea di descrivere la storia di un amore a
distanza che resiste alle tentazioni. A Dublino, allora come adesso, c’erano
tantissimi immigrati, per questo sono stato ispirato nel descrivere una
storia tra due ragazzi che non fossero della stessa città. C’è molto di me
in questo film, delle mie esperienze personali. Tra l’altro la ragazza che
vedete nelle registrazioni video del protagonista – sul suo pc - è la mia
“reale” fidanzata.
Spielberg ha detto di Once:
è un piccolo film che mi ha ispirato per il resto dell’anno. Non sappiamo se
per questo le darà delle percentuali sull’incasso dell’ultimo Indiana Jones…
è stato divertente per me
sentire ciò che Spielberg ha detto del mio film. Tra l’altro sarebbe una
buona idea se mi desse una percentuale di Indiana Jones dato che nel primo
week end di uscita ha già incassato 55 milioni di dollari.
Quanto ha attinto dalle atmosfere musicali degli anni ’70?
In verità semmai nel film rivedo più gli anni 80. Ho descritto una
situazione realistica di Dublino: l’industria musicale, a parte le grandi
star, è un’industria di tipo casalingo in Irlanda. Soprattutto ci si aiuta
tra amici, chiedendo dei prestiti (come tra l’altro ho fatto io stesso per
girare un film). Quelli del film erano tempi in cui eravamo tutti senza
soldi e cercavamo i bar dove il caffè costava meno. Purtroppo l’Irlanda è un
paese che non supporta i propri talenti finché non diventano famosi come è
successo con gli U2 o Colin Farrell.
Quanto ha contato per questo film vincere un Oscar?
Sicuramente tanto. Le porte di Hollywood si sono spalancate. Per i
produttori di potere vincere o meno un Oscar è la discriminante. Io comunque
voglio continuare a fare dei piccoli film responsabili, che raccontano
emozioni vere e non storie scritte apposta per compiacere il pubblico.
Secondo lei c’è stato qualcuno in grado di reinventare l’idea di musical?
Non credo che finora qualcuno ci sia riuscito. “Moulin Rouge”, ad esempio,
seppure aveva una fantastica esecuzione, a me è risultato freddo. Mi
piacerebbe poter essere io a farlo in futuro. Ma non sono sicuro che ne sarò
capace.
Nel film vediamo dei personaggi che potrebbero essere ritenuti “poco
commerciali”. Invece, a sorpresa, sono piaciuti tanto al pubblico. Perché?
A dire il vero non saprei dirlo. Forse perché oggi siamo abituati a vedere
sempre storie d’amore che nel secondo tempo esplodono in scene di sesso o di
baci appassionati. Qui invece c’è una totale purezza: i due protagonisti non
arrivano mai a toccarsi. A me piaceva mantenere questa “castità”, l’idea di
qualcosa che può essere ma poi non è. Perciò mi sembrava che anche un solo
bacio avrebbe potuto far crollare tutto questo. Non lo so, forse è per
questo che i miei personaggi sono stati amati dal pubblico americano. Per
questa novità.
::: la recensione :::
29:05:2008 |