"Nuovomondo" è una terra prodigiosa, sospirata, sognata. Un posto dove il
pane è così soffice che "sembra di mangiare una nuvola", dove le case stanno
sospese in cielo sopra alte torri di cemento armato. "Nuovomondo" è
un'astrazione, un'idea cristallizzata come un Iceberg sospeso perennemente
sulla linea di galleggiamento dei sogni. Come un transatlantico che emette
vagiti di metallo, col suo carico di deliri collettivi e ansie celate nelle
stive più buie. Sempre tra le nebbie, sempre intravisto, lo si può solo
vagheggiare questo "Nuovomondo". Un concetto ancor prima che un luogo.
L'epopea di uomini e donne ammassati dentro a un pollaio di terza classe
dove si covano i desideri come le uova: i bagni di latte nei fiumi della
California, le cipolle giganti delle fattorie del Missouri. Fantasie
attizzate da cartoline di un paese dei balocchi lontano, illusioni costruite
su fotomontaggi improbabili che fanno del vecchio mondo un posto sempre più
aspro e duro: "Nuovomondo" è una bugia. Ma è una di quelle bugie buone,
sulle quali ti costruisci con fatica alibi che durano tutta una vita.
Salvatore Mancuso è un povero contadino di Petralia rimasto vedovo, che un
bel giorno decide di barattare tutte le sue capre in cambio di pochi
stracci, appartenuti a famigerati baroni siciliani o a celebri briganti
morti ammazzati chissà quando, per partire assieme alla madre anziana e ai
suoi due figli alla volta dell'America, dove suo fratello gemello è da tempo
emigrato.
Emanuele Crialese è un regista italiano che torna a parlare per immagini.
Finalmente. Un regista cioè che si giova di quel linguaggio che è proprio
del cinema ma che è troppo spesso dimenticato, come fosse una reliquia o un
relitto in fondo all'oceano. Diverse le scene degne di nota: prima fra
tutte, la ormai celebre sequenza del molo, quella partenza dal porto di
Napoli che è un vero è proprio "distacco" scandito dal solo battito
meccanico del cargo. E poi ancora: i bagni nel latte; la notte passata
all'addiaccio sotto una coperta di terra con i "piccioli" che piovono dritti
sulla faccia; la passeggiata di Salvatore e Luce sul ponte della nave,
sensuale e ritmata come un tango. Il tango del Grande Oceano, o come direbbe
Salvatore del "Grande Luciano".
Seppur battendo la stessa rotta di film memorabili come
Il cammino della speranza di
Germi (1950), I magliari di
Rosi (1959) o ancora Pane e
cioccolata di Brusati (1973), Crialese affronta il problema
dell'emigrazione, fenomeno quanto mai attuale, in maniera assolutamente
originale, focalizzando cioè l'attenzione 0sull'immaginario dei personaggi,
sull'elemento visionario, a discapito quindi del dramma sociale. In questo
modo la storia e i suoi grandi avvenimenti si trasformano in una sorta di
scenografia ideale dentro la quale si muovono personaggi piccoli ma
immensamente tragici nelle loro passioni e tristemente comici nelle loro
talvolta smodate aspettative. Lo stesso avviene nel cinema più impegnato di
Kusturica (Underground,
1995). "Vivere nella grande corrente della storia (...) non in balia di essa
ma con senso critico (...) navigare in essa" è la grande lezione neorealista
di Rossellini, che in Crialese non si può dire solo assimilata finanche
all'osso, cioè fino a volerla rielaborare addirittura nelle sue metafore
marinaresche, ma certamente è arricchita da una dimensione onirica massiccia
che evoca, come fossero tante bolle d'aria che pian piano risalgono a galla,
le atmosfere di Fellini, i deliri nautici del
l'Atlante di Jean Vigo, le
cadenze sottoproletarie di Pasolini in una formula assolutamente originale
ma che è cinema allo stato puro. Di film del genere in Italia se ne sentiva
da troppo il bisogno. Nuovomondo
è segnato da una specie di tragica ironia in cui i personaggi vengono
inquadrati nella loro crudezza genuina, portatori non solo di speranze ma di
valori spontanei, figli di un'epoca che è stata un'epica. Ciò che muove
quelle mani callose, quelle unghie nere come la terra aspra del vecchio
mondo è una pura fantasia, un sogno d'abbondanza che è però subito disilluso
dalla realtà di un'America selettiva e giudice di chi può o non può
permettersi di sognare.
Voto: 26/30
11/11/2006 |