grindhouse planet terror di Robert Rodriguez con James Brolin, Marley Shelton |
|
|
|
![]() |
|
Cherry (Rose McGowan), novella musa del dittico di
cineasti pulp, è una ballerina che lavora in un night disposta a cambiare
vita pur di non mostrare ancora tette e culo per sopravvivere. Si rifugia in
un diner fuori mano a meditare sul suo futuro. Intanto una giovane biondina
(la Fergie del gruppo Black Eyed Peas) si ferma a fare benzina lì. Ricarica
il bolide e riparte ma dopo poco la macchina si ferma ancora. Nell’arco di
pochi minuti strane cose accadono. Fergie sarà massacrata (le verrà
liquefatto letteralmente il cervello) da un trio di “cose” dalle sembianze
umane che le si avventeranno contro e di lì a poco il fenomeno dilagherà in
massa. Un cartello ci informa di essere a due miglia da una base militare.
Bruce Willis nei panni di un comandante dal polso duro, sa cosa sta
succedendo ma non riesce, forse non vuole, frenare la carneficina. Si tratta di un’epidemia, come sapremo in seguito, che deforma i corpi umani rendendoli ammassi di carne non meglio identificata, e li condanna al cannibalismo. La trilogia Romeriana ovviamente è vicina, ma in questo film vediamo brulicare quasi tutta la fugace ma intensa parabola horror-splatter-gore contemporanea (a partire da quel ’68 in cui le cose cambiarono un po’ ovunque, e non da ultimo al cinema). Riconosciamo innanzitutto i film che Rodriguez stesso ha dichiarato averlo ispirato, Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi, Zombi 2 di Lucio Fulci, e non da ultimo il Carpenter di Assault on Precinct 13. Ma di questo ultimo l’influenza sembra ben più forte della semplice menzione di un unico film. Intanto la colonna sonora è praticamente un mix delle più carpenteriane delle sonorità, e poi in quella gelatina putrescente come non ravvisare la “Cosa” più tutta una serie di esplosioni d sangue e violenza, erotizzazione di corpi femminili ed eccesso debordante in tutte le sue forme, che hanno costituito l’immaginario inesauribile e la linfa vitale del cinema del trentennio ‘70, ‘80 e ‘90. Il film si dipana su un intreccio semplicissimo: la classica lotta dei pochi normali sopravvissuti contro una miriade di mostri, e una nutrita schiera di soldati che al solito non fanno il bene dei vivi, ma i loro sporchi interessi. Metafora della politica corrotta, dei tempi angusti e politicamente compromessi in cui versano gli Stati Uniti e con essi l’intera economia mondiale? Può darsi, ma quello che più salta agli occhi è qui il divertimento. Il puro, (in)sano entertainment. Inutile appellarsi a messaggi, metafore, morali o quant’altro. La bruna Cherry, perde una gamba (“I have no fucking leg” dirà al suo uomo, Wray, che sembra non essersene accorto) e per tutta la durata del film combatterà, farà l’amore, cavalcherà un cammello nel finale, con una protesi di legno prontamente sostituita con una mitragliatrice. L’altra donna con lei, la bionda dottoressa Dakota Block (appena uscita da una puntata di “ER” un pò fuori target, e dall’andatura così simile alla Daryl Hannah di Kill Bill), mette in mano al figlio una pistola dicendogli, “Mi raccomando non puntartela addosso, ma appena vedi qualsiasi cosa che si muove spara”. E lui “E se vedo papà?”, lei, “Spara più che puoi soprattutto se vedi papà”. Peccato che il bambino, neanche finite di pronunciare le parole della cara mammina, si spara un colpo in testa e lei ha tutto il tempo di godersi il triste spettacolo del figlio morto mentre è costretta a scappare per salvare anche la sua pelle. Tarantino cameo deux-inter-machina.
Voto: 29/30 27:04:2006 GRINDHOUSE: la recensione completa
Tutte le recensioni di Cannes 2007 |
|
Planet
terror |
|
|