
America, primi
anni del '900. Per gli abitanti di Dogville, un piccolo villaggio americano
incassato tra le montagne rocciose, la vita trascorre tranquilla nella
monotonia delle abitudini familiari. Una sera, preceduta da alcuni colpi di
pistola, nella cittadina giunge la misteriosa e affascinante Grace (Kidman).
La ragazza, in fuga da alcuni pericolosi ed enigmatici gangster, chiede e
ottiene ospitalità dalla comunità locale, a patto che si renda utile presso
ciascuna famiglia. Grace si farà presto amare, dimostrandosi sensibile con
tutti e ben disposta a darsi da fare per ripagare l'ospitalità dei locali,
ma quando al paese giunge la notizia che la giovane è ricercata dalla
polizia per lei saranno tempi duri. Insomma, in un mondo di belve,
l'agnellino è destinato a soccombere, a meno che non sappia tirare fuori gli
artigli. Secondo episodio della ideale trilogia che il regista danese
dedicata all'America e al sogno americano. Con il solito piglio esaltato e
provocatorio il regista si diverte a scombinare le carte in tavola, per una
volta attenua le regole del suo dogma, si trattiene dal far traballare
eccessivamente la telecamera ma continua imperterrito a farsi beffe dello
spettatore erigendosi a subdolo burattinaio delle sue emozioni - questa
volta in modo più sottile rispetto alle pellicole precedenti - e ridendosela
alle sue spalle. L'idea di ambientare tutta la vicenda in un teatro dalle
scenografie ultra-stilizzate è l'ultima trovata per mandare in visibilio i
seguaci radicalchic del suo cinema finto-estremo, ma il "Von Trier-pensiero"
è asmatico, risaputo, tutto chiuso nel suo stesso compiaciuto formalismo, e
alla fine si dimostra solo uno sterile esercizio di contorta
rappresentazione dell'ovvio.
DA CANNES 2003 ::: L'Altra Recensione :::
Sito ufficiale
Voto: 18/30
13.11.2003
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