L’eclettismo delle case di distribuzione italiane è ormai proverbiale.
Sarebbe difficile spiegarsi altrimenti la messa in circolazione a luglio
del 2005 di una pellicola vecchia di otto anni, soprattutto se si
considera che di opere prelibate ce ne siamo perse per strada una
discreta manciata (più o meno tutto quello che passa tra
SHAUN OF THE
DEAD, forse prossimamente in DVD, e il nuovo Solondz, per tacere di
HOWL’S MOVING CASTLE). Tantopiù che questo PERDITA DURANGO, terzo
lungometraggio del simpaticissimo anarcoide Alex de la Iglesia, non è
niente di imperdibile nè sembra essere uno degli exploit più riusciti
del regista spagnolo, che con LA COMUNIDAD, ma anche con il più vecchio
EL DIA DE LA BESTIA, aveva fatto meglio. La storia è quella di una
coppia di scapestrati, Romeo Dolorosa (Javier Bardem) e Perdita Durango
(Rosie Perez), una sorta di Mitch&Mallory di Oliverstoniana memoria in
salsa tex-mex, in fuga a cavallo del confine tra Messico e Stati Uniti.
I due, che hanno rapito una coppietta di teenager un po’ white trash per
farne carne da macello voodoo, inseguiti da polizia, creditori, e
criminali di varia natura, finiranno per prendere parte alla più
classica resa dei conti para-melodrammatica. De la Iglesia si trastulla
un po’ troppo con l’atmosfera polverosa delle highway del sud degli
Stati Uniti e tende a farne una riduzione ingenua, che rispetta molti
dei luoghi comuni di un certo cinema da strada e non rende pienamente
giustizia allo stile sapido del regista; tuttavia la coppia Bardem/Perez
regge più che degnamente l’interpretazione di una sceneggiatura che li
vede iperesposti e intenti a tirare le fila della storia in piena
solitudine. Si guardano con piacere non necessariamente cinefilo un paio
di impennate davvero notevoli, in particolare la sequenza del rito
santero con aspersione di sangue e mutilazione di cadavere, ma quanto
rimane è sano mestiere pulp, con tutte le schematizzazioni e le
ingenuità del caso. C’è da dire che, come se non bastasse il maxiritardo
di distribuzione, noi ci becchiamo il film in una versione da meno di
due ore, mentre il minutaggio originale recita 126; sangue e sesso messi
a bada da tagli abbastanza evidenti, dunque, che influiscono sulla
possibilità di una fruizione se non altro limpida del film. Un’opera
interessante per gli amanti del weird, che comunque immagino tesseranno
lodi più entusiaste per altri lavori di de la Iglesia, che sembra stare
in equilibrio fin troppo precario sul filo che divide pulp da
pulp-ettone.
Voto: 22/30
12:07:2005 |