64.mo festival di locarno
Locarno, 8 / 13 agosto 2011

 

recensioni

 

di Chiara TOGNOLI

> le interviste

Le Havre
di Aki Kaurismaki
Piazza Grande
Una Piazza Grande gremita per la proiezione dell'ultimo lavoro di Aki Kaurismaki. Presenti alla proiezzione i due protagonisti del film, André Wilms e Kati Outinen, attrice feticcio del maestro finlandese. La definizione che entrambi hanno dato del regista di “poeta” calza a pennello anche per questo lavoro, che affronta con i toni delicati e surreali tipici di Kaurismaki il tema dell’immigrazione. L’immobilismo della cittadina di Le Havre sarà scosso dall’arrivo di un ragazzino di colore clandestino che dovrà raggiungere Londra per ritrovare la madre. La combriccola di cittadini con a capo uno strepitoso Andrü Wilms, la farà in barba alle forze dell’ordine. La fotografia eterea, i personaggi romantici e gli spazi fuori dal tempo garantiscono la poesia dei toni del maestro. Nell’immaginario del regista la tecnologia non esiste e i personaggi contano unicamente sul proprio ingegno e sulla fiducia l’uno nell’altro per aiutare un innocente, come lo definirà lo stesso capo della polizia sulle tracce del ragazzino. Come nelle fiabe queste buone doti non possono che portare ad un lieto fine lasciando nello spettatore un sollievo ritemprante.

Da non perdere la citazione a Kafka.

 

Dernière Seance

Di Laurent Achard

Francia, 2011

Concorso Internazionale

Il film, presentato dal Direttore Artistico del Festival Oliviere Père come un omaggio alla cinematografia noir e in particolare ad Hitchock, è una vera e propria dichiarazione d’amore per il cinema. Il regista, già vincitore di un Pardo d’Argento nel 2006, si presenta con un lavoro dai toni cupi ambientato in un vecchio cinema in via di chiusura. Il protagonista è un giovane dall’infanzia disturbata ossessionato dai film. Vive nello scantinato del cinema in cui lavora e compie nottetempo efferati omicidi legati al classico trauma infatile causato dalla madre. Il film è zeppo di citazioni al cinema di genere e in particolare a Psycho, compresa l’indimenticabile inquadratura della mano col coltello che sferra i colpi mortali. Il legame tra il protagonista e il mito del cinema rimane tuttavia labile e risulta quasi un espediente piuttosto che un vero  strumento di lettura della psicologia del personaggio.

 

Tokio Koen

Di Shinji Aoyama

Giappone 2011

Concorso Internazionale

Aoyama, affermato regista del cinema giapponese contemporaneo, affronta il tena del “vedere”, della percezione della realtà attraverso la macchina da presa.  Il protagonista è un giovane studente aspirante fotografo che verrà ingaggiato da un dentista geloso della moglie per seguirla e fotografarla. La donna ha la strana abitudine di andare ogni giorno in un parco diverso con la figlia tracciando uno strano percorso sulla mappa di Tokio. Attraverso la macchina fotografica il ragazzo intepreta le sensazioni delle persone e la utilizzerà lui stesso per svelare  i propri sentimenti. Paradossalmente non avrà bisogno della mediazione della macchina per vedere il fantasma dell’amico morto che gli fa compagnia in casa. La figura dello spirito, tanto importante nella cultura orientale, è affrontata con umorismo fino al risolvimento del dolore umano. Il film affronta tutte le tematiche della tragedia, dall’amore incestuosoe non voluto, alla famiglia, al tema del destino con la saggezza e l’ironia di personaggi tratteggiati senza mezzi toni, ognuno alla ricerca del proprio destino.

 

L'estate di Giacomo

Di Alessandro Comodin

Italia, Francia, Belgio 2011

Concorso cineasti del presente

Ambientato in un’estate sul Tagliamento fra sogno e realtà il film racconta le giornate di Giacomo, un ragazzo sordo, e della sua amica Stefania, tra passeggiate sul fiume, improvvisate prove musicali alla batteria e gite serali alla sagra del paese. Nei gesti di gioco e di confidenza, nelle pause tra un bagno e l’altro, nelle poche battute scambiate tra i due giovani si percepisce una profonda familiarità, ivengono a galla i momenti apparentemente “morti”, di inedia che caratterizzano solo il perdiodo dell’adolescenza nei quali in realtà ci si scopre, ci si indaga e ci si chiede dove si andrà. I due simpatici personaggi reggono l’intero film, anzi, si potrebbe quasi parlare di persone piu’che di personaggi, visto che si tratta della sorella del regista e di un amico che agiscono in tutta spontaneità davanti a una macchina da presa dall’approccio documentarista. Il gioco funziona ma forse non per un intero lungometraggio.

 

Long Sorrow (Italia-Germania, 2005)

Answer me (Germania, 2008)

Le Clash (Francia, 2010)

1395 Days Without Red (Gran Bretagna, 2011)

Programmi Speciali: Anri Sala

 

La Sezione del Festival “Programmi Speciali” si occupa della presentazione di film storici restaurati ma anche di far riscoprire il sempre più forte legame tra l’arte contemporanea e il cinema. In quest’ultimo contesto rientra la retrospettiva su Anri Sala, artista nato a Tirana, classe 1974, che vive e lavora a Berlino nel campo delle arti visive. Il suo lavoro “Dammi i colori” è esposto alla Tate Modern a Londra. I suoi video si occupano della ricerca sul rapporto tra immagine e suono, tra uomo e architettura generando situazioni di simbiosi o di scontro. Il primo lavoro presentato al Festival, “Long Sorrow” fa riferimento al soprannome del quartiere-monolite situato a Berlino Est (der lange jammer) in cui è ambientata la situazione proposta da Sala. Appeso all’ultimo piano di uno degli edifici suona in modo disperato il sassofonista Jemeel Monndoc, sospeso nell’aria diventa prolungamento dell’architettura circostante mentre sotto di lui scorre il traffico urbano.

“Answer me” e “The Clash” sono una riflessione sul rapporto tra le persone sottolineata da lunghi silenzi o al contrario da suoni assordanti che impediscono la comunicazione. Entrambi sono stati girati in luoghi significativi di Berlino, il primo sulla “Montagna del Diavolo”, una collinetta formata da detriti della Berlino post-bellica, il secondo davanti ad un edificio nella storica zona rock e punk. L’ultimo e più recente lavoro, “1395 Days Without Red”, è un ambizioso progetto di 44 minuti ambientato a Sarajevo in cui le prove della Filarmonica della città, interrotte più volte per questioni di ritmo, sono montate in parallelo al percorso allo stesso modo continuamente bloccato, di una musicista che tenta di attraversare la città per giungere alle prove.

 

4 Tage im Mai

di Achim Von Borries

Germania/Russia/Ucraina 2001

Piazza Grande

Sono gli ultimi giorni prima dello sbarco degli Alleati in Normandia quando in una località costiera un capitano sovietico occupa con la sua truppa un orfanotrofio mentre sulla spiaggia presiede un gruppo di soldati tedeschi. Uno degli orfani, Peter, bambino particolarmente scaltro, farà di tutto per far scontrare le due fazioni ma scoprirà che il bene non sempre sta dalla parte in cui  si crede. Un lavoro degno di nota per la sensibilità priva di retorica che delinea i personaggi con le loro sfaccettature e la brutalità dell’essere umano attraverso un cast perfetto a partire dal piccolo Peter. Altrettanto raffinata la regia che bilancia ironia e drammaticità grazie anche alla fotografia delicata di Bernd Fischer, il regista accompagna senza cali di tensione lo spettatore ad un finale che lascia con l’amaro in bocca.

 

Gangesterläufer

di Christian Sthal

Germania 2010

La Semaine de la Critique

La sezione proprone ogni anno sette documentari giudicati innovativi per stile e contenuto. Il regista Christian Stahl ha seguito per sei anni le vicende di Yehya, boss della mala di uno dei quartieri poveri di Berlino, Neukölln. Il rracconto comincia con l’arresto del ragazzo per rapina a mano armata per cui verrà condannato a cinaue anni. Il regista compie visite periodiche al tagazzo in carcere e ricostruisce attraverso i suoi racconti il dramma e la fatica della sua famiglia libanese costretta ad abbandonare il proprio paese lacerato dalla guerra. Eppure sarà solo a Berlino che questi giovani si troveranno allo sbandoin un quartiere dove vige ancora la legge del più forte.

  

Sport des fills

di Patricia Mazuy

Piazza Grande Prima mondiale

Film ambientato nel mondo dei cavalli in cui Bruno Ganz è il perno attorno al quale ruotano le storie di tre donne ognuna con le proprie fisime. Grasiene, figlia di contadini, fa di tutto per diventare una provetta cavallerizza dopo aver conosciuno Franz Mann, storico addestratore che le farà capire quanto l’amore per questo sport sia sottomesso alle leggi del business. Film dai toni leggeri e dalla raffinata ironia giocata quasi al 100% sul personaggio di Bruno Ganz, burbero ma pasionale, che in occasione della presentazione del film ha ricevuto in Piazza Grande il Pardo alla carriera. In piazza anche la regista, Patricia Mazuy, che cominciò a lavorare come montatrice per Agnes Varda e che nel 1993 aveva già presentato un film selezionato a Locarno, TOus les garçon et les filles de leur  âge.

 

Calvet

di Dominic Allan

Semaine de la Critique

“Calvet” è uno dei sette documentari selezionati per la Settimana della Critica. Il regista Dominic Allan ha incontrato il pittore Jean-Marc Calvet qualche anno fa per caso, durante un viaggio in Nicaragua. Colpito dale personaggio estremo di Calvet decido di ricostruire la sua drammatica storia. Segnato da un passato violento culminato in un momento di autodistruzione, all’età di 38 anni Calvet trova la sua ragione di vita e di redenzione nella pittura arrivando ad essere un artista di successo che espone tuttora a New York e i cui quadri valgoni migliaia di dollari. Riuscirà a trovare il proprio equilibrio anche grazie al ritorno in Francia e alla riappacificazione col figlio. Il racconto risulta molto coinvolgente perché interamente raccontato in prima persona che Calvet stesso, personaggio vitale, gesticolante e quasi attorale nel suo modo di ripercorrere davanti alla macchina da presa la propria storia.

 

The loneliest planet

di Julia Loktev

Concorso Internazionale

Alex e Nica compiono un viaggio sulle montagne del Caucaso qualche mese prima di sposarsi. Ingaggiano una guida e intraprendono il cammino in una terra immensa e silente. Un evento inaspettato romperà l’equilibrio della coppia che, pur tornando alla normalità, avrà frantumato qualcosa di troppo intimo per essere recuperato. Film di ampio respiro che ben tratteggia i tre personaggio scavando con delicatezza nelle insicurezze dei due fidanzati. Il finale aperto non lascia scampo ad una visione pessimistica e malinconica sulla fragilità dei rapporti umani.

 

Tanathur- Last days in Jerusalem

di Tawfik Abu Wael

Concorso Internazionale

Il regista aveva già presentato la sua opera prima a Cannes per la Settimana della Critica, porta a Locarno il suo secondo lavoro molto diverso per stile e contenuti. Nour e Iyad, lui chirurgo e lei attrice, sono una coppia di palestinesi in procinto di emigrare a Parigi. Durante il tragitto per raggiungere l’aeroporto Iyad deciderà di rimandare la partenza a causa di un grave incidente che lo richiama in ospedale. La moglie, sentendosi trascurata, metterà in dubbio il matrimonio lasciandosi trascinare da eventi che sembra non riuscire a dominare. Il film, pur essendo ambientato in un paese tormentato come la Palestina, di cui fa accenno solo all’inizio, decide di concentrarsi sui personaggi abbandonando la relazione con la drammatica situazione che circonda i protagonisti. Ne consegue una vicenda fiacca e i due personaggi risultano fastidiosamente egoisti, chiusi in un’inedia fine a se stessa.

 

Die evolution der Gewalt

di Fritz Ofner

Semaine de la Critique

Il documentario affronta diversi aspetti dell’attuale situazione sociale del Guatemale, paese dove la guerra è ormai terminata ma dove la violenza non accenna a diminuire. I giornalisti ormai non fanno una piega raccontando i quotidiani morti ammazzati, vediamo un’assistente sociale che aiuta le famiglia di donne assassinate, in montagna vengono ritrovate delle fosse comuni, incontriamo un ex guerrigliero traumatizzato dai terribili gesti che fu costretto a compiere. Un terribile excursus in una terra di grave sofferenza in cui la grande protagonista è la “guerra delle banane” con la sempre più atroce avidità dell’occidente di risorse a basso costo.

 

 

SEZIONE “PARDI DI DOMANI”

Davvero di alto livello la sezione del Festival dedicata ai cortometraggi che ogni anno si rivelano un’eccellente forma di racconto nonché di performance per i giovani autori. La sezione si divide in cinque gruppi di opere molto varie sia per durata che per carattere, spaziano dalla narrazione più tradizionale a forme di racconto sperimentali legate alla video arte.

 

Links-Rechts

di Tom Willems

Belgio 2010, 10'

Il cortometraggio concorrerà alla nomination per Locarno agli European Film Awards 2011

Il racconto è quello della ribellione del braccio sinistro di Boris che si sente messo in disparte attraverso il montaggio parallelo di situazioni quotidiane in cui le due mani lavorano in modo autonomo.

 

Praça Walt Disney

di Renata Pinheiro, Segio Oliveira

Brasile 2011, 21'

La riflessione degli autori sta nel percepire i movimenti di persone, oggetti, automobili della “piazza Walt Disney” come una danza in cui si intreccia una varietà di personaggi peculiari  che di solito sfuggono alla vista nella vita di tutti i giorni. Il discorso si allarga al quartiere e all’intero paese creando curiose associazioni di idee tra musica e immagini.

      

Séptimo

di Valentina Chamorro

Svezia 2011, 24'

In pochi minuti la regista riesce a tratteggiare con profondità e rispetto la personalità di Vincent e Gustav, due ragazzi gay che si innamorano durante l’estate nonostante un terribile segreto gravi su Vincent, restio ad avviare una relazione. Il terzo protagonista è lo spazio con i boschi e i laghi del nord, tratteggiati da una fotografia crepuscolare che ben sottolinea la natura oscura di Vincent.

 

Les Enfants de la Nuit

di Caroline Deruas

Francia 2011, 25'

Alla fine del 1944, in un paesino della Francia, Henriette si innamora di un giovane soldato tedesco. La fine della guerra e la liberazione faranno giustizia di un amore proibito. Utilizzando il linguaggio anticonvenzionale della Nouvelle Vague, la regista affronta in modo originale un periodo storico di assoluta confusione sociale in cui la disperata ricerca della libertà porterà anche a conseguenze di drammatica disumanità.

 

Brainy

di Daniel Joseph Borgman

Danimarca/Nuova Zelanda 2011, 25'

“Brainy” è il soprannome con cui il nonno defunto chiamava il piccolo Brian, a lui soltanto era concessa tale intimità, nemmeno la giovane madre con problemi d’alcol può avvicinarsi al ragazzino e al suo mondo di fantasia. Giocato su alcune trovate poetiche ma senza un vero afflato emotivo, il racconto si snoda preciso lungo i binari dell’ovvietà fino al naturale happy end.

 

At the Formal

di Andrew Kavanagh

Australia 2010, 8'

Girato interamente in slow motion e con un incipit da manuale interpretato da un lungo piano sequenza, la storia sembrerebbe quella di una normale festa di scuola che si trasforma però in un sinistro rito a cui partecipano belle ragazze in abito da sera e giovani sbronzi. Possiede tutti i requisiti di un buon cortometraggio: è breve e risolve la situazione iniziale in un finale a sorpresa attraverso un linguaggio di perfetta coesione tra forma e contenuto.

SITO UFFICIALE

 

64.mo festival di locarno
Locarno, 08 / 13 giugno 2011