62.mo film festival di locarno
Locarno, 05 / 15 agosto
 

di Chiara TOGNOLI

> Locarno.62

INTERVISTA A NADA E ALLA REGISTA COSTANZA QUATRIGLIO

 

Il mio cuore umano

2009 - Beta digital PAL - Color - 53' - Italian

Sezione: Ici et Ailleurs

 

Il film di Costanza Quatriglio è ispirato all’omonimo romanzo autobiografico di Nada e sarà trasmesso il 20 agosto su Raitre.

 

KINEMATRIX Come è stato il rapporto con Costanza?

Nada Con Costanza mi sembrava tutto così vero che mi sono lasciata guidare. Ho visto il film montato e non riesco a giudicarlo. Ma quello che ho percepito è una delicatezza, una pulizia che oggi è preziosa, oggi nel lavoro che faccio non è facile trovare la verità.

 

Che cosa ti è successo quando hai letto il libro?

Costanza Quatriglio Dal libro ho tratto delle suggestioni profonde. Il libro racconta con sguardo incantato un mondo che non c’è più, la storia di una bambina che viene strappata dal paesino per essere portata in una grande città e diventare una stella della musica italiana, perché l’anno successivo, nel 1969, Nada diventa famosissima. Si tratta quindi di un romanzo autobiografico che si conclude con la scena di lei che prende un treno per andare a Roma. Quando ho sentito tutte queste cose ho capito che potevo, attraverso le sue canzoni, raccontare sia una storia italiana, che riguarda la nostra storia nazionale, sia una universale, perchè racconta una vicenda a tutto tondo, quella di una donna che sceglie la propria esistenza man mano che l’esistenza la pone davanti a delle difficoltà, e una globale, perché questa storia appartiene a qualsiasi civiltà.

Mi piacevano le canzoni di Nada. Io sono di quella generazione che non se la ricorda ragazzina a Sanremo, e in questo senso l’ ho rassicurata, lei aveva paura che facessi un film nostalgico, le ho detto che al contrario non solo guardo al futuro, ma sono una che si incaponisce sulla realtà, la viviseziona, la ascolta molto, e poi la lascia stare, per poi tornarci in punta di piedi, raccontarla. Questo modo di fare cinema mi è servito ad avvicinarmi al mondo di questa cantante, di questa donna. Alla fine ho fatto un film che racconta Nada bambina, nella rappresentazione di situazioni che non sono ricostruzioni di fiction, intendiamoci, sono delle rielaborazioni che lei stessa fa di sé; Nada cantante, attraverso alcuni materiali di repertorio che raccontano un percorso non in modo cronologico ma emozionale; e infine la storia di Nada ora, con la consapevolezza di quello che è.

Nel film Nada canta molto, è un film che procede per canzoni, a volte l’ho lasciata parlare per canzoni. Le ultime sono un punto di arrivo, ed è un punto di arrivo che esplode, che esplode profondamente.

Il film è diviso in capitoli, ci sono tre momenti rappresentati da tre frasi di Nada significative, importanti. La divisione in capitoli nasce da una mia esigenza di suddividere il tempo dell’anima, e l’ultimo capitolo è un’altra vita, in cui troviamo una Nada che ci stupisce sempre di più. Mi permetto di dire una cosa bellissima che una volta mi ha detto, cioè che gli altri cantanti invecchiando diventano classici, lei invece diventa più ragazzina, i testi, le note delle sue canzoni sono sempre più fresche, giovani, a me piacciono… altrimenti non avrei fatto il film!

 

Il romanzo si chiude con Nada che prende il treno per andare a Roma e diventare famosa, il film invece risulta più ampio…

Il film intreccia queste tre età, per cui ha una struttura narrativa con delle linee traversali che intersecandosi creano un percorso. Quindi c’è la linea di lei oggi che è tutto il film, poi però c’è tutto il gioco che io faccio con il libro, all’inizio e alla fine glielo faccio leggere, come nei racconti in cui c’è la nonna che legge la favola alla nipote, col focolare acceso, lei legge questo incipit da romanzo “Sono nata nel 1953…” e poi alla fine del film legge l’ultima parte del romanzo. In mezzo ci sono parti di libro, letture che rievocano delle sensazioni, la campagna, il mondo rurale… e soprattutto questa cosa secondo me bellissima di rielaborare la propria esperienza. Secondo me Nada a 15 anni è diventata una diva vera ma inconsapevole, poi a smesso i panni della diva per diventare cosciente, per essere una donna immersa nel proprio lavoro e che cresce col proprio lavoro. Credo di aver toccato delle cose molto condivisibili.

 

Credi che il film possa essere emblematico per certi ragazzi di oggi che vogliono bruciare le tappe e raggiungere il successo senza avere ancora la maturità per farlo?

CQ Chi ha visto il film ha fatto questa osservazione. Devo essere sincera, io non l’ ho pensato. Ho raccontato questa cosa perché è profonda, vera e che tra l’altro appartiene a tutte le professioni. Qualcuno ha detto che tutti dovrebbero vederlo perché in qualche modo ci fa riflettere sul fatto che dobbiamo impadronirci del nostro destino. A suo modo Nada era una piccola rivoluzionaria, passava per una ragazza rivoluzionaria quando non lo era per niente perché aveva appena 15 anni, poi ha fatto la sua rivoluzione silenziosa, lavorando sodo. Sì, il film in un certo senso, potrebbe essere un monito per quelle ragazze in cerca di facile successo. Anche se i canoni sono cambiati totalmente, Oggi c’è una volontà di autorappresentarsi fortissima che Nada non aveva, si è ritrovata in una serie di circostanze che si basavano sul fatto che lei aveva una voce potentissima e un grande talento di cui si voleva che ne godesse anche il pubblico. Nada non voleva primeggiare a 15 anni…

 

Nada, tu ti rendevi conto a 15 anni che il successo ti stava portando a diventare una diva, una donna che non volevi essere?

N Non saprei.., so che rifiutavo tutto quello che era legato al successo, chi legge il libro lo capisce, a 15 anni non è facile trovarsi ad avere un tale successo, successo che non volevo, tra l’altro avevo 15 anni un bel po’ di tempo fa quando le cose erano diverse. La cosa che mi ha salvato è il fatto di essermi tenuta lontano da tutte quelle manifestazioni di euforia, di follia, di esaltazione, le cose brutte che circondano questo mestiere anche oggi. Poi quando ho conosciuto la musica, ho conosciuto dei musicisti, ho capito quello che potevo fare, quello che potevo essere ho ricominciato il mio lavoro da persona consapevole, tenendo però sempre lontano quello che non è sano. Io non ho il fuoco sacro, non ci devo essere per forza, voglio esserci quando ho qualcosa da dire a chi ama la musica. Quando non riesco a portare avanti quello che ho da dire ho la fortuna di poter fare altro, e credo che sia proprio questo che fin da piccola mi ha salvato dalle cose fasulle di questo mestiere.

 

Ma a 15 anni cosa volevi fare da grande?

Un sacco di cose! Dalla fruttivendola a tutte le cose delle bambine! Mi piaceva molto scrivere… A un certo punto volevo farmi suora! Mi piaceva il silenzio, la vita interiore!

CQ Una cosa che non ho detto è che del libro mi ha colpito moltissimo l’immaginario legato alle favole, è proprio questo che mi ha spinto a fare il film. Le gite al cimitero, la notte, il buio, le suore, una mamma malata di depressione che lasciava la bambina da donne pie che la pettinavano. Insomma un livello di racconto favolistico. Questa linea narrativa l’ho ripresa nel film ed evoca questo sapore, lo sguardo sulle stagioni che cambiano…

 

Come è nato il libro? Avevi avuto già altre esperienze di scrittura?

N Sì, prima di questo avevo scritto un libro di poesie e racconti. Comunque per me la prima forma di scrittura è stata la canzone, avevo bisogno di esprimermi in altro modo, con un linguaggio mio, non solo da interprete. Nella mia vita ho scritto in effetti tantissimo!         

 

Locarno 11/08/2009

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62.mo festival di locarno

Locarno (CH), 05 - 15 Agosto 2009