IBERAMERICANA 2004

 

03/09:11:2004

BOLOGNA

di Matteo FERUGLIO

Whisky

di Juan Pablo Rebella e Pablo Stoll

(Uruguay, Argentina, Germania, 2004)

 

Meritatissimo il Premio della Critica Internazionale a Cannes 2004 per questa pellicola uruguaiana che narra una piccola/grande storia di amore non corrisposto, di parole mancate e silenzi imbarazzanti. Ciò che più colpisce è che i due registi Juan Pablo Rebella e Pablo Stolla (il loro primo lungometraggio 25WATT è stato presentato nella scorsa edizione di IBERAMERICANA) potrebbero essere di fatto i figli dei tre protagonisti della vicenda, vista la loro giovane età. La storia è presto raccontata. Il sessant'enne Jacobo di Montevideo ha una fabbrica di calzini ormai avviata verso il fallimento - tre dipendenti, di cui una sovrintendente - la madre di cui si prendeva cura è morta da un anno, il fratello benestante che guida un'avviata fabbrica di calzini in Brasile non si è presentato neppure al funerale, la vita quotidiana scandita sempre dagli stessi, identici gesti. In occasione della cerimonia ebraica della matzeiva, Herman torna a Montevideo e Jacobo chiede a Marta, la sovrintendente del suo negozio di calzini, di trasferirsi per qualche giorno a casa sua, fingendo di essere sua moglie: Marta prova sicuramente qualcosa che va al di là della tenerezza, per quest'uomo che pare solo arido ai nostri occhi, e vede l'occasione come punto di partenza per una nuova vita, sperando di fare breccia nei sentimenti di Jacobo.

La tristezza della vicenda e l'aridità umana di Jacobo sono amplificati dalla poverta dell’Uruguay odierno, così simile all’Italia degli anni '60: ma la fredda e povera quotidianità dei gesti di Jacobo e Marta, il ripetersi di giorni tutti mestamente identici - l'attesa dell'apertura della piccola fabbrica, l'accensione dei macchinari, il rito del the e l'eterna persiana da riparare - sono introdotti da un sapiente montaggio (si capisce che si tratta di giorni differenti solo da qualche piccolo particolare cambiato qui e lì) costruito al fine di rendere evidente, alla fine del film, che qualcosa è cambiato. E per sempre.

Il dramma di questa pellicola è che temo sarà necessario un remake per fare conoscere il film ad un pubblico più ampio. Considerando ciò che è avvenuto, solo per citarne alcuni, con EL MARIACHI di Rodriguez, APRI GLI OCCHI di Amenabar o più di recente coll'argentino NOVE REGINE di Fabián Bielinsky, i risultati non sono incoraggianti: paradossalmente però è quello magari il momento in cui uno si va a vedere il film originale, per rifiuto della brutta copia.

Voto: 28/30

 

P.S.: "Whisky" in Uruguay si dice quando ti fotografano, come da noi "Cheese". Ma, in ogni caso, quando si sorride, è a denti stretti.

 

 

Suite Havana

di Fernando Pérez

(Cuba, Spagna, 2003)

 

Un ossimoro per titolo, un piccolo capolavoro di cinema, un documentario che diventa film, un vero e proprio racconto-per-immagini (i dialoghi sono sostanzialmente inesistenti) questo secondo lungometraggio di Perez (suo LA VITA è UN FISCHIO, stroncato dal pubblico e da parte della critica nostrana, ma vincitore di numerosi premi in varie manifestazioni, quali l'Havana Film Festival, il Festival di Friburgo, il Sundance Film e il Festival Internazionale di Berlino) riporta il cinema alla sua essenza originale (i primi film erano muti): e utilizzando la macchina da presa come una macchina da scrivere, sfrutta solamente la forza dei primi piani (forse un po’ troppo cercati, alla fine, ma di fatto sono l'unico modo per abbinare il protagonista alla storia che vediamo scorrere sullo schermo), per raccontare la vita e la dignità del popolo cubano.

Voto: 30/30

 

P.S.: Quasi a ideale continuazione de LA VITA è UN FISCHIO, titolo ispirato ad un aforisma di John Lennon, "La vita è ciò che accade mentre ci stiamo occupando di altro", anche in SUITE HAVANA, Lennon fa la sua comparsa. In alcuni momenti della pellicola vediamo delle persone "montare la guardia" alla statua di John Lennon, testimone muta delle vite dei cubani dell'Havana: ciò che controllano sono i suoi occhiali, di bronzo anch'essi, ma facilmente asportabili.

 

 

O invasor

di Beto Brant

(Brasile, 2002)

 

Una rivelazione il film vincitore nel 2002 del Premio al Miglior Film Latinoamericano del Festival di Sundance. Un film fatto con mezzi, che come CONTRA TODOS fa magari un furbo occhiolino al cinema statunitense (dire "americano" sarebbe fuori luogo, visto che il Brasile è in America del Sud), ma che riesce nell'impresa senza dubbio. Una vicenda che fin dall'inizio si presenta "ribaltata", con i protagonisti che eliminano il socio maggioritario della loro impresa edile perchè onesto - non vuole infatti scendere a patti col locale governo corrotto (il Brasile è una confederazione di stati, N.d.A.) - assoldando il killer Anisio - Paulo Miklos, che assomiglia al nostro Vincenzo Salemme, e che forse per questo ci rende in qualche modo più simpatico il proprio personaggio: ma Anisio entrerà nella loro vita come un invasore, appunto. Flashback e flashforward si susseguono nel montaggio fino all'imprevedibile finale, che mi auguro potrete scoprire da soli almeno in dvd.

Voto: 30/30


P.S.: Sabotage, il cantante a cui Anisio fa dare dei soldi dai due imprenditori perchè possa fare un disco, è il rapper brasiliano che canta sui titoli di coda e che ha composto la colonna sonora del film. Per chi vuol proprio scoprire il finale, eccolo qui sotto, basta che selezioniate il testo riportato tra gli asterischi con il tasto sinistro del mouse.

*Siamo alle battute finali, in un flashforward abbiamo assistito alla confessione del più debole dei due mandanti, e ora lo troviamo ammanettato ad una macchina della polizia, parcheggiata fuori dalla villa dove si è installato Anisio, amante della figlia dell'imprenditore da lui ucciso. Due poliziotti si avvicinano, dalla casa escono Anisio e l'altro socio. "Siete fortunati che sia venuto da me," afferma uno dei due agenti di polizia, probabilmente un dirigente, "Ve lo lascio, fattene ciò che volete". E mentre l'unico personaggio dalla coscienza pulita, la figlia dell'imprenditore, continua a dormire nel proprio letto, all'oscuro di tutto, noi capiamo che non erano affatto lì per arrestare tutti, ma per consegnare l'agnello nelle fauci del lupo, con un ennesimo ribaltamento di senso, che risulta essere anche l'ultimo.*

 

 

Bologna, 20:11:2004