VI HUMAN RIGHTS BOLOGNA |
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Una manifestazione in crecendo, che ripropone film presenti al cinema (è il caso per esempio di ALL THE INVISIBLE CHILDREN) e che recupera pellicole passate inosservate (il toccante Original Child Bomb, vincitore della scorsa edizione) ma anche U-Carmen eKhayelitsha ("presentato lo scorso anno al Festival," citiamo Marco Brunelli, inviato al 16.mo Festival Africano, "e poi coraggiosamente proposto nelle sale con scarso risultato"). Il VI Human Rights ed è una manifestazione di cinema politico, nel senso più ampio del termine, e non può che essere così: ma se nell'edizione 2005 le pellicole, nella maggioranza dei casi, risentivano del Michel Fahrenheit 9/11 Moore, rischiando che a forza di ripeterne i temi si giungesse al disinteresse e all'apatia, quest'anno l'offerta è stata più varia, benché non manchino un paio di titoli che hanno a che fare con la guerra in Iraq (Arlington West, di Peter Dudar e Sally Marr e OCCUPATION DREAMLAND, di Garret Scott e Ian Olds). Accanto a tali proiezioni (il tema del Festival quest'anno era "il Rispetto"), conferenze ed eventi che sembrano uscire pari pari da un G15 sullo Sviluppo: "AgriCulture vs. AgroBusiness", "America Latina: un nuovo Modello di Sviluppo", "Terrorismi di Guerra e Strutture di Pace", "Comunità e Diritti Umani", "Human Trafficking". Ma per l'interessante e già citato ARLINGTON WEST, che ha aperto la manifestazione, o per il tragico QUE PAIS E ESTE?, c'è un deludente HAMBURG CELL di Antonia Bird, che a questo punto probabilmente vedremo solo su circuito SKY. E a proposito di SKY, e della scorsa edizione di Human Rights, mi preme ricordare come il documentario OUTFOXED, atto d'accusa contro FOX NEWS, di proprietà Murdoch, sia stato trasmesso proprio su SKY, sempre di proprietà Murdoch: qualcuno qui in italia (non facciamo nomi, per carità, viste le imminenti elezioni) avrebbe di che imparare.
ORIGINAL CHILD BOMB di Carey Schonegevel
USA, 2004, 57'
Homo homini lupus.
Voto: 30+/30
ALL THE INVISIBLE CHILDREN
di Mhedi Charef, Emir
Kusturica, Spike Lee, Kàtia Lund, Jordan Scott, Ridley Scott, Stefano
Veneruso, John Woo
Film in sette episodi All the invisibile children con al centro storie di bambini che sono favola, film, documentario e che compongono un puzzle sull’infanzia rubata ed emarginata e sull’indifferenza che la circonda. Il risultato è discontinuo, ed è un insieme nel quale si fondono il sentimento di denuncia e poesia, tristezza e speranza, nostalgia dell'infanzia e felicità, forza e soprusi con arrendevolezza, innocenza e cattiveria. Ogni regista, con il proprio stile, ha raccontato la realtà che conosce meglio, quella ambientata nel proprio paese. Africa, Europa, Estremo Oriente, Americhe: non c'è angolo di mondo immune dalla miseria e dal bisogno di protezione dell’infanzia. Così Mehdi Charef ci mostra l’orrore della guerra civile vista con gli occhi di un piccolo combattente, narrando la storia di un bambino guerrigliero nel Burchina Faso. A far dal contraltare a questo reportage drammatico, ci pensa Emir Kusturica con "Blue Gipsy", affresco ironico, malinconico, sgangherato e confusionario della (temporanea) uscita dal centro di detenzione di un piccolo rom. Contribuiscono a caratterizzare la narrazione nello stile del regista, la musica, i canti e il classico matrimonio zingaro. La brasiliana Katia Lund Sceglie la chiave dell'ironia per raccontarci dei suoi piccoli Bilu e Joao, che nelle strade di San Paolo lottano per la loro quotidianità e, senza scoraggiarsi, superano con arguzia ed ingegno una lunga serie di difficoltà ed imprevisti per guadagnare qualche soldo trainando un carrello pieno di cartoni e lattine vuote fino alla discarica. Per i fratelli Jordan, assieme a Ridley Scott, una storia tormentata di un fotoreporter di guerra che tra il sogno e l’allucinazione rivede angosciosamente la propria infanzia; Stefano Veneruso ci mostra Ciro, ladro di Rolex che impegna i soldi guadagnati in una giostra per tratteggiare uno spaccato di vita nei bassifondi napoletani. John Woo si affida alla favola (forse un po’ retorica) per far incontrare, attraverso una bambola buttata da un finestrino, le vite parallele di una bimba ricca, ma infelice, ed povera e sfortunata. Tra tutti gli episodi, quello che spicca per forza e lucidità è "Jesus Children of America": Spike Lee torna nella sua Brooklyn, fatta di colori sgargianti e musica rap, per raccontare la presa di coscienza della piccola Blanca, che scopre improvvisamente di essere sieropositiva a causa dei genitori tossicodipendenti e sbandati. L’ambizioso progetto del film (si veda l'articolo di Tina Fabiana Improta) nasce nel 2002 da un'idea di Chiara Tilesi e Stefano Veneruso che ne hanno curato la produzione: i proventi del film andranno a favore di un fondo istituito dal Programma Alimentare Mondiale dell'Onu e dall'Unicef in accordo con la Cooperazione Italiana allo Sviluppo, allo scopo di sostenere un progetto concreto per l'infanzia e la malnutrizione in Africa. Voto: 28/30
Occupation Dreamland di Garret Scott, Ian Olds USA, 2005, 78'
Andrebbe visto, questo Occupation Dreamland, assieme ad un altro documentario sull'occupazione americana dell'Iraq, quel GUNNER PALACE (id.,2004) di Petra Epperlein e Michael Tucker che narra le vite dei militari di un altro plotone, il 23.mo Artiglieri, e, di alcuni, la morte. Scott e Olds raccontano invece dell'82.mo Aiborne, plotone dell'Esercito Americano, di stanza nella tristemente nota Falluja, nell'inverno del 2004: come nel citato GUNNER PALACE, che però si svolgeva a Bagdad, anche in questa inchiesta si nota la completa e disarmante confusione che regna tra i soldati americani, ma - seguendo le attività dell'82.mo - Occupation Dreamland ci permette di avere una visione critica e chiara di quella catastrofe che porterà alla completa distruzione della città di Falluya. Altri hanno parlato del fosforo bianco, peccato non averlo recuperato per lo Human Right. Voto: 26/30
BULLSHIT
di Per-Ake Holmquist, Suzanne
Khardalian
In questo documentario seguiamo Vandana Shiva per un periodo di due anni, dalla sua fattoria ai piedi della catena dell’Himalaya, fino al summit del World Trade Organization, in Messico, e alle proteste davanti all’Ufficio Europeo per i brevetti. Premio Nobel per la Pace nel 1993, fisica nucleare, la Shiva profonde quotidianamente le sue energie nella battaglia del Movimento della Terra contro la globalizzazione, lottando contro colossi multinazionali come la Monsanto - compagnia americana che produce e brevetta sementi geneticamente modificate - che causano secondo l’ambientalista, l’impoverimento e la crescente dipendenza per i piccoli coltivatori del Sud del Mondo, cui la protagonista tenta di dar voce. Il film analizza appunto le difficoltà degli agricoltori soggiogati dalle grandi multinazionali dell’agricoltura e tenta di dare risposta a pressanti quesiti: possono gli organismi geneticamente modificati alleviare la fame nel mondo? possono convivere gli usi della tradizione con la moderna ingegneria genetica? Voto: 25/30
Arlington West
Avete mai visto una foto, almeno una foto, di una bara, avvolta in una bandiera a stelle e strisce, di un militare morto in Iraq? No, perché l'Amministrazione Bush non lo permette: questo documentario, allora, ha il sapore della rivincita. Peter Dudar e Sally Marr hanno raccolto 83 conversazioni con soldati USA diretti o provenienti dalle zone di guerra, con le loro famiglie, con i veterani. 83 interviste per scoprire quello che sapevamo già, che in guerra si muore, anche se non se ne parla, e che questa guerra, in particolare, è inutile, più di altre: ogni domenica dal 15 febbraio 2004 i Veterani per la Pace costruiscono un Memoriale, sulla spiaggia di Santa Monica, per informare sui costi e sulle conseguenze della guerra in Iraq. Il Nuovo Muro, benché eretto sulla sabbia, è tragicamente simile al Wall Memorial di Washington D.C., dedicato, quello, ai Caduti in Vietnam: il Nuovo Muro elenca le vittime silenziose, i morti di cui la tv non parla, gli invisibili. Ma proprio in quanto non-visibili, diventa più potente la loro visibilità: i visitatori possono leggerne i nomi, l'età, la compagnia di provenienza, la città in cui vivevano e dove e come sono morti. Ciascun visitatore può scrivere il nome di un militare deceduto su di un pezzo di carta, dedicargli qualche pensiero, e infine lasciare questi commenti su di una croce, insieme ad un fiore, creando un cimitero che dal 15 febbraio 2004 cresce sempre di più. Ma non ci si dimentica neanche delle altre vittime, ancora più invisibili perché civili, e in più nemici: sono circa 100.000, al momento, gli iracheni vittime di questa inutile guerra. E ci si ricorda anche del numero di giornalisti uccisi o dispersi.
Ecco, non avete mai visto una foto di una
bara di un soldato americano caduto in Iraq: ma sulla spiaggia di Santa
Monica ne troverete un intero cimitero - seppur finto, momentaneo, ma
ostinatamente presente nella Memoria.
Voto: 30/30
MURDERBALL
di Henry Alex Rubin,
Dana Adam Shapiro
Candidato all’Oscar come Miglior Documentario questo film spazza via gli stereotipi sulla vita delle persone paraplegiche: ci racconta allenamenti, fatiche, sfide di una squadra di rugby su sedia a rotelle. I protagonisti hanno perso l’uso delle gambe a seguito di incidenti d’auto, combattimenti, malattie o colpi di pistola. Qualunque sia il proprio trascorso, la vita di queste persone non è certo finita, anzi, nella loro versione di questo sport di contatto, lottano “come gladiatori” perseguendo importanti obiettivi sportivi e porvando a se stessi e agli altri che c’è una vita dopo la disabilità. Le storie di questi atleti si dipanano dagli spogliatoi dell’America del Mid-West fino alle Olimpiadi di Atene, narrandoci un film sull’onore, sulla rivincita, sulla famiglia, sul sesso e sul trionfo dell’amore su tutto. Ma più di tutto è una storia sul “rialzarsi, anche se il tuo spirito, e la tua colonna vertebrale sono stati frantumati”. Voto: 26/30
The Hamburg Cell
di Antonia Bird
Presentato a Venezia 2004, e credo mai uscito nei circuiti, la pellicola si pone in quel filone post 11 settembre di quando il trauma è ancora vivo: Antonia Bird realizza una sorta di film-inchiesta in cui tenta di spiegare le dinamiche che spingono "La Cellula di Amburgo" del titolo al martirio/attentato, ma non riesce nell'intento, visto che il documentario di National Geografic sull'11 settembre risulta più interessante. Sarà che il film è - in qualche misura - datato, vero è che il trauma dell'11/9 sembra essersi assorbito, se la pellicola di Paul BLOODY SUNDAY Greengrass in uscita al 29 di aprile, UNITED93, racconta dei passeggeri dirottati del volo omonimo. Insomma un recupero, interessante per certi versi, inutile per altri. Voto: 18/30
ITALIA-BRASIL: QUE PAIS E ESTE? QUE TURISMO E ESTE?
di Robson Oliveira
Il documentario è parte della Campagna Italiana contro il Turismo Sessuale su Minori "Stop Sexual Tourism" e analizza le cause e le conseguenze del triste e nauseante fenomeno del turismo sessuale italiano in Brasile. Grazie alle testimonianze di minorie a dati economici, capiamo che la realtà di questa atrocità è ben più complessa di quanto non si pensi abitualmente. Analisi accurata e attenta del sociologo, fotografo e designer brasiliano Robson Oliveira.
Bologna, 05:04:2006 |