Il potere dell'immaginazione ingenua innocente
liliale e la semplicità di un mondo incontaminato, bucolico e sorridente si
rendono protagonisti, attraverso gli occhi di Shinko, di
Mai Mai Miracle, nuovo
lungometraggio prodotto dallo Studio MadHouse, uno dei più importanti studi
di animazione nipponici.
L'animazione classica in 2D, i disegni semplici al limite della
stilizzazione si rivelano, a posteriori, lo strumento più efficace per
descrivere lo sguardo sincero e spontaneo della bambina protagonista,
Shinko, instancabile sognatrice (a quell'età, potrebbe essere altrimenti?) e
tipetta tutto sommato buffa che, con il suo Mai Mai, strano e indomabile
ciuffetto sulla fronte, s'immagina catapultata nel mondo di mille anni fa
alla scoperta di antiche leggende locali.
Ama giocare nei campi, costruire storie, condividere le proprie fantasie con
la piccola Kiiko, ragazzina trasferitasi da Tokio, silenziosa e timida.
L'amicizia tra Shinko e la nuova arrivata assumerà connotati magici,
incantati e un piccolo pesciolino rosso diventerà l'emblema del loro legame
e metaforicamente, simbolo della necessità dei sogni e delle possibilità che
grazie ad essi si aprono. La tristezza di Kiiko, legata alla morte della
madre, verrà esorcizzata dalla forza dell'amicizia e la piccola tornerà a
sorridere di nuovo.
Mai Mai Miracle propone una
storia tanto sincera quanto facile, intrisa di buoni sentimenti e facilmente
riconducibile, anche e soprattutto visivamente, alle vicende di Heidi (lo
stesso regista ammicca compiaciuto allo spettatore mostrando, ad un certo
punto del film, il libro di Heidi, giustificando così e dichiarando
apertamente la citazione).
Tanto buonismo forse, troppo per un pubblico adulto avvezzo a ben altri
contenuti.
O più semplicemente, il film suggerisce la necessità di ricominciare a
credere nei sogni e nella fantasia.E farlo, affidandosi al bianco ingenuo
vergine sguardo dei bambini. |
In the
attic: Who has a Birthday Today?, favola surreale e nostalgica
poesia, è il film di Jirì Barta realizzato attraverso l'utilizzazione di
tecnica mista, live action e stop motion, che invita lo
spettatore ad entrare nel regno dei giochi abbandonati: una vecchia e
polverosa soffitta magicamente abitata da simpatici giocattoli vintage
animati.
Tra i curiosi oggetti che prendono vita, Ranuncolo, la bella bambola che
cura i suoi amici (orsi peluche, pupi siciliani, omini di gomma e chi più ne
ha più ne metta) dedicando loro tante attenzioni e cucinando giornalmente
una torta contesa da tutti, diviene l'oggetto del desiderio del torvo
sovrano della Terra del Male, l'indiscusso Head, Testa di gesso.
L'indifesa bambolina viene così rapita e resa schiava dalla bieca ambizione
del cattivo e, come in ogni fiaba che si rispetti, si scatena una dura (ma
tenera e buffa) battaglia per salvarla.
I buoni, gli impacciati e metodici amici di Ranuncolo, riuniscono le forze
per contrastare il Male e dopo tante peripezie riescono (non poteva essere
altrimenti) a mettere in salvo la bella e agognata bambola.
Un mondo malinconico, ameno, bizzarro quello dei giocattoli abbandonati che
prendono vita solo in assenza dell'essere umano. La bambina, padrona
distratta degli oggetti in soffitta, entra in scena una sola volta
incuriosita dalla confusione, stavolta inanimata, dei giochi ormai vecchi.
Giochi che, al contrario di come succede in tante storie per bambini, si
rifiutano di dialogare con l'umano e dissimulano la loro dinamicità,
rendendo il proprio regno ancora più speciale.
La lotta manicheistica tra buoni e cattivi, Bene e Male e il “vissero felice
e contenti” finale sono tra i topoi più visitati e riconoscibili del
mondo delle favole.
L'atmosfera che abita il lungometraggio di Barta però non è solo e
univocamente destinata a un pubblico di bambini: c'è qualcosa di torbido e
inconsciamente ambiguo nella descrizione e nella presentazione del male
impersonato da Testa di gesso. In particolare, la bramosia e il capriccio
esplicito del Cattivo, gli sguardi e le parole rivolte alla piccola
Ranuncolo suggeriscono qualcosa di stranamente perverso, con un effetto
decisamente (per)turbante.
Un plauso va al lavoro tecnico e all'abile orchestrazione in stop motion:
il passo a uno si dimostra ancora una volta metodo efficace, frutto di
ricercata artigianalità e grande laboriosità. |