62.mo festival di cannes
Cannes, 13 - 24 Maggio 2009

 

di  Marco GROSOLI

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Haneke prima o poi una Palma d'Oro la doveva vincere. È arrivata quest anno, amen. Comunque, se fosse arrivata a Almodovar (altro che si è messo in coda da anni), pur non essendo il suo il migliore tra i film in concorso, avremmo preferito, anche per via del carattere splendidamente autobiografico del suo Los Abrazos Rotos. Del resto, se il controllo semantico automatico di Microsoft Word non riconosce Haneke ma Almodovar sì, vorrà pur dir qualcosa.

 

Scherzi a parte, il resto dei premi conferma la pavidità che ha orientato le decisioni della Giuria. Fatta eccezione per Thirst (Premio della Giuria) e per la meritatissima consacrazione di Brillante Mendoza (Miglior Regia), premi come il Grand Prix a Audiard non scoprono, non incoraggiano, non fanno conoscere: si tratta di un cinema che cammina già con le proprie gambe e soprattutto con le proprie stampelle (quelle della televisione, senza la quale un cinema del genere non può fingersi vetero-industriale).

Il filmone che l'industria francese cerca e trova per continuare a sostenersi, e che avrebbe imboccato il successo anche senza il Festival; in ogni caso, a Un prophète avremmo visto meglio il Premio alla Sceneggiatura, che è invece andato all'inutile Lou Ye.

Anche la Palma a Charlotte Gainsbourg attesta una consacrazione di cui non c'era bisogno, mentre invece quella maschile alla rivelazione Christoph Waltz di INglorious BasterDS è sacrosanta e incontestabile.

 

L'esclusione totale di Bellocchio, naturalmente, è pura acrobazia.

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